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 2016  settembre 17 Sabato calendario

«TUTTO PER DIVENTARE COME BOLLE». INTERVISTA A JACOPO TISSI

Lombardo, nato a Vizzolo Predabissi (Milano) e cresciuto a Landriano (Pavia), 21 anni, viso d’angelo, fisico slanciato, Jacopo Tissi è il danseur noble ideale, il principe con cui ogni ballerina vorrebbe danzare. Una carriera lampo. Diplomato all’Accademia della Scala, a 19 anni entra allo Staatsballet di Vienna, poi è alla Scala e ora, dopo un anno, è in procinto di partire per Mosca dove entrerà nella compagnia del Bolshoi, primo italiano in tempi moderni. Pare sia stata la stella russa Svetlana Zacharova a insistere perché si trasferisse là, per allargare la sua scelta di prìncipi. Certo è stato decisivo l’apprezzamento di Machar Vaziev, direttore del ballo a Mosca e fino a qualche mese fa alla Scala.
Jacopo, come si è innamorato della danza?
«Avevo cinque o sei anni, ho visto un balletto in tv, ho capito che mi piaceva e ho chiesto ai miei genitori di iscrivermi a un corso di danza nella scuola del mio paese. Dopo cinque anni, a 11, nel 2006, ho fatto l’audizione per la Accademia della Scala. Mi hanno preso».
E poi dicono del ruolo antieducativo della tv. Dieci anni dopo, sta facendo le valigie per Mosca. Perché ha deciso di andarsene?
«Il Bolshoi è il Bolshoi, vuoi dire di no? Ho fatto questa scelta perché ho visto come si lavora là, quali sono le possibilità di crescere. Hanno veramente una quantità di produzioni e spettacoli enorme. C’è spazio per tutti. Il motivo principale è questo. Alla mia età ciò che più conta è andare in scena, fare esperienza. In più, potrò continuare il percorso cominciato con Vaziev e forzatamente interrotto».
Quest’estate è stato a Mosca a prendere contatto col teatro. Una compagnia che anche la tradizione vuole eccellente per il comparto maschile: Ovchrenko, Lobuchin Lantratov, Ciudin, Rodkin. Ci sono nove étoile uomini. Una bella concorrenza.
«La concorrenza è stimolante, avere davanti a sé ballerini così bravi è un’occasione per imparare».
Che cosa danzerà a Mosca? Entrerà come corpo di ballo?
«So che il maestro Vaziev vuole farmi crescere artisticamente, proseguire il percorso insieme. Per me la cosa più importante è questa».
Sta mettendo i valigia capi invernali?
«Il freddo moscovita è uno scotto che pago volentieri. I paesaggi innevati hanno il loro fascino. A Mosca ero stato con la scuola quando abbiamo fatto uno spettacolo al Cremlino; era novembre ed era già bello freddo».
Riavvolgiamo il nastro di dieci anni. Quando è entrato in Accademia ci sono stati problemi in famiglia?
«Al contrario. I miei mi sono sempre stati vicini. Anche se in famiglia era una novità. Il loro sostegno è stato fondamentale».
Con chi ha studiato all’Accademia?
«Il direttore era Olivieri. Come insegnanti avevo Maurizio Vanadia e Leonid Nikonov».
Faceva il pendolare?
«Sì. Per tutti gli otto anni. A volte, quando la prima lezione era alle 9 mi alzavo alle sei e mezza e prendevo il treno per Milano. Finite le lezioni di danza, c’era il liceo linguistico sino alle 21.30. Per tutto quel periodo i miei genitori venivano a prendermi e mi riportavano a casa».
Perché è andato a Vienna subito dopo il diploma?
«Per fare esperienza all’estero. Ho fatto audizioni ad Amsterdam, Monaco, Roma, Vienna, la Scala. Hanno avuto tutte esito positivo e ho scelto Vienna».
A 19 anni poter scegliere in quale teatro ballare è un bel risultato.
«Lavorare all’estero, scoprire nuovi punti di vista era una sfida personale per me».
E poi è venuto alla Scala?
«Ero rimasto in contatto con il maestro Vaziev, ho capito che era un buon momento per tornare».
Chi erano i suoi compagni?
«Angelo Greco che adesso è a San Francisco, Mattia Semperboni che è in Scala, Cristiano Principato che è all’Het Nationale Ballet ad Amsterdam, Ariel Mercury che adesso è a Copenaghen, Pier Paolo Damico che è al Balletto nazionale ungherese a Budapest».
Chi voleva diventare da grande?
«L’esempio più vicino a noi è sempre stato Roberto Bolle, il mio ideale. Il suo percorso alla scuola è stato simile al mio. Lui è l’étoile del nostro teatro»
Sono stati pesanti gli anni della scuola?
«Impegnativi, sono anni di formazione importanti».
Ha dovuto rinunciare alla vita sociale coi ragazzi della sua età.
«A quella parte lì della vita ho dovuto rinunciare. Però ho trovato amici nel mio ambiente».
Che cosa mangia un ballerino per star bene?
«Sano. Bisogna avere una dieta equilibrata. Non ho il problema di contenermi. Ma esagerare fa sempre male. Non sono vegetariano».
Com’è la giornata tipo di un danzatore?
«Si comincia alle dieci con la lezione e poi ci sono le prove dello spettacolo su cui si sta lavorando, che normalmente finiscono verso le cinque e mezza. Spesso rimanevo più a lungo a provare. E poi la sera può esserci spettacolo. Due volte a settimana, palestra per rinforzare soprattutto la parte superiore del corpo: braccia, schiena, addominali. Ho un personal trainer».
C’è qualcosa che rimpiange di non poter fare?
«Con quello che questo mestiere ti dà le rinunce non diventano rimpianti. È molto appagante da tanti punti di vista».
Quanto è rimasto in Scala?
«Dodici mesi precisi».
Una delle cose importanti che ha fatto è stato sostituire Sergej Polunin infortunato, nellaBella addormentatadi Alexei Ratmansky accanto a Svetlana Zacharova. In quell’occasione ha studiato con Vladimir Derevjanko che ha lodato la sua volontà di ferro.
«Mi fa davvero piacere sentirlo dire. Il maestro Derevjanko mi ha insegnato molto».
Con chi ha fatto amicizia a Mosca?
«Ho ritrovato Svetlana Zacharova ovviamente, ma sono stati tutti molto amichevoli, disponibili. Ho parlato con Ovcharenko, la Smirnova».
Con chi le piacerebbe ballare a Mosca?
«Con tutte. Ci sono tantissime brave ballerine; sarò onorato di esibirmi con chiunque di loro».