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 2016  settembre 13 Martedì calendario

BATTERI PER SETTE

Paul G. Falkowski, oceanografo e biofisico della Rutgers University in New Jersey, ha scritto un libro dal titolo I motori della vita (Bollati Boringhieri) in cui spiega come i microbi hanno reso la terra abitabile (Telmo Pievani, La Lettura).

Tutta la vita sul nostro pianeta discende da un comune progenitore microbico, vissuto almeno 3,75 miliardi di anni fa. Quindi per l’85% della sua durata l’evoluzione biologica sulla Terra ha visto soltanto microbi (ibidem).


I microbi, animalculi osservati da Antoni van Leeuwenhoek nella seconda metà del Seicento, minuscoli esseri unicellulari auto-replicanti che si scambiano i geni tra loro e sanno vivere ovunque, anche nelle condizioni più estreme (ibidem).

Gran parte della biodiversità terrestre attuale è costituita da batteri (ibidem).

Intorno a 2,4 miliardi di anni fa, i cianobatteri impararono a convertire l’energia solare in composti organici (le piante terrestri lo fanno «soltanto» da 450 milioni di anni). Attraverso la fotosintesi ossigenica, energia luminosa venne usata per scindere l’acqua, ricavando idrogeno e assorbendo anidride carbonica per produrre materia organica, rilasciando come scarto l’ossigeno. Come effetto collaterale contingente, in atmosfera cominciò a diffondersi un gas prima assente, assai reattivo, che favorisce la combustione. Per noi ossigeno significa vita, ma non fu sempre così.
L’evento innescò una rivoluzione: il Grande Evento Ossidativo. In centinaia di milioni di anni l’atmosfera si riempì di ossigeno, fino a quel 21% che è stabile (per nostra fortuna) da 800 mila anni almeno. Si formò la fascia di ozono che ci protegge dai raggi ultravioletti. Il pianeta subì un raffreddamento drammatico, a causa della riduzione del metano atmosferico, trasformandosi in una grande palla di neve. Le forme di vita che fino ad allora avevano proliferato in condizioni anossiche furono spazzate via, perché per molte di loro l’ossigeno era un veleno, e i pochi sopravvissuti furono relegati in nicchie marginali (oggi li troviamo, per esempio, nell’intestino dei ruminanti). Invece altri microbi, e poi gli animali, tutto quell’ossigeno impararono a respirarlo, rilasciando come scarto acqua e anidride carbonica che viene riassorbita da fitoplancton e piante. In questo grande intreccio di cicli di regolazione biogeochimici, i microbi che sopravvissero alle oscillazioni climatiche e poi il fitoplancton crearono le condizioni che oggi ci mantengono in vita: hanno reso la Terra abitabile per noi (ibidem).





Senza i batteri noi non saremmo qui anche per un secondo motivo: le prime cellule eucariotiche nacquero da associazioni simbiotiche tra microbi, circa due miliardi di anni fa. Alcuni batteri furono inglobati da altri batteri, per endosimbiosi, formando cellule più complesse dotate di nucleo e organelli interni. In particolare mitocondri e cloroplasti, i generatori di energia delle cellule animali e vegetali, sono ex batteri ingeriti e mantenuti come simbionti, tanto che conservano il loro Dna originale. Fu un primo esempio di cooperazione tra cellule che poi avrà successo e si ripeterà nell’evoluzione dando origine prima a colonie pluricellulari e poi, 600 milioni di anni fa (quando le concentrazioni di ossigeno raggiunsero livelli sufficienti), ad assemblaggi organizzati di cellule eucariotiche diversificate, cioè gli animali come noi (ibidem).

Portiamo miliardi di batteri sulla pelle e in bocca. Il nostro intestino contiene uno zoo di batteri, acquisito dopo la nascita e unico per ciascun individuo. Alcuni ci fanno vivere, altri ci infettano e ci fanno ammalare, altri ancora iniziano innocui, ma poi diventano patogeni (ibidem).

I batteri possono essere considerati organismi «sociali», perché vivono sempre in affollati consorzi metabolici in cui gli uni utilizzano gli elementi di scarto degli altri (ibidem).

