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 2016  settembre 16 Venerdì calendario

DI FRANCESCO JR: «TRA PAPA’ E DONADONI SONO UN’ALA FELICE» – Dieci giorni da sogno. Dal debutto in Under 21 contro la Serbia al primo gol in Serie A con il Bologna contro il Cagliari

DI FRANCESCO JR: «TRA PAPA’ E DONADONI SONO UN’ALA FELICE» – Dieci giorni da sogno. Dal debutto in Under 21 contro la Serbia al primo gol in Serie A con il Bologna contro il Cagliari. Nel mezzo la doppietta — sempre in Nazionale — contro Andorra che ha lanciato la squadra di Di Biagio a un punto da Euro 2017. Federico Di Francesco si toglie l’etichetta di «figlio di», per indossare i panni più comodi di talento emergente del calcio italiano. «Sin da piccolo sognavo di giocare a calcio e di indossare la maglia della Nazionale — ammette Federico, figlio del tecnico del Sassuolo Eusebio —. Poi il primo gol in A, sotto la curva, nel giorno del debutto davanti ai miei nuovi tifosi, ha reso davvero tutto magico. Di Bologna mi piace tutto, non potevo chiedere di più». Per la gioia di nonno, da sempre tifoso rossoblù: «I miei nonni mi hanno seguito sempre, sin dalle giovanili. Negli occhi di nonno vedo l’orgoglio che prova per quello che faccio e che faceva mio padre. E quando riesco a farlo felice, la gioia è doppia». Ragazzo umile Di Francesco, legatissimo alla famiglia. Niente pettinature strane, niente vita da social. Solo un tatuaggio sul polso destro, dal valore profondo. «C’è inciso il nome di mio cugino, scomparso qualche anno fa. È un modo per portarlo sempre con me». Quanto è stata duro il cammino per arrivare in Serie A? «Essere figlio di un calciatore, da bambino, ti costringe a girare con un’etichetta addosso. Chi non ti conosce pensa solo che sei “il figlio di”, quindi ho sempre dovuto dimostrare qualcosa in più. Da piccolo lo accusavo di più, adesso invece è una cosa che mi stimola. È un orgoglio avere un padre così». Anche per questo ha dedicato il suo primo gol in Under 21 a chi non ha creduto in lei? «Quelle persone hanno contribuito a rendermi il ragazzo che sono oggi, forte dei valori che mi ha insegnato la mia famiglia. E parlo del ragazzo, non del calciatore. Perché voglio crescere e migliorare ogni giorno di più». In Lega Pro ha lavorato con Marco Giampaolo alla Cremonese. «Non riuscivamo a spiegarci cosa ci facesse un allenatore così importante in Lega Pro, incontrarlo è stata una fortuna. Prima che arrivasse giocavo poco. Lui mi mise subito dentro alla prima partita, feci gol e da lì iniziai a diventare un titolare. Come persona e come allenatore, Giampaolo per me è stato un grande maestro». La svolta della carriera la scorsa stagione al Lanciano. «Anche lì ho faticato all’inizio, poi tra squadra e staff si è creato qualcosa di straordinario. Una grande mano me l’ha data Mammarella: in quei mesi è stato come un fratello maggiore». Chi altro deve ringraziare? «Nino Di Benedetto, il mio allenatore negli Allievi del River Chieti, il trampolino per passare alle giovanili del Pescara». E quanto ha influito suo papà Eusebio nella scelta di diventare calciatore? «Respiravo calcio con lui in casa. E sognavo di giocare in Serie A. Mi piaceva andare allo stadio a vederlo e anno dopo anno questo desiderio si faceva sempre più forte. Io amo il calcio, mentre i miei due fratelli minori non giocano e non hanno nemmeno l’obbligo di farlo. Papà ci ha lasciati liberi di scegliere». I suoi primi consigli? «Mi diceva sempre: “Pensa a divertirti”. Sembra ieri che ho iniziato a giocare, ora sono in A e credo che anche per papà sia una grande gioia, come lo è per me vederlo allenare e fare cose straordinarie. L’orgoglio è reciproco, anche se tendiamo a farci pochi complimenti l’un l’altro. In realtà, scherzando, ci siamo sempre punzecchiati un po’. Forse questo “criticarci” ha aiutato entrambi». Il c.t. Di Biagio, che ha giocato con suo papà, dice che avreste potute giocare insieme. «Avremmo discusso troppo io e papà, lì vicini sulla stessa fascia... (ride, ndr)». Aveva un modello da piccolo? «Studiavo gli esterni offensivi, però nessuno in particolare. Il mio mito era papà». Il Di Francesco allenatore dice: i miei attaccanti negli ultimi 20 metri devono sempre cercare la giocata vincente. «Lo diceva anche a me e credo sia d’accordo anche mister Donadoni, che è stato un’ala eccezionale. Anche lui ci chiede di essere “determinanti” negli ultimi metri». Come lo è Berardi. È vero che per lei è un modello? «Per l’età che ha e per quello che ha fatto in questi anni, direi che è un giocatore straordinario. Uno che riesce sempre ad essere determinante per la squadra. Spero di poterci giocare in Under 21, ma questo dipende solo da me. Se farò bene a Bologna, tutto verrà di conseguenza». La missione è appena cominciata.