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 2016  settembre 14 Mercoledì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - LA POVERA TIZIANA, UCCISA DA INTERNET


REPUBBLICA.IT
Sulla morte di Tiziana, la donna che si è tolta la vita dopo la diffusione di alcuni video hard, il procuratore capo di Napoli Nord, Francesco Greco, conferma: "Abbiamo aperto un’inchiesta per istigazione al suicidio e presto acquisiremo anche l’ordinanza del giudice che si era pronunciato sul ricorso d’urgenza promosso dalla giovane per rimuovere quel materiale da tanti motori di ricerca ".
La Procura indaga e il web chiede giustizia e finalmente "l’oblio". "Non l’avevo vista per tutto il giorno, non ho potuto fermarla", si dispera ora la madre, nella villetta ai margini del paesone in provincia di Napoli, dove Tiziana viveva anche con una zia. Sua madre, la signora Maria Teresa, devastata dal dolore, agli investigatori ha rivelato un ulteriore motivo di turbamento della figlia: anche se aveva ottenuto una sentenza favorevole del tribunale sul diritto all’oblio (alcune società come Facebook e Sem srl erano stati condannate a rimuovere i video hot ma personali in cui era ritratta Tiziana) , la donna, considerata consenziente, era comunque stata condannata a pagare 20mila euro di spese legali.
Nello stesso dispositivo, tuttavia, il giudice Monica Marrazzo condannava innanzitutto le sue controparti - Facebook, Sem Srl , Alaimo Ernesto, Ambrosino Pasquale, RG Produzioni srl - a versare oltre 21 mila euro complessivi in favore di Tiziana.
Due cifre che, nella sostanza, si sarebbero compensate, ma che comunque spettavano a soggetti diversi. E quindi vi sarebbe stato bisogno di ulteriore e complessa assitenza legale. Un ulteriore problema che gravava sulla vita di una ragazza segnata dalla gogna pubblica.
La storia di Tiziana aveva fatto il giro del web, una sua ingenuità era diventata un incubo, finito in tragedia e purtroppo, questa, tutt’altro che virtuale. La ragazza, della provincia di Napoli, figlia del gestore di un bar, aveva perso il lavoro, non poteva più mostrarsi in pubblico, dopo che alcuni suoi “amici” avevano diffuso via internet e sugli smartphone alcuni video hard.
Tiziana, messa alla gogna mediatica, aveva cambiato città e nome e aveva fatto causa a chi la perseguitava sui social, vincendo e ottenendo la rimozione del profilo di chi la insultava. Ma non è bastato. E alla fine, ieri, si è uccisa. E ora l’indagine non è più per violazione alla privacy o per il diritto all’oblio, ma per istigazione al suicidio.
Un’amica di famiglia : "Ha dimostrato la sua fragilità da sola. Non è mai stata abbandonata, era una ragazza dolcissima, non è facile superare". Neppure con una sentenza a favore? "Non sono bastati i click dati in modo sbagliato"
Oggi è il tempo della riflessione. "Tiziana si è tolta la vita. Almeno adesso merita oblio e silenzio. Non continuate a mostrare il video". La Rete piange la ragazza che si è tolta la vita. Dolore e sensi di colpa viaggiano sui social network dietro un hashtag o un link. Quasi a voler cancellare la superficialità con cui un video privato è stato trasformato in un fenomeno virale, con oltre 100 mila pagine dedicate a quella frase pronunciata da Tiziana in un momento che credeva intimo: "Stai facendo il video? Bravo".
"Non siamo tutti colpevoli ma siamo tutti sconfitti" scrive Antonio su Twitter. "Non conoscevo la storia di Tiziana, è terribile - commenta Andrea - ma è ancora più terribile sapere che ci sono uomini che usano video privati per dimostrare quanto fanno schifo".
L’accusa è rivolta ai ragazzi che per primi hanno diffuso le immagini sui social network, dando il via a un vortice infernale che ha distrutto la vita di Tiziana. "C’è ancora chi ha il coraggio di fare battute sulla morte
di Tiziana, vergognatevi" denuncia Michele mentre altri ricordano la vicenda della ragazza di 13 anni violentata dal branco a Melito Porto Salvo: " Avanti, ora dite che anche Tiziana se l’e’ cercata".
Il suicidio della 31enne squarcia il velo di Maya della società virtuale e ad alcuni utenti sembra irreale: "Sarebbe bello se Tiziana avesse inscenato la sua morte per ricostruirsi una vita. Ma non è così".