Senza i batteri noi non potremmo esistere; al contrario loro non hanno alcun bisogno di noi (ibidem).

I batteri eliminano le sostanze di scarto prodotte dalle attività umane (ibidem).

Alcuni biotecnologi progettano di fabbricare nei prossimi anni i primi microbi sintetici, dotati di un genoma minimo sintetizzato in laboratorio e opportunamente potenziato per svolgere compiti a noi utili. Falkowski è critico verso questi suoi colleghi che definisce «maneggioni», perché ritiene che stiano alterando sistemi che ancora non conosciamo abbastanza: è troppo alto il rischio che un batterio sintetico evolva e sfugga al controllo del suo creatore. Ce lo insegnano tre miliardi di anni di storia dei microbi (ibidem).

I batteri sono microscopici organismi unicellulari che si riproducono semplicemente dividendosi in due, poi in quattro, poi in otto ecc.


Nel 1972 il microbiologo Thomas Luckey stimò che, nel corpo umano, il numero di batteri superasse di dieci volte quello delle cellule. Secondo i calcoli di Ron Milo e Ron Sender del Weizmann Institute of Science di Rehovot (Israele) e di Shai Fuchs dell’Hospital for Sick Children di Toronto (Canada), il rapporto tra cellule e batteri è più probabilmente di 1:1, ossia tanti batteri quante sono le cellule. In un uomo medio (20-30 anni di età, 1,70 m di altezza per 70 kg di peso), ci sono circa 30 trilioni di cellule e 39 trilioni di batteri (un trilione equivale a mille miliardi). Ma poiché la maggior parte dei batteri dimora nel tratto intestinale, «ogni defecazione può capovolgere il rapporto in favore delle cellule».

«Prendiamo il Signor Mario Rossi, nudo in piedi di fronte a noi. Ora rimuoviamo tutte, proprio tutte, le cellule del suo corpo, ma lasciamo intatto l’universo di microrganismi che popolano il suo corpo. Ebbene, avremmo ancora di fronte una brulicante ma nettissima scultura del Signor Mario Rossi» (Massimo Piattelli Palmarini, Cds).
Nell’intestino ospitiamo batteri per un chilo e trecento grammi circa.

I giapponesi hanno un batterio — assente nell’intestino degli occidentali — che consente loro di digerire le alghe.

In Cina, fin dal quarto secolo dopo Cristo i ricchi si facevano servire una certa zuppa gialla di selezionatissimi batteri fecali.

Molti di questi microrganismi che vivono nell’uomo sono nostri amici. Tanto che dopo una cura antibiotica il medico tende a prescrivere terapie per ripristinare la flora batterica.

Nel solo sistema digerente ospitiamo un chilo di microbi, offrendo alloggio in cambio di operosità nel digerire i cibi, estrarre energia dagli alimenti, assemblare vitamine, proteine e difenderci dai microbi pericolosi.

Oltre 1000 specie di batteri colonizzano il nostro organismo.
Si stima che accanto a noi - e dentro di noi - vivano qualcosa come 5 milioni di trilioni di trilioni di microbi. Solo una minima parte è pericolosa per la nostra salute. La stragrande maggioranza di questo zoo invisibile, piuttosto, rende la vita possibile lavorando per produrre energia, creare ossigeno, ripulire l´atmosfera dall´anidride carbonica e farci digerire gli alimenti.

Ogni centimetro di pelle delle ascelle ospita mezzo milione di stafilococchi, che arrivano anche a 4 milioni sulla pelle del viso più grassa, in cui si formano i foruncoli.


Ogni persona ferma in una stanza lascia dietro di sé circa 37 milioni di batteri l’ora (Ricerca Università di Yale, Connecticut)

Sull’avambraccio di una persona vivono in media 44 specie di batteri, dietro l’orecchio 15.

