Ma. Pa., il Fatto Quotidiano 16/9/2016, 16 settembre 2016
SPEZZATINO SENESE PER LA BANCA RENZIANA
C’è un’indiscrezione, forse una boutade, che svela uno dei non detti di più lungo periodo dell’affannarsi di Palazzo Chigi attorno al mondo bancario: il sogno di creare un polo toscano di media grandezza completamente nell’orbita del “Giglio magico”. Questa l’indiscrezione: tra i nomi che circolano per la presidenza di Monte dei Paschi c’è anche quello di Lorenzo Bini Smaghi, toscano doc, ex membro del board Bce, oggi presidente di Société Générale e della piccola Chiantibanca, ritenuto non estraneo all’inner circle renziano.
Che sia Bini Smaghi o meno, però, a sostituire Massimo Tononi cambia poco. La grande banca renziana è un po’ meno di un progetto e assai più che fantapolitica e specialmente ora coinvolge anche il futuro di Monte dei Paschi.
Andiamo con ordine. Tutto nasce con la riforma delle banche di credito cooperativo. Renzi e Palazzo Chigi, contro il parere dello stesso Tesoro e di Bankitalia, inseriscono una “scappatoia” rispetto all’obbligo di aderire alla holding delle Bcc: chi ha un patrimonio superiore ai 200 milioni poteva scegliere di trasformarsi in Spa e non essere più una banca cooperativa. Tra le tre banche che hanno scelto la cosiddetta way out c’è Chiantibanca e Banca Cambiano, istituto renzianissimo e – scrivemmo già all’inizio del 2015 – il luogo in cui nacque l’emendamento alla riforma.
Banca Cambiano, infatti, sede a Empoli, non solo è la più antica Bcc d’Italia, non solo è il posto in cui lavora il padre di Luca Lotti, Marco, ma è diretta da Paolo Regini, già sindaco Ds di Castelfiorentino, marito della senatrice Pd Laura Cantini e sostenitore del premier dalle primarie del 2012, quando Cambiano fu la banca d’appoggio per il fund raising: già nel 2009, però, era stato l’istituto empolese a concedere a Renzi il mutuo per la campagna elettorale da sindaco.
È attorno a questo istituto – che peraltro ha discussioni aperte proprio con Chiantibanca per un’eventuale fusione – che dovrebbe nascere la banca renziana. Le prede per creare un istituto toscano di medio livello non mancano in una regione tanto ricca quanto funestata da crisi bancarie.
È ancora sul mercato, ad esempio, la Nuova Banca Etruria nata sulle ceneri dell’azzeramento di azioni e obbligazioni subordinate. Al momento le offerte arrivate all’ente di risoluzione sono parecchio basse e in ogni caso non è affatto detto che chi compra una o tutte le quattro banche “salvate” a novembre 2015 sia intenzionate a tenerle come sono: come si sa, l’unica cosa che pare non interessare al mercato bancario in questo momento sono gli sportelli (e relativi lavoratori). Dentro Etruria, però, c’è anche Banca Federico del Vecchio, solo sei sportelli che servono solo la meglio Firenze (“le più importanti imprese e famiglie del capoluogo toscano”, recita il sito).
In questo contesto anche Monte dei Paschi è in ballo. Il piano iniziale di Jp Morgan – la banca d’affari Usa che organizza il “salvataggio” – benedetto pure da Renzi prevedeva la presa di possesso della banca a prezzo assai basso.
Jp Morgan, però, non saprebbe che farsene degli sportelli e del ciclo raccolta-prestiti sul territorio del Monte: assicuratasi i grandi clienti, e il marchio, procederebbe a uno spezzatino dando via sportelli e clienti. Quelli in Toscana, in Emilia e in Umbria potrebbero far gola alla futuribile, ma non impossibile banca renziana: anche per questo avere in Mps un management allineato alla banca Usa – e non Viola e Tononi – può tornare utile. Ovviamente, andasse così, Empoli finirebbe per comandare su Firenze e Siena: ma qui siamo alle liti di campanile.politico da Prima Repubblica.
Ma. Pa., il Fatto Quotidiano 16/9/2016