REPUBBLICA DEL 7/9
Per uno “scherzo” è stata costretta a cambiare identità e la sua esistenza stava per concludersi tragicamente con il suicidio. C’è stato chi ha pensato a una montatura pubblicitaria in vista di chissà quale candidatura a interpretazioni cinematografiche. Ma Tiziana, ventinovenne all’epoca dei fatti, tra aprile e maggio 2015, epoca in cui diventò famosa per un video hard, ha avuto la vita rovinata da quanto scaturì in seguito da quello “scherzo”.

Si era fatta riprendere mentre faceva sesso tradendo il fidanzato in sei diversi video. Poi li aveva spediti a cinque persone che conosceva. Non si sarebbe mai aspettata le conseguenze di questo gesto.

Tempo 24 ore i filmati erano diventati virali sul web, le scene hard erano dappertutto e rimbalzavano da uno smartphone all’altro di persone di tutte le età.
Qualche giornale scrisse che quella vicenda sembrava tanto ben orchestrata da apparire studiata a tavolino per fare della ragazza una futura diva a luci rosse.
La ragazza si è accorta di quanto micidiale possa diventare un “gioco” tra amici: la gente la riconosceva per strada e le rivolgeva epiteti irriguardosi oppure la scherniva.

L’impossibilità di condurre un’esistenza come quella di prima e l’interruzione di tutti i rapporti sociali la gettò in uno stato di depressione che la condusse a tentare di togliersi la vita. I parenti, che le sono stati vicini, la fermarono in tempo, ma da allora Tiziana non ha desiderato altro che di essere dimenticata da tutti.

Il processo è in corso, ma intanto il tribunale di Napoli Nord ha emesso un provvedimento d’urgenza ex articolo 700 dando ragione a Tiziana che ora non si chiama più col suo cognome ma ne ha uno nuovo per evitare che sia riconosciuta. La diffusione dei video che lei non autorizzò, l’ha costretta a cambiare identità per poter tornare ad avere una vita normale. Il suo avvocato, Roberta Foglia Manzillo, ha citato in giudizio, assieme ai diffusori dei video, Facebook Ireland, Yahoo Italia, Google e Youtube, oltre alle persone responsabili della diffusione in rete.

Il giudice del tribunale di Aversa, Monica Marrazzo, ha riconosciuto la lesione del diritto alla privacy della donna, contestando al social di non aver rimosso il contenuto appena ha saputo che i contenuti pubblicati erano lesivi della sua reputazione.

I difensori del social network californiano specificano che, però, la pagina non conteneva affatto video. La vicenda dei video hard diventò un vero e proprio tormentone, che andava sotto il titolo “Hai fatto un video, bravo”, la frase che la ragazza ripresa rivolgeva a chi la filmava. Su questo erano nate irriverenti canzoni, parodie e anche profili con fotomontaggi e t shirt con scritte che inneggiavano ironicamente alla protagonista. Questa pagina, nata in seguito alla diffusione dei video, è stata ora rimossa dalla piattaforma.

«La mia cliente, che vive in una cittadina di provincia e non ha più potuto lavorare nel locale di cui i genitori sono titolari, ha avuto un danno non indifferente da questa vicenda che non era assolutamente nelle sue intenzioni causare - spiega la civilista
Foglia Manzillo - Ci siamo perciò appellati al diritto all’oblio, perché la diffusione del fatto lesivo dei diritti della privacy non rispondeva a un reale interesse pubblico». A Facebook il provvedimento di urgenza firmato dal giudice ha ordinato «l’immediata cessazione e rimozione dalla piattaforma del social network di ogni post o pubblicazione contenente immagini (foto e/o video) o apprezzamenti riferiti specificamente alla persona».