Su ogni mano vivono circa 182 specie di batteri, con milioni di esemplari ciascuna. A contarli sono stati alcuni ricercatori della New York University, che hanno pubblicato i risultati del loro studio su Proceedings of the National Academy of Sciences. Delle 182 specie di batteri censite dagli scienziati, quasi una su 10 non era mai stata osservata prima. Erano del tutto assenti quelli pericolosi, come lo Staphylococcus aureus. Tra uomini e donne la popolazione di microrganismi varia per via del diverso ph della pelle, ma anche gli individui dello stesso sesso condividono solo una specie su 4. E non più di 6 specie di batteri sono risultate comuni a tutti.

Mani analizzate in Inghilterra: il 44% presentava sulla superficie batteri fecali.


Nella bocca degli esseri umani ci sono almeno 600 diversi tipi di batteri. Lo ha stabilito uno studio realizzato da ricercatori del Forsyth Institute di Boston e del Kings College di Londra.

Uno studio della Netherlands Organisation for Applied Scientific Research nei Paesi Bassi, pubblicato sulla rivista Open access microbioma , dice che un bacio alla francese di circa 10 secondi è sufficiente per erditare dal partner all’incirca 80 milioni di batteri. Secondo gli esperti questo scambio aumenta le difese immunitarie. Un altro studio guidato da Graham Rook, immunologo allo University College di Londra, consiglia di raccogliere il cibo che ci cade per terra, di baciare spesso genitori e parenti e di vivere con un cane.

Avere un cane in casa riduce il rischio, per i bambini che ci abitano, di sviluppare allergie. Lo afferma uno studio tedesco. La scoperta, pubblicata sull’European Respiratory Journal, dà peso alla teoria per cui crescere con un animale domestico rende il sistema immunitario meno sensibile a possibili agenti che scatenano asma, eczema e raffreddore allergico. Gli scienziati ipotizzano che i bimbi possano trarre benefici dall’esposizione ai germi contenuti nella pelliccia.


La saliva contiene acido ascorbico, essenziale per il processo di conversione chimica che dà luogo all’ossido nitrico. L’ossido nitrico è un micidiale assassino di microbi. Ecco perché, sia homo sapiens che gli altri animali si leccano sempre il punto dove sono stati feriti (scoperta di Nigel Benjamin, coordinatore di una ricerca dell’ospedale Saint Bartholomew di Londra, poi pubblicata sulla rivista "Lancet").



Per ogni centinaio di parole che pronunciamo, in particolare le consonanti esplosive, come ”t” o ”p”, immettiamo nell’aria 250 goccioline, il 40 per cento delle quali contiene una o più batteri, in genere del tipo Streptococcus o Staphylococcus. Un solo colpo di tosse vale 2000 parole. Uno sternuto, con un’accelerazione di 400 metri al secondo, genera fino a un milione di gocce, la maggior parte delle quali infette, caricando l’aria con tanti batteri quanti sarebbero dispersi pronunciando 400 mila parole (l’equivalente di Guerra e pace, tempo di lettura ad alta voce 55 ore).


Philip Terno, microbiologo del Centro medico della New York City: «La bocca dei cani e quella degli esseri umani contengono la stessa quantità di batteri che si trova nelle feci».

La colpa della puzza dei piedi è dei batteri del genere Brevibacterium: si nutrono delle cellule morte della pelle, del grasso e dello sporco che si formano tra le dita dei piedi, producendo metantiolo, principale responsabile dei piedi maleodoranti. Il Brevibacterium è anche quello che, fermentando, origina il formaggio olandese limburger.

Altri responsabili della puzza dei piedi: i Propionibacteria, che producono acido propionico (dall’odore simile all’aceto) e lo Staphylococcus epidermidis, che emana acido isovalerico.

Uno studio realizzato dalla società Microban Europe ha dimostrato che in un centimetro quadrato di pulsante per chiamare l’ascensore ci sono ben 313 colonie di batteri, contro le 8 trovate sulle tavolette dei WC pubblici.

Richard Hastings, microbiologo della società BioCote che produce disinfettanti, ha effettuato una serie di test batteriologici in alcuni bancomat e wc pubblici in giro per l’Inghilterra. Dall’analisi dei tamponi prelevati è emerso che il contenuto di batteri è lo stesso. Ad esempio, i batteri pseudomonas o bacillus si possono ritrovare su entrambe le superfici, con altissimi rischi di sviluppare ad esempio infezioni diarroiche.

