Mario Salvini, La Gazzetta dello Sport 13/9/2016, 13 settembre 2016
DANI PEDROSA, L’OTTAVO RE STUPISCE SE STESSO – Così, anche nel giorno più bello di quest’anno, di sicuro uno dei più esaltanti di tutta la sua carriera, Dani Pedrosa si è trovato ad essere quasi di intralcio
DANI PEDROSA, L’OTTAVO RE STUPISCE SE STESSO – Così, anche nel giorno più bello di quest’anno, di sicuro uno dei più esaltanti di tutta la sua carriera, Dani Pedrosa si è trovato ad essere quasi di intralcio. Al centro tra i due litiganti Valentino Rossi e Jorge Lorenzo: un posto che mai come domenica a Misano avrebbe dovuto essere di quello che godeva. E in realtà lo è stato: Dani se l’è goduta tutta, questa vittoria che è sembrata una rinascita, oltre che una festa rovinata per Valentino. Ma alla fine, ugualmente, lì in mezzo imbarazzato mentre si controllava le unghie, è sembrato la metafora della sua carriera in MotoGP: i due che aveva appena battuto erano già diventati più protagonisti di lui. Però è difficile immaginare che la cosa gli possa davvero dispiacere più di tanto, perché o è un attore formidabile o, molto più probabilmente, è davvero quel fuoriclasse di umiltà che esce sempre dalle sue dichiarazioni, dai suoi atteggiamenti. Giovedì, per dire, all’arrivo nel paddock bisognava pur chiederglielo di quei sette avversari diversi che avevano vinto negli ultimi sette gran premi, e domandargli soprattutto perché lui non fosse in quella lista. Lui che fino all’inizio di questa improvvisa democratizzazione del gradino più alto del podio era uno dei soli quattro che per anni erano stati autorizzati a salirci. Lui che l’anno scorso delle ultime cinque gare ne aveva vinte due e in quattro era salito sul podio. Lui che però poi quest’anno di podi prima di Misano ne aveva visti solo un paio, tutti e due sul gradino più basso (Rio Hondo e Barcellona). Dani ci aveva pensato un attimo e poi aveva detto: «Non posso dire se e quando vincerò. Posso dire che lavoro duro ogni giorno per tornare a vincere». LAVORO Evidentemente duro abbastanza. E con cognizione di causa, con la consapevolezza di uno che in MotoGP corre da undici anni e sapeva quale sarebbe stata la chiave della corsa di Misano. «La grande storia di questo GP – aveva detto – sarà questa gomma davanti: la Michelin l’ha portata diversa dalle altre volte». La gomma sulla quale lui ha fatto una scelta differente da tutti (a parte Pirro). Grazie alla quale ha finalmente acchiappato la vittoria numero 29 in carriera. La inseguiva da 322 giorni, dall’anno scorso a Sepang. Una vittoria esaltante, superando uno dopo l’altro Dovizioso, Viñales, Marquez, Lorenzo e Rossi… «Bella, sì – ha accennato un sorriso –. Ci voleva proprio dopo tutta la fatica che ho fatto. Ero in super difficoltà quest’anno, sono contento di essere l’ottavo vincitore diverso». Super difficoltà date da cosa? Dalla nuova elettronica? O dalle gomme? Si diceva che con le Michelin sarebbe stato tra i favoriti... «Tutto è cambiato rispetto all’anno scorso. Ogni volta è difficile anche trovare il grip che funzioni, e la giusta combinazione tra quella davanti e quella dietro. Il feeling è diverso ogni volta. In un gran premio va forte una moto, in quello dopo un’altra. E poi un’altra ancora. La formula giusta con queste gomme non l’ha ancora trovata nessuno. Io prima di Misano ho sempre fatto una gran fatica». Uno dei ritornelli dell’anno è stato: questa Honda è difficile da guidare, ci riesce solo Marquez. E’ stato davvero anche quello un problema? «E’ dall’inizio della stagione che cerco di imparare come guidarla meglio. Abbiamo provato a cercare il miglior setup possibile. Spero di migliorare ancora». Quanto era stata dura, prima di Misano? «Molto, perché i risultati mancavano. Per come guido di solito in passato i piazzamenti erano stati molto migliori. E quando ti succede così tutto diventa difficile. Però ogni stagione è diversa dalle altre e ogni volta c’è qualcosa da imparare. I risultati sono la conseguenza di quello che fai e di come lo fai. Quindi la cosa buona è che abbiamo sempre continuato a lavorare, a mettere le cose in discussione giorno per giorno». E alla fine il lavoro ha pagato tutto in una volta… «La vittoria ti fa stare bene. Ti dà motivazioni. Ma anche tutti gli altri dopo essere stati battuti saranno ancora più motivati a far meglio. Quindi meglio tenere i piedi per terra». Da qui alla fine per quali piste è più ottimista? A Motegi per esempio ha già vinto 4 volte (una in 250) e altre 4 è andato sul podio.. «Sì, è vero, Motegi mi piace molto. Ma non è il caso di guardare quale mi piace di più o di meno, perché quest’anno sulle piste in cui mi aspettavo di fare meglio non è che fatto molto di più che su quelle che non mi piacciono». C’è qualcosa che l’ha stupita nella sua carriera? «Se ripenso a tutto, la cosa che mi ha stupito di più è essere diventato pilota di MotoGp. O anche campione del Mondo di 125 e di 250. Pensavo di poter guidare bene, ma mai di diventare il pilota di riferimento di quei campionati». Rimpianti? «Ovviamente non tutto va sempre come desideri. Però la vita ha un equilibrio tra quello che ti dà e quello che ti toglie. Non credo di aver avuto meno di quel che meritavo». Sedici anni nel Motomondiale, sedici anni di Honda. Le tante difficoltà facevano pensare a un addio. Le offerte non mancavano. Invece… «Invece ho rinnovato. Qui è dove sono cresciuto, conosco bene tutti, tutti conoscono me. Lavoriamo bene. E in un bilancio generale le difficoltà di quest’anno hanno un peso piccolo. Ho una passione per questo team. E’ la mia casa».