Eugenia Tognotti, La Stampa 16/9/2016, 16 settembre 2016
LA GUERRA DELLE CARTELLE CLINICHE
Altro che combattersi a colpi di stetoscopio in testa, per riprendere la suggestiva immagine evocata da Arthur L. Caplan, professore di Etica medica alla New York University. «Per guadagnare punti», Hillary Clinton e Donald Trump, sono ora passati ad un livello superiore, combattendosi, senza esclusioni di colpi, con armi più affilate e infide.
E cioè cartelle cliniche, risultati di esami strumentali, notificazioni di medici personali, stato delle vaccinazioni, chili di troppo. Senza dimenticare le dichiarazioni di personalità di spicco del mondo accademico e medico-scientifico, come il chirurgo cardiotoracico dott. Mehmet Öz, docente alla Columbia University e conduttore del seguitissimo programma di medicina The Dr. Oz Show che ha ospitato Trump.
Non c’è limite, nelle presidenziali americane, alla politicizzazione di quelli che in Italia chiamiamo «dati sensibili». Dopo il malore a Ground Zero, Hillary Clinton è stata costretta a divulgare la sua cartella clinica, mentre Trump, in un incontro pubblico in Ohio, ironizzava, esprimendo dubbi sulla capacità della candidata democratica di resistere per un’ora in piedi, in una stanza surriscaldata, come stava facendo lui. Del tutto bandita la privacy. Ogni organo, apparato, sistema è stato scandagliato. Gli americani sono messi nella condizione di conoscere persino la frequenza cardiaca, il «livello di saturazione dell’ossigeno», misurato attraverso il pulsossimetro, la temperatura. Sono informati sulla lieve polmonite batterica, non contagiosa, efficacemente combattuta con antibiotici e riposo. Sanno che farmaci assume e di quali disturbi ha sofferto anche nel passato, compresi disturbi intestinali e un’infezione all’orecchio. Ma, a parte le allergie stagionali, per le quali è costretta a ricorrere ad antistaminici, sta bene e la sua salute mentale è eccellente: 100/70, i valori della pressione sanguigna; 70, la frequenza cardiaca. Mammografia e ecografia al seno sono normali. Buoni i valori di glicemia, trigliceridi (159) e colesterolo (189, Ldl 103, HDdl 56) .
All’impressionante mole di informazioni mediche fornite dalla candidata democratica - in uno sforzo di trasparenza -Donald Trump ha risposto con pochi, striminziti dati: soffre di ipertensione e prende delle statine per tenere sotto controllo il colesterolo. Pesa 107 chilogrammi. Un argomento «forte» a disposizione dei democratici. Non ha avuto attacchi cardiaci e non soffre di Alzheimer, ha però un indice di massa corporea superiore a 30 (30,3). In altre parole, non è semplicemente sovrappeso, ma obeso, stando ai parametri del National Heart Lung and Blood Institute. Su Twitter, un ex consigliere di Obama, si è spinto a ironizzare sul fatto che il candidato repubblicano potrebbe gareggiare, quanto a corpulenza, con William Taft (1909-1913), il più grasso presidente della storia americana con i suoi 150 chilogrammi e gli inevitabili problemi di pressione arteriosa e cardiologici. In questa guerra di certificati medici non poteva mancare quello di Tim Kaine, senatore della Virginia e candidato alla vicepresidenza degli Stati Uniti del Partito democratico. Anche per lui qualche problema di cuore e valori elevati di colesterolo. La guerra delle cartelle cliniche continua. Hillary Clinton deve vedersela anche con le strampalate ipotesi dei cospirazionisti contro le quali può poco o nulla quel pugno di numeri nei quali è scritta una storia medica a cui non credono.