PEZZI DEI GIORNALI DI STAMATTINA
CORRIERE
FULVIO BUFI SUL CORRIERE
NAPOLI Poco più di un anno fa Tiziana si era lasciata riprendere durante un rapporto sessuale. E poi aveva lasciato anche che quel video circolasse via WhatsApp tra amiche e amici. Non si era resa conto di dove quel gioco l’avrebbe portata. Al suicidio. Ieri pomeriggio Tiziana si è uccisa impiccandosi nello scantinato del palazzo dove abitava con la madre.

Tiziana Cantone aveva 31 anni, e dopo quel video la sua vita era cambiata. Aveva abbandonato il lavoro nel ristorante di famiglia all’interno del porto, aveva abbandonato anche il suo paese in provincia di Napoli, Casalnuovo, e si era trasferita per un periodo in Toscana. Aveva provato ad abbandonare perfino il suo nome e ad assumere una nuova identità. E aveva provato a farla finita già nei mesi scorsi, ma senza la determinazione che ci ha messo stavolta.

La vita di Tiziana era cambiata perché quel video, diviso in più spezzoni, non aveva fatto solo il giro degli amici, ma era andato molto oltre. Qualcuno da WhatsApp lo ha caricato sui social, e da lì è finito pure sui siti porno. Ed è diventato virale. La frase che lei ripete all’uomo che la riprende è un tormentone tra i ragazzi, e non soltanto a Napoli. In Rete ci sono centinaia di video che le fanno il verso e ancora di più sono i fotomontaggi con il suo volto tratto dai frame e accompagnato da frasi di ogni genere. E poi Facebook: finché Tiziana ha tenuto aperto il suo profilo — per pochissimo tempo — la pagina è stata intasata da insulti e commenti pesantissimi, poi lei è sparita ma sono nati i gruppi a suo nome. E, a riprova che il web può essere anche un luogo selvaggio, tra quelli che sono stati aperti ieri sera ce ne sono alcuni che ancora ironizzano su di lei in maniera volgare e addirittura sulla sua morte.

Dal massacro in Rete Tiziana era riuscita a difendersi, e solo pochi giorni fa il giudice aveva accolto, seppure parzialmente, il ricorso d’urgenza presentato dall’avvocato Roberta Foglia Manzillo e aveva intimato a Facebook e a due testate giornalistiche online ( ilfatto24.it e blitzquotidiano.it ) l’immediata rimozione di ogni pagina, testo o foto riconducibili al video. Cosa che però non è ancora avvenuta.

La sentenza aveva avuto abbastanza risalto sulle pagine dei quotidiani napoletani e nei notiziari online, e chissà che non sia stato proprio questo ritorno al centro dell’attenzione a far piombare Tiziana — che pure aveva fortemente sperato che il Tribunale le desse ragione e aveva vissuto la decisione del giudice come una vittoria — in uno stato di ansia e angoscia dal quale non è riuscita a difendersi.

In ogni caso a schiacciarla sono stati tutti questi mesi in cui non solo si è sentita tradita da persone di cui si fidava e si è resa conto di quanto fosse stata ingenua e incosciente a condividere una cosa così privata come quel video, ma si è sentita giudicata e condannata e purtroppo non solo in Rete. Ha dovuto subire anche insulti per strada, o, nel migliore dei casi, battute, sguardi e risatine. «Sono distrutta, non ce la faccio più», aveva confidato a una amica pochi giorni dopo essere tornata dalla Toscana. La stessa amica con la quale si è sentita al telefono ieri intorno all’ora di pranzo, senza però lasciarle intendere nulla di quello che aveva in mente.

