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 2016  settembre 13 Martedì calendario

SALTA IL BUSINESS DELLE CREMAZIONI. E INGUAIA SAVONA

Un tempio funebre a forma di nave romana. Capovolta”. Disse proprio così l’architetto. Poi un laghetto e un forno capace di cremare fino a 2.200 salme in un anno. Ma c’è un piccolo dettaglio: a Savona – per fortuna, verrebbe da dire – oggi manca la materia prima. Cioè i defunti, che negli ultimi anni sono calati vistosamente. Un brutto guaio per il Comune che, come altre amministrazioni impegnate a tappare le falle di bilancio, aveva puntato sul business del caro estinto per fare cassa. Defunti savonesi, ma anche “importati” da altre città. Nei “business plan” dovevano arrivare da tutta la provincia. E anche oltre. Una specie di turismo funebre.
Era davvero un progetto faraonico quello che la giunta di centrosinistra del sindaco Federico Berruti ha approvato un anno fa. Un monumento destinato a lasciare un segno nella memoria, roba da far impallidire il mausoleo di Silvio Berlusconi ad Arcore. Ma poi le elezioni sono andate in modo imprevisto: il centrosinistra ha perso. E così la nuova giunta di centrodestra guidata dall’ex avvocata, scrittrice e modella Ilaria Caprioglio si è trovata in eredità una bella gatta da pelare: il progetto da 2,5 milioni di euro. Che rischia di affondare definitivamente i conti già molto disastrati del Comune. Perché la delibera per realizzare l’impianto è già stata approvata. E poi qualcuno in città ci contava molto su quei due milioni e mezzo che dovevano arrivare dalle banche. Tutto era cominciato quando l’architetto Sergio Chizzola aveva presentato il suo progetto. Non proprio di basso profilo.
Qualcuno subito aveva fatto notare che quella struttura forse non serviva: Savona si sarebbe trovata ad avere quattro forni – due vecchi e due nuovi – che insieme avrebbero potuto cremare quasi quattromila salme: il picco era stato di 1.561. Niente da fare, la delibera era andata via dritta come un treno. Ma poi ecco un documento del settore Servizi Demografici del Comune che rivela come i defunti cremati siano calati. E parecchio. Nel 2013 sono scesi a 803 di cui 284 non residenti. Nel 2014 addirittura si arriva a 724 (appena 178 in arrivo da altri comuni). Un bel guaio per la nave capovolta.
Ma anche per le casse del Comune che – attraverso la municipalizzata Ata – incassa 460 euro per ogni salma. “Un progetto megagalattico completamente inutile – attacca Manuel Meles, consigliere comunale 5 Stelle – che non risponde ad alcun criterio di rispetto della funzione funebre, di economicità e di logica. Ma di aspetti folli nella municipalizzata Ata ce ne sono molti altri. È un’azienda in cui il direttore generale è stato per anni contemporaneamente dirigente del Comune di Savona nella cui veste assegnava affidamenti diretti all’azienda. Nel cda ci sono candidati non eletti del Pd e segretari Udc. Ora con il cambio della maggioranza nel personale assunto a noi risultano anche candidati non eletti di centrodestra”.
Nella Sala Rossa del municipio così il forno è tornato a infiammare la politica. Ma i savonesi, tra un sorriso e un gesto scaramantico, ne parlano anche per strada, nei bar che si affacciano su piazza Sisto: “Un impianto capace di cremare quattromila salme? Neanche se ci fosse un’epidemia di peste bubbonica”, ironizza qualcuno guardando il municipio dall’altra parte della piazza. Intanto pochi giorni fa le banche hanno fatto sapere che a mollare i soldi per finanziare il tempio non ci pensano nemmeno. Insomma, il Comune dovrà provare a fare macchina indietro, per non doverci mettere lui due milioni e mezzo (che non ha). Dove si prenderebbero adesso i denari che dovevano arrivare dalle banche e dal business del caro estinto? Per dirla con Giovanna Trucco, professoressa in pensione di 78 anni: “Se non ci sbrighiamo a morire – e a far venire a Savona tanti defunti – rischiamo che ci aumentino l’Imu per mettere a posto i conti”.
di Ferruccio Sansa, il Fatto Quotidiano 13/9/2016