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 2016  settembre 16 Venerdì calendario

OMRAN EMBLEMA DELLA GUERRA RESTA AD ALEPPO COME SIMBOLO

Gli orizzonti di Omran Daqneesh, il piccolo di 5 anni la cui immagine è diventata il simbolo del conflitto siriano, sono stati stravolti la notte del 17 agosto. Estratto vivo dalle macerie della sua casa di Aleppo, qualche graffio e lo sguardo perso nel vuoto, ripreso da macchine fotografiche e telecamere. Un mese dopo Omran andrà presto a scuola, sempre ad Aleppo. Il padre ha rifiutato l’asilo offerto da Turchia e Germania. Nell’attacco di Qaterji, la famiglia Daqneesh ha perso il figlio maggiore, Alì, 10 anni, morto tre giorni dopo in ospedale.
Il raid aereo russo, quella notte di un mese fa, ha provocato la morte di otto persone, cinque dei quali bambini.
In questi giorni, Omran sarebbe dovuto tornare a scuola, presto lo farà, ma in questo momento la sua famiglia sta cercando di risistemarsi dopo la tragedia, ospitata da parenti in un quartiere di Aleppo est. Il piccolo potrebbe consolarsi con un giocattolo: “Sono bloccato da due giorni, a pochi chilometri fuori da Aleppo – Spiega Rami Adham, il ‘contrabbandiere di giocattoli’ – assieme ad altre persone che portano aiuti. È come se la città fosse sottovuoto, nessuno può entrare e uscire. Per fortuna la tregua (la scadenza è fissata per domenica prossima, ndr) è stata allungata di altri due giorni. Il piccolo Omran? Certo che ho saputo della sua storia. Una volta entrato ad Aleppo sarà mia cura portargli un giocattolo in dono”.
Questione di giorni. La tregua sta reggendo, nonostante alcune scaramucce ad Hama prima e Aleppo poi. Resta il blocco del regime di Assad all’ingresso settentrionale della città martire e le lamentele dell’inviato Onu, Staffan de Mistura. Il convoglio umanitario è entrato in Siria dalla Turchia e l’esercito siriano ha iniziato il ritiro degli armamenti pesanti per creare delle zone “demilitarizzate” sul modello vietnamita.
Omran aspetterà di certo il regalo di Rami Adham, visto che il padre ha deciso che la sua famiglia non si muoverà da Aleppo: “I Daqneesh (che sono sunniti, ndr) hanno ricevuto l’offerta di asilo da Turchia e Germania, con piena ospitalità – racconta un amico di famiglia – ma hanno rifiutato. Quanto accaduto, il bombardamento, la distruzione della casa, la perdita di un figlio, la ritengono una volontà di Dio. Si sono sistemati in casa di parenti, il padre di Omran mi ha detto che può tranquillamente badare ai bisogni della famiglia col suo lavoro. Tanta gente gli ha offerto dei soldi, lui li ha sempre rifiutati, così come ha rifiutato di essere intervistato e di far apparire Omran dopo quella tragica sera”.
In effetti, del bambino si è saputo solo delle sue dimissioni dall’ospedale M-10 di Aleppo, di un quadro clinico tranquillizzante, e del suo ritorno a casa, dove cercherà di dimenticare. Al contrario, per mantenere vivo il ricordo di quell’immagine divenuta virale e globale, il bambino coperto di polvere e il sangue rappreso sul viso, ci hanno pensato la Rete e i social network. Dal 18 agosto sono stati creati una dozzina di profili Facebook dedicati a Omran Daqneesh; tutti recano l’immagine-simbolo come foto del profilo. Campagne per raccolte fondi, per garantire la sicurezza del bambino, per denunciare le violenze contro i civili, uno sciacallaggio retorico-mediatico che sfrutta l’involontaria popolarità di un personaggio.
Pierfrancesco Curzi, il Fatto Quotidiano 16/9/2016