Ora la Procura di Napoli Nord ha aperto un fascicolo per induzione al suicidio. Per adesso contro ignoti, ma qualche nome potrebbe essere iscritto presto.
Fulvio Bufi Raffaele Nespoli

AP SUL CORRIERE
Parodie, interviste, provocazioni, post, gruppi Facebook, sfottò di ogni genere. Che si sono moltiplicati con mille sfumature diverse in brevissimo tempo e sono diventati virali: meme. Il soggetto era sempre lei, Tiziana Cantone, e il tormentone una frase che dev’essere risuonata nella sua testa mille volte: «Stai facendo un video?». «Sì». «Bravo». Cioè la parole da lei pronunciate al partner e immortalate in un video hot finito in Rete.

Ieri, dopo la diffusione della notizia della sua morte, sono nati addirittura dei gruppi Facebook osceni dai nomi espliciti e volgari sottolineando il ricordo: «In memoria di Tiziana Cantone», scrivono. E provocando l’indignazione di decine di lettori, in un dibattito rabbioso: «Vergognatevi!». «Non vi ferma nulla, ma quanto siete cattivi». «Qui ci vuole la polizia postale». Una ragazza replica indignandosi degli indignati: «Cosa mi fa ridere? Eravate i primi a offenderla, io compresa... Ora improvvisamente è un angelo venuto dal cielo. Io non mi sento in colpa, bisogna essere consapevoli di quello che si commette e non piangere sul latte versato». Si vanta della coerenza. E l’altro: «Chapeau».

Prima della tragedia, una pioggia di video, tutti sul filo dell’ironia. Una clip di «Gomorra» mescolata alle sue immagini, centinaia di sketch. Hanno giocato sulla vicenda anche i calciatori del Sassuolo Paolo Cannavaro e Floro Flores e la loro battute sono finite su YouTube. Un video girato al supermercato, un altro a casa. Alcune tivù locali hanno fatto servizi per le strade di Napoli, fermando i passanti. «Conosce Tiziana Cantone? Quella del video hot?». L’incipit delle interviste era sempre lo stesso: «Ma stai girando un video?», giusto per saggiare la conoscenza della vicenda. Molti giovani sapevano, molti anziani no. In Rete si trovano compilation, remix, fumetti con frasi pesantemente allusive. Un ragazzo lancia più volte una palla sulla testa dell’altro. Ridono, scherzano, graffiano. E il finale è scontato: «Ma stai facendo un video?». «Sì». «Bravo». Tiziana si è impiccata.
A. P.

ALTRO PEZZO DEL CDS
NAPOLI «Non posso credere che sia successo veramente». Teresa Petrosino, amica di Tiziana Cantone, è scioccata. «Non ci conoscevamo da molto — racconta —, però nei mesi scorsi mi aveva confidato di essere davvero distrutta». Teresa parla di Tiziana Cantone come di una ragazza dolce e molto sensibile. «È finita in questo schifo senza poter fare nulla. Quei video hanno cambiato per sempre la sua vita. L’ultima volta che l’ho incontrata mi era sembrato però che stesse un po’ meglio. Mi aveva parlato della sua voglia di gettarsi tutto alle spalle, di chiudere con il passato». Ma quel proposito non è riuscito a portarlo avanti, e Teresa vorrebbe adesso vedere in faccia quelli che hanno insultato la sua amica: «Mi chiedo come si possa essere così feroci, come sia possibile accanirsi contro una ragazza che non ha fatto nulla di male. Quei video sono stati un errore? Ma per favore. Se andassimo a cercare nei cellulari degli stessi che le hanno gettato la croce addosso sono certa che troveremmo molto di peggio. Credo che a vergognarsi dovrebbero essere tutti quelli che hanno riempito il web di insulti e che di nascosto intanto guardavano le immagini». Teresa difende la memoria di Tiziana raccontando come era davvero: «Lei mi ha trattata sempre come un’amica, si è fidata di me e ne sono contenta. Mi dispiace di non essere riuscita a passare più tempo insieme così da aiutarla a superare tutto quello che ha dovuto sopportare. Posso dire che Tiziana era molto diversa da come purtroppo è stata dipinta a causa di quei video. Mi confidò di aver ricevuto ogni genere di insulto. In molti le hanno scritto “fai schifo”, a me fanno schifo le persone che non avendo una vita passano la propria a giudicare gli altri».
F.B. R.N.

