di Luca Pisapia, il Fatto Quotidiano 16/9/2016, 16 settembre 2016
DOTTOR STRANAMORE IN PROVETTA: IL RISIKO DOPING TAPPA PER TAPPA
Diceva John Steinbeck che non si combattono le guerre per fare dello sport. Eppure, visti i conflitti geopolitici in atto all’interno della Fifa e del Cio, è evidente che lo sport è diventato prosecuzione della politica con altri mezzi. Una volta imparato ad amare la bomba, il Dottor Stranamore ha capito che nella nuova Guerra fredda in corso una delle armi più potenti è il doping, non solo da somministrare ai soldati al fronte (agli atleti per vincere le medaglie) quanto da utilizzare come ricatto e corruzione.
Dopo la clamorosa esclusione dell’atletica leggera russa dalle Olimpiadi di Rio 2016, decisa in buona sostanza dagli Usa, il mese successivo arriva la risposta dell’ex Impero Sovietico: gli hacker del gruppo Fancy Bear entrano nel database Adams della Wada (agenzia mondiale antidoping) e rendono pubbliche le strane cartelle mediche dei campioni olimpici americani e britannici.
Settembre 2016
Dopo la ginnasta Simone Biles e le sorelle Williams è la volta altri 25 atleti di 8 paesi, tra cui Stati Uniti, Germania e Gran Bretagna con due nomi da urlo del Team Sky di ciclismo: il baronetto Bradley Wiggins, 5 ori olimpici, e Chris Froome, 3 Tour de France. Nessuna accusa di doping, ma sono pubblici i permessi medici per prendere anfetamine, corticosteroidi, salbutamolo e così via. Una lista di doping legale resa possibile dal Tue: l’esenzione terapeutica che permette a questi campionissimi di dichiararsi malati (disordini emotivi, asma, allergie) e assumere sostanze altrimenti vietate. “È un terreno scivoloso – spiega il professor Dario D’Ottavio, già membro della Commissione del ministero della Salute –, sarebbe meglio non rilasciare le esenzioni terapeutiche per molecole che contribuiscono al miglioramento delle prestazioni sportive”.
Ancor più scivoloso è il terreno politico, i Fancy Bear sono gli stessi che hanno pubblicato le email di Hilary Clinton. La Wada, che dovrebbe essere sovranazionale e indipendente, invece dichiara: “Abbiamo chiesto al governo russo di fare il possibile per fermarle (le operazioni di Fancy Bear ndr). In caso continuassero, questi attacchi metterebbero in dubbio ogni altra azione tesa a ricostruire un sistema antidoping credibile a parte della Russia”. In pratica, se gli hacker tirano fuori altri nomi americani o britannici, la Russia può scordarsi di tornare alle competizioni sportive. È un ricatto. Ma come si è arrivati a questa Guerra fredda oramai palese e dichiarata tra Russia e Nato sul terreno del doping? Tutto comincia due anni fa.
Dicembre 2014
Un documentario della tv tedesca Ard utilizza le testimonianze di diversi atleti russi per denunciare un sistema di doping di Stato. Dopo una settimana, la Wada istituisce una commissione d’inchiesta. Nel frattempo il figlio del presidente della Iaaf (federatletica mondiale) Lamine Papa Diack, è arrestato per corruzione e copertura di doping.
Agosto 2015
Esce il secondo documentario di Ard con nuove prove emerse da un database di oltre 4 mila pagine, proveniente con tutta probabilità dagli atti del Processo di Bolzano in cui testimonia Alex Schwazer. Nel frattempo, è eletto a presidente della Iaaf il britannico Sebastian Coe, per anni braccio destro di Diack.
