di Goffredo Pistelli, ItaliaOggi 17/9/2016, 17 settembre 2016
LA COMMESSA DI FELTRINELLI MI ODIA – [Intervista a Nicola Porro] – Nicola Porro ogni mattina serve una zuppa assai sapida a 120mila persone
LA COMMESSA DI FELTRINELLI MI ODIA – [Intervista a Nicola Porro] – Nicola Porro ogni mattina serve una zuppa assai sapida a 120mila persone. Il vicedirettore de Il Giornale, che mercoledì 21 settembre debutta su Mediaset con Mixer (dopo la chiusura del suo Virus in Rai), ogni giorno distilla attualità politica sul suo profilo Facebook, con video che raggiungono la sempre più ampia comunity di quanti lo seguono. La Zuppa di Porro, appunto. Prolificissimo, questo romano classe 1969, ora porta in libreria La diseguaglianza fa bene, edito da La Nave di Teseo, un libro divertito e divertente sul pensiero liberale. Una sorta di «rispieghiamo il liberalismo per chi non c’era». Domanda. Porro come lo definirebbe questo lavoro? Risposta. Lo considero un Bignami del liberismo rivolto, senta che ambizione, ai giovani fra i 16 e i 23 anni. D. Che tipo di giovani? R. Quelli che non sono d’accordo con le cagate, mi permetta, del pensiero unico di sinistra. A questi giovani ricordo i grandi classici liberali ma non solo, in termini non professorali, ché professore non sono, e in modo semplice ma non semplificatorio. D. Raccontandogli che cosa? R. Spiegandogli, per esempio, che, senza un padre ricco, anche san Francesco non sarebbe potuto diventare povero. Che è il titolo di un intero capitolo. Ma poi, soprattutto, accompagno il lettore a conoscere degli autentici campioni del liberalismo, recente e meno recente. Da Sergio Ricossa e Antonio Martino, fino ad Alberto Mingardi. D. Scorrendo l’indice dei nomi sono trasalito: c’è pure Alessandro Manzoni. R. Come no? Il padre dei Promessi sposi, grande cattolico liberale, proprio nel grande romanzo storico c’ha fatto una grande lezione di liberalismo, insegnandoci che i prezzi non si possono fare coi decreti. D. Immagino con quelle memorabili pagine che descrivono la carestia a Milano e l’assalto al Forno delle Grucce. R. Precisamente. Un grande lezione nelle pieghe di un grande romanzo. Come potevo non ricordarlo? Ma, allora, non ha ancora notato William Gibson, lo scrittore del cyberpunk D. Pensavo a un economista omonimo, francamente. E che c’azzecca col liberalismo? R. C’azzecca perché, negli anni in cui Internet ancora non c’era, fu uno dei primi autori a parlare della dissociazione fra macchine e uomo, ma in maniera scientifica, senza piagnistei. E il primo a cogliere l’aspetto, drammatico, dei grandi rischi per la nostra libertà e la nostra privacy rappresentati a volte dalla multinazionali digitali. D. Insomma non un manualetto di economia, un libro carico di suggestioni. Dove però lei attizza anche la polemica, sul fatto che in Italia non ci si possa dire «di destra» senza subito suscitare la riprovazione unanime. R. È così. Nel capitolo «Io a Capalbio non ci vado», parlo della cappa di conformismo che avvolge ancora oggi questo Paese, per cui usare quella espressione, «di destra», è ancora tabu. D. Perché abbiamo avuto la lunga tradizione neofascista, ammette anche lei. R. Certo, ma perché siamo un Paese dove la sinistra, per decenni e decenni, ha deciso il clima culturale. D. Gramascianamente... R. Nel libro parlo molto diffusamente dell’egemonia gramsciana, ossia del deliberato tentativo di prendersi le scuole, le università, la cultura, per vincere laddove politicamente non si poteva. Facendo fuori la sana egemonia piccolo-borghese, oggi svillaneggiata. D. Quanto è ancora forte questo clima culturale, Porro? R. Vivissimo, scherza? Sa cosa è capitato l’altro ieri, a un mio lettore, che ha chiesto il libro alla Feltrinelli della Stazione Centrale, a Milano? D. Mi dica. R. La commessa, prendendo la copia un po’ schifata, gli ha detto: «Solo un ricco e di destra poteva scrivere una cazzate del genere». D. Però! Mi sembra esser tornati a quando, negli anni ’70, qualche compagno edicolante non teneva Il Giornale Nuovo di Indro Montanelli. R. Lo vede? Ecco io dedico il mio libro a tutti quei ragazzi che troveranno