STELLA CERVASIO SU REP
re centomila pagine sul web con quel tormentone che non smetteva più: «Stai girando un video? Bravo». Persino le t-shirt con quella scritta, vendute a centinaia. La sua storia aveva fatto il giro del web, una sua ingenuità era diventata un incubo, finito in tragedia e purtroppo, questa, tutt’altro che virtuale. Tiziana aveva ormai un altro cognome, non era riconoscibile, aveva cambiato città e con la sua giovane età, 31 anni, avrebbe avuto il tempo e il modo di rifarsi una vita. Invece proprio ora che aveva vinto in tribunale una prima fase della vicenda giudiziaria che la vedeva contro i suoi “amici” che avevano diffuso via internet e sugli smartphone alcuni video hard, lei si è tolta la vita. In uno scantinato, con un foulard al collo legato a una panca multiuso da fitness, è finita la tragica vicenda gogna mediatica. La ragazza, della provincia di Napoli, figlia del gestore di un bar, aveva perso il lavoro, non poteva più mostrarsi in pubblico. In passato aveva già tentato di togliersi la vita. Quella volta gliel’avevano impedito i suoi, stavolta Tiziana ha atteso di essere sola. L’ha trovata la zia e non ha potuto far altro che chiamare i carabinieri. L’avvocata che seguiva la parte civilistica del processo è sconvolta, aveva esultato giorni fa per aver ottenuto l’accoglimento dal giudice del tribunale di Napoli Nord dell’articolo 700, la procedura d’urgenza che aveva inoltrato per i fatti accaduti tra aprile e maggio 2015. La ragazza, allora ventinovenne, si era fatta riprendere mentre faceva sesso con un coetaneo: altre quattro persone avevano inoltrato i video via smartphone, poi le immagini erano rimbalzate sul web.
Lei non si aspettava che la sua vita sarebbe stata cambiata. In poche ore i filmati erano diventati virali sul web, le scene hard erano dappertutto, viste da persone di tutte le età. Qualcuno aveva addirittura insinuato che era una vicenda orchestrata per fare della ragazza una futura diva a luci rosse. E invece Tiziana soffriva: la gente la riconosceva per strada e le rivolgeva epiteti irriguardosi oppure la scherniva. La civilista ha chiesto la cancellazione delle pagine web, che si riproducevano su social come Facebook, You Tube ma anche su siti scandalistici. Su Fb erano stati aperte pagine con il nome della giovane o con la frase che lei aveva pronunciato, per gioco o per leggerezza. Intanto la vita di Tiziana, una bella ragazza bruna con i capelli lunghi e gli occhi grandi, cambiava e la faceva piombare nell’isolamento. L’impossibilità di condurre un’esistenza normale e l’interruzione di tutti i rapporti sociali l’aveva gettata in uno stato di depressione che non le faceva desiderare altro che di essere dimenticata da tutti. Il processo è in corso, ma intanto il tribunale di Napoli Nord ha emesso in questi giorni il provvedimento d’urgenza per ottenere la cancellazione delle pagine che fanno riferimento alla vicenda, tutte quelle che parlavano anche indirettamente di Tiziana: il giudice del tribunale di Aversa, Monica Marrazzo, aveva riconosciuto la lesione del diritto alla privacy della donna, contestando al social di non aver rimosso il contenuto.
I difensori del social network californiano hanno specificato che la pagina non conteneva video. Ma il giudice ha riconosciuto che anche una parodia o un riferimento sono lesivi dell’immagine. Non si scherza.
Intorno al video erano nate irriverenti canzoni, parodie. A Facebook il giudice ha ordinato «l’immediata rimozione dalla piattaforma del social network di ogni post o pubblicazione contenente immagini (foto e/o video) o apprezzamenti riferiti specificamente alla persona». E ora, dopo questo epilogo, la vicenda cambia aspetto. Nel processo penale che si svolge in parallelo, cambiano i capi di imputazione contro un trentunenne e quattro amici che vengono ritenuti responsabili della diffusione dei video. Diventano gravissimi.
Tiziana non ha retto: il dolore per le offese e le continue invasioni della sua vita privata da parte di chiunque ha avuto la meglio. Quello che era stato niente più che un gioco si è concluso con la più tragica delle realtà.