La spugna per i piatti è un covo per germi e batteri e lavarla non basta. Secondo una ricerca dell’Università della Florida bisogna metterla - rigorosamente bagnata - due minuti nel forno a microonde per rendere innocuo il 99 per cento di batteri, virus, spore e parassiti.

Sulle tastiere dei computer sono annidati germi in quantità 400 volte superiore a quelle di un water del posto di lavoro. Lo dice uno studio di un gruppo di ricercatori dell’università dell’Arizona, coordinate dal professor Charles Gerba. Gli scienziati, analizzando più di un centinaio di uffici tra New York, Los Angeles, Washington e San Francisco, hanno dimostrato che cocchi e bacilli sguazzano soprattutto nelle tastiere delle donne: lì il numero di batteri è tre o quattro volte più alto rispetto alle scrivanie degli uomini. Motivo: trucchi, cosmetici e le briciole che si insinuano nella tastiera (prova del fatto che sgranocchiare cibi e snack sul posto di lavoro sarebbe un’attitudine soprattutto femminile). Anche le borsette non brillano per igiene, specie se contengono il cellulare e il beauty per il trucco. Quanto ai maschi, il paradiso per la proliferazione dei germi è risultato il portafoglio.

Charles Gerba dell’Università dell’Arizona è giunto alla conclusione che negli uffici americani le toilette sono più pulite delle scrivanie. Secondo lo studioso, le postazioni andrebbero disinfettate regolarmente, visto che contengono in media 400 volte il numero di germi presenti sui sedili dei water: 20.961 germi per metro quadro nei bagni, contro i circa 10 milioni sulle scrivanie.

Batteri per pollice quadrato presenti su qualunque scrivania (un pollice = 2,54 centimetri): vicino al telefono 25.127; vicino alla tastiera del computer 3.295; vicino al mouse 1.676; vicino al fax 301; vicino alla fotocopiatrice 69; sparsi sulla scrivania 20.961 (Charles Gerba, docente di microbiologia all’Università dell’Arizona).


Nel 1906 August von Wasserman riesce individuare il treponema pallidum, batterio responsabile della sifilide. L’avevano portato in Francia da Haiti gli uomini di Cristoforo Colombo.
È compito dei batteri dissolvere piante e animali (uomo incluso) dopo la loro morte. Alcuni, come i batteri Firmicutes o i Proteobacteria sono noti per intervenire nei processi di putrefazione. Ma molti altri, secondo i biologi, devono ancora essere scoperti.

Non ci sono solo le impronte digitali a testimonianza di un avvenuto misfatto: tecniche di investigazione sempre più avanzate puntano a riconoscere ladri e killer dalla caratteristica flora batterica che ogni essere umano si porta appresso. Una traccia unica e irripetibile, paragonabile a una vera e propria "impronta" identificativa, dalla quale si può scoprire anche se un cadavere è stato spostato, da quanto tempo la vittima è morta e quante persone avesse accanto al momento del decesso.

Ricercatori dell’Università di Stanford hanno prodotto una batteria che genera elettricità grazie al lavoro di "digestione" di alcuni batteri nutriti a scarti animali e vegetali. Un secondo esperimento dello stesso centro di ricerca lavora alla produzione di gas metano rinnovabile, che non intacchi le riserve di gas naturale, nutrendo colonie batteriche con l’anidride carbonica raccolta dall’atmosfera. Gli scienziati della Penn State University stanno lavorando a pile a combustione microbiologica, che generino corrente grazie a batteri che lavorano su scarti organici. Alla Columbia University, un piccolo motore a batteri ha messo in moto un prototipo di automobilina.

I ricercatori della Delft University of Technology (Olanda) stanno lavorando a un nuovo tipo di bio-asfalto contenente capsule di batteri che, a contatto con l’acqua, producano calcare, riempiendo così eventuali fratture formatesi sulla superficie. L’idea è venuta osservando il comportamento di alcuni batteri super resistