Sergio Luciano, ItaliaOggi 16/9/2016, 16 settembre 2016
IL SOTTOPROLETARIATO DIGITALE SI RICORDA DI AVERE DEI DIRITTI
«Te faccio fa’ ’o guaglione d’ ’o bar!»: a Napoli, negli anni Sessanta, era la minaccia dei padri severi ai figli indisciplinati o svogliati a scuola: «Ti faccio fare il garzone del bar, il ragazzino che porta il caffè ai signori negli uffici». Come dire il fattorino di Deliveroo o di Foodora, insomma. Un mestiere punitivo, da sottoproletariato urbano. Un’epoca fa, prima dell’avvento del Meraviglioso Mondo della Rete, questi non-mestieri erano senza eufemismi considerati arrangiamenti, modi decorosi ma precari e umilissimi di arrotondare il lunario di famiglia ai quali venivano confinati i bambini poveri, i ragazzini costretti a non adempiere all’obbligo scolastico, gli onesti al verde che preferivano mettere i figli a lavorare in nero piuttosto che piazzarli «int’o scippo», nella manovalanza criminale oggi incancrenita e ben descritta dal «Robinù» di Santoro...
Un’epoca dopo, nell’aurea età dell’economia delle piattaforme, la fame è sempre la stessa, il precariato pure, ma un coro di consenso sociale più webete che positivista, predica a questi ragazzi che devono essere contenti di partecipare al nuovo che avanza. Che quando si sfiancano in bicicletta per consegnare lasagne e panzerotti devono farlo col sorriso, sono i nuovi sottoproletari digitali, e vuoi mettere la soddisfazione rispetto ai garzoni del bar. Peccato che le bugie abbiano le gambe corte. Hanno scioperato i ciclisti di Deliveroo, informa il Corriere, contro l’annuncio della società di voler azzerare il salario minimo: guadagneranno solo se consegneranno, non per il tempo in cui saranno a disposizione delle chiamate.
Un cottimo feroce, diciamolo, che neanche la ’ndrangheta con i senegalesi nei campi di pomodori in Calabria. Proteste anche contro UberEat, che taglia i salari a sua volta. Già, perché poi tutte queste piattaforme offrono gli stessi servizi superflui (ma chi mai li chiederà, tanti pasti a domicilio, anziché scendere a fare quattro passi fino al bar?) e quindi si fanno una concorrenza spietata (soprattutto verso i collaboratori) e a turno soccombono, travolgendo i bisognosi che pur di non ammuffire nella disoccupazione si erano adattati a pedalare. Negli Stati Uniti è già stata costituita una Union che rappresenta gli autisti di Uber supersfruttati dai padroni della piattaforma, pochi miliardari sopra un esercito di sfruttati. E del resto: quando mai, seguendo acriticamente la cosiddetta cultura liberista americana, si è ottenuto qualcosa di equo? È dai tempi della corsa all’oro che funziona in tutt’altro modo. Revolver nella cintura, gomiti di acciaio, vinca il migliore e gli altri si freghino. Se questa è la rivoluzione digitale, diciamo: anche no.