ANTONIO A. PIEDIMONTE SULLA STAMPA
Uccisa dalla gogna del web. Tiziana Cantone aveva 31 anni: alta, bruna, con un sorriso contagioso e un fisico da fotomodella. Ieri si è tolta la vita nella casa della madre, a Mugnano, paesone alle porte di Napoli. Da oltre un anno la sua vita era diventata un inferno, da quando cioè alcune immagini hot che la riguardavano avevano cominciato a circolare sulla Rete, una diffusione incontrollabile che era arrivata persino sui siti porno. Un meccanismo infernale con video e sfottò che si moltiplicavano, condivisioni sui telefonini, parodie, addirittura magliette. Lei in quei video era chiaramente riconoscibile e persino identificabile (con nome e cognome), così alla vergogna si erano aggiunti umiliazioni e insulti dei sempre troppo numerosi webeti.
Una tortura quotidiana contro la quale Tiziana si era coraggiosamente ribellata cambiando identità e ingaggiando anche una battaglia legale per vedersi riconosciuto il diritto all’oblio. E proprio di recente il suo avvocato, Roberta Foglia Manzillo, aveva ottenuto dal tribunale di Napoli Nord un provvedimento d’urgenza (ex articolo 700) con il quale s’intimava a un social network di rimuovere post, commenti e contenuti multimediali. Una querelle internazionale: il legale aveva citato in giudizio, oltre i diffusori dei video, diversi social, compresi i più grandi: Facebook Ireland, Yahoo Italia, Google e YouTube. E il giudice Monica Marrazzo aveva riconosciuto la lesione del diritto alla privacy della donna contestando ai network di non aver rimosso i contenuti lesivi della sua reputazione.
La risposta, almeno in un caso, fu che la pagina in questione non conteneva video, il problema è che al posto dei video c’erano sgradevoli fotomontaggi, volgari prese in giro e persino una sorta di tormentone basato su una frase che la ragazza aveva rivolto a chi la stava riprendendo: «Hai fatto un video, bravo». E tutto per colpa di quelle riprese amatoriali che lei, ingenuamente, aveva prima consentito e poi condiviso con cinque amici che considerava fidati. Evidentemente almeno uno di loro non lo era: in pochissimo tempo le immagini hot erano finite praticamente ovunque. Alla fine le pagine dei social erano state rimosse, ma questo non era bastato né a fermare il supplizio mediatico né a darle una qualche consolazione. La ferita restava aperta e in tanti continuavano a tormentarla. Così come non era servito a nulla allontanarsi dal suo lavoro e anche dalla sua terra: per un periodo era andata a vivere in un’altra regione. Ma quell’involontaria quanto sgradita popolarità la inseguiva come uno stalker. Suo malgrado era diventata una star della Rete, al punto da essere riconosciuta per strada, dove c’era sempre qualcuno pronto a deriderla, a umiliarla, aggravando quella depressione che ormai non la lasciava mai. Aveva già tentato di farla finita. Poi ieri, lo stillicidio è finito, nel peggiore dei modi. Tiziana si è impiccata con un foulard nella cantina della casa materna.

NAPOLI FANPAGE
Ora che il peggio è accaduto e che il ‘revenge porn’ – così si chiama la categoria dei video hard messi sul web a mo’ di scherno o di vendetta contro l’ex partner – ha raggiunto il massimo dell’orrore, ovvero la morte della protagonista, ora che il nome di Tiziana Cantone non è più solo associato a quei video che dovevano restare nell’intimità di chi li aveva girati e non finire su internet, ma a una storia di morte che dovrà avere prima o poi dei responsabili, è giusto ricapitolare una vicenda che dal mese di aprile del 2015 ha passeggiato nel sottobosco più cupo del web, volando "veloce di bocca in bocca" senza controllo né tutela alcuna della privacy della protagonista.