commesse Feltrinelli così. D. Vabbé ci saranno pur librerie dove non ci si permette di chiosare gli interessi letterari dei clienti. Ma perché, secondo lei, un certo modo di essere di sinistra, sopravvive dopo decenni. R. Ma perché la generazione, super-ideologizzata dell’edicolante, degli anni ’70, ha espresso non solo giornalai ma anche professori di liceo e di università, che hanno insegnato alla commessa di Feltrinelli. D. Da Gramsci a Feltrinelli, anche simbolicamente uno dei percorsi della sinistra italiana, però, paradossalmente, il più grande attacco al quel pensiero e a quel tipo di sinistra massimalista, l’ha porto un politico che sta nel cuore stesso della sinistra e si chiama Matteo Renzi. R. È vero. E infatti d’ora in poi la sinistra non sarà più la stessa. D. È l’uomo che, come ha scritto Claudio Cerasa, ne ha spezzato le catene. R. Le ha spezzate, è vero anche questo. D. Secondo lei però i liberali, alcuni dei quali si erano entusiasmati alle primissime Leopolde con Luigi Zingales, devono disilludersi su Renzi o ci possono creder ancora? R. Vede, secondo me il punto è un altro: Renzi ha spezzato sì le catene della sinistra, ma lo ha fatto da democristiano che ha preso il potere nel più grande partito di sinistra. Il premier non ha un approccio liberale, è un dc molto tattico, un dc che batte la sinistra, ma è una questione che riguarda loro, quelli di sinistra appunto. D. In chi possono sparare in Italia i liberali, politicamente intendo. R. Il punto non è tanto un movimento che rappresenti i principi liberali, anche considerando che la politica si occupa di quella cosa, lo Stato, che i liberali fa girar le balle, figurati un po’... D. E il punto, qual è, allora? R. Il punto è ribaltare la logica attuale per riscoprire, sia a sinistra sia a destra, che lo Stato non è mai la soluzione ma il problema. D. Sperare in maniera bipartisan che un po’ di liberalismo si affermi dappertutto. R. Precisamente. E a sconfiggere quell’egemonia di cui parlavamo, ci penserà sempre di più la globalizzazione, nel senso che la gente, oggi, viaggia, vede, s’informa e capisce dove stiano gli antidoti. D. Credo che un colpettino lo stia dando anche la fine del lavoro dipendente fra i giovani... R. Certamente. Purtroppo nella precarietà, ma molti giovani che fanno i conti con un modello di occupazione diverso, capiscono quanto lo schema tipico della sinistra, basato sulla trionfo spesa pubblica, sia insostenibile. È l’aspetto «micro», rispetto a quello «macro» della globalizzazione. D. Ci si è ridotti a sperare nella globalizzazione? E i liberali non fanno niente. R. Mah, ormai in Italia si è perduta persino la nozione: si dice liberali come in America si direbbe «liberal», cioè con un significato opposto a quello autentico. La responsabilità è nostra ovviamente, dei liberali in primis. D. Ma lei, nella sua carriera giornalistica di liberali veri li avrà conosciuti. Quali i più importanti? R. Quelli che ho conosciuto, avevano e hanno un tratto inconfondibile di pigrizia. Chessò Sergio Ricossa, in pace sia, faceva fatica persino a rispondere al telefono. Antonio Martino è un gran signore siciliano, così agguerrito sui principii quanto annoiato sui dettagli. Insomma, i liberali me li immagino andare alla Mont Pellerin Society e annoiarsi tantissimo, rimpiangendo il libro letto a casa, con un filo di musica classica, e il cane accucciato ai piedi. D. Mentre ai raduni degli economisti keynesiani... R. Ah beh no, lì si fidanzavano fra loro, come nei raduni politici internazionali dei socialisti. D. La sento pessimista per le sorti del liberalismo, almeno in Italia. R. Ma che vuole, l’aspirazione massima di un autore liberale, oggi, è la recensione di Repubblica a pagina 43. Magari a un pezzo dedicato a Elena Ferrante. D. L’ennesimo. Quindi spera che Repubblica la ignori. R. Per giove. Che tutti mi ignorino. Tanto, gli strumenti per disintermediare, e per saltare i compagnoni della parrocchietta, oggi ci sono, Facebook per esempio. Che infatti io sto utilizzando alla grande e tutti i giorni. twitter @pistelligoffr di Goffredo Pistelli, ItaliaOggi 17/9/2016