Novembre 2015
Dopo il figlio, lo stesso Diack è indagato dalla Procura francese per corruzione finalizzata alla copertura di casi di doping, per associazione a delinquere e riciclaggio. Nello stesso mese la Wada rende pubblico il report della Commissione indipendente: c’è il doping di Stato russo ma anche accuse ad altre nazioni, tra cui Kenya, Italia e Gran Bretagna. La Wada però decide di squalificare solo i funzionari dell’antidoping russo, mentre la Iaaf di sospendere tutta l’atletica russa a tempo indeterminato, incluse le Olimpiadi di Rio 2016. Putin parla di “accuse infondate”, ma per ora i russi abbozzano.
Gennaio 2016
Esce la seconda parte del report della Commissione Wada, è scritto che la Iaaf sapeva del doping, quello russo di Stato e non solo, e di tutte le manovre messe in atto per occultarlo. Nessuno però prende provvedimenti, gli organi di controllo non si puniscono tra loro: già esclusi i russi, gli altri rimangono al loro posto, a cominciare da Coe. È oramai chiaro lo scontro tra Wada e Iaaf da una parte, appoggiate da Stati Uniti e Gran Bretagna, e Russia dall’altra. Nel frattempo, è squalificato a vita l’ex presidente Iaaf Diack, oramai bruciato dall’inchiesta francese, e per 5 anni l’ex capo antidoping Iaaf Gabriel Dollé.
Marzo 2016
Scoperta la positività di Maria Sharapova al meldonium, farmaco per il diabete. Qui l’esenzione medica del Tue non salva la tennista dalla squalifica. Putin parla apertamente di “complotto”, ma c’è ancora la speranza che la Russia possa partecipare a Rio 2016. Il Cio del presidente tedesco Thomas Bach cerca di mediare e di ammorbidire le posizioni della Wada e, soprattutto, della Iaaf.
Maggio 2016
Intervistato dal New York Times l’ex capo del laboratorio antidoping russo Grigory Rodchenkov, in esilio negli Usa, descrive nei dettagli il sistema del laboratorio antidoping di Sochi 2014, le coperture politiche del ministro dello sport Vitaly Mutko e la cortese partecipazione del servizio segreto Fsb. La nemesi del caso Snowden, la Guerra Fredda dello sport.
Giugno 2016
Su indicazione di Coe, Iaaf vota l’estensione della squalifica all’atletica russa: niente Olimpiadi. La Russia s’incazza: “Reagiremo”, ma il ricorso al Cas è rigettato. Si apre uno spiraglio per gli atleti russi che vivono all’estero. Si pensa a Yulia Stepanova, la fonte che ha parlato facendo emergere il tutto, rifugiata negli Usa. La Russia s’incazza ancora di più. Il Cio media. A pochi giorni dalle Olimpiadi a Stepanova è negata la partecipazione: è un monito, chi parla non gareggia. Nel frattempo è trovato positivo al termine di un procedimento con più ombre che luci Alex Schwazer, anche lui aveva parlato a Bolzano, anche per lui niente Rio.
Luglio 2016
Il Cio annuncia altri 45 casi di positività, tra cui 23 medaglie di Pechino 2008 e Londra 2012 dopo che a maggio ne aveva trovati 53. È una serie di nuovi test su vecchie provette, indipendente dagli ultimi scandali e dai lavori delle varie commissioni, è la dimostrazione che il doping è un sistema diffuso a livello globale. Eppure il 5 agosto cominciano le Olimpiadi e gli unici assenti sono quelli dell’atletica russa. Putin dice “Sembra di essere tornati agli Anni Ottanta” e non si presenta alla cerimonia di apertura. Poi sarà squalificato anche l’intero contingente russo alle Paralimpiadi.
Settembre 2016
La vendetta è un piatto che si serve freddo. Arrivano gli hacker russi di Fancy Bear che pubblicano gli strani certificati medici degli atleti americani e britannici.
Nel mondo si parla della salute delle medaglie olimpiche, della salute di Hillary Clinton. Di sicuro, a non essere in salute è lo sport mondiale e chi lo governa.
di Luca Pisapia, il Fatto Quotidiano 16/9/2016