Tiziana, trasformata in vittima, sepolta da pagine Facebook da titoli Seo, perfino da vendita di t-shirt, tazze e chi più ne ha, ne metta. Non ultimo come aspetto, vittima di quel fenomeno medicatico definito come "effetto Streisand" che scatta nel momento in cui si cerca di rimuovere una informazione, una foto o un video dal web quando ancora è altissimo il volume di ricerca producendo invece l’effetto opposto, ovvero un proliferare di copie del video o del testo che si sarebbe voluto far sparire per sempre.
La storia dei 6 video di Tiziana Cantone

Classe 1983, diplomata al liceo classico, di buona famiglia, residente in un comune dell’hinterland Nord di Napoli, Tiziana Cantone nell’aprile 2015 «volontariamente e in piena coscienza» (i virgolettati sono presi dagli atti giudiziari che costituiscono la denuncia contro l’illecita diffusione dei video) fu ripresa in 6 video in cui faceva sesso con uomini. In alcuni con un singolo, risultato poi essere un napoletano, in altri con due uomini. I video sono stati inviati a due fratelli residenti in Romagna, a un utente di Facebook di cui è noto soltanto il "nickname" e a un altro uomo. È il 25 aprile 2015 quando su un portale hard viene caricato uno dei video. Passano tre giorni ed ecco gli altri. Il web, letteralmente, impazzisce: i video vengono condivisi via Whatsapp poiché i social network non consentono la pubblicazione di materiale hard ‘in chiaro’. Ma complice un morboso tam tam il nome della donna, la sua storia personale, le sue amicizie, i suoi amori presenti e passati, vengono resi noti alla velocità della luce. Qualche sito internet pubblica anche i particolari più intimi della giovane, rendendola riconoscibilissima ad amici e parenti. In particolare nel mirino finisce la frase pronunciata durante le effusioni "Stai facendo un video? Bravo" che diventa un ‘meme’. Impossibile fermare un processo del genere, con migliaia di immagini prodotte che viaggiano sui social newtork. Per Tiziana Cantone è l’inizio della fine.
Le denunce di Tiziana Cantone contro i diffusori dei video hard

La giovane di Mugnano nella denuncia affidata all’avvocato Fabio Foglia Manzillo, mette nero su bianco una situazione drammatica: ha tentato il suicidio per coprire l’onta della vergogna rispetto a filmati che sarebbero dovuti rimanere nella sfera intima e privata e invece sono stati gettati in pasto al web. «È depressa e ha istinti suicidi», ha «tentato di buttarsi giù dal balcone». E ancora: «Piange continuamente, soffre di attacchi di panico, non può più uscire liberamente di casa». Il tribunale di Napoli Nord dapprima mette nel mirino i materiale diffusori dei video, poi di recente si è occupato di imporre ai grandi gestori, Facebook (per le pagine web col suo nome e cognome e foto); Google (per i numerosissimi siti e articoli); Youtube (per ovviamente i video col suo nome e parti dei filmati hard) la cancellazione. Ma i tempi della giustizia sono troppo lenti rispetto all’esponenziale riprodursi, virale, appunto, di immagini e video. Così Tiziana Cantone ha deciso di farla finita per davvero, impiccandosi in casa sua. Aveva tentato di rifarsi una vita, addirittura aveva ottenuto il via libera dal Tribunale per cambiare nome. Ma la vergogna è stata impossibile da cancellare.

Ora resta da capire come si muoverà il Tribunale: è possibile – ma qusesta al momento è soltanto una pura ipotesi – che venga aperta una inchiesta per induzione al suicidio e che vengano coinvolti coloro che materialmente resero noti i filmati in un eccesso violentissimo di spacconeria e prepotenza costata la vita a una ragazza di 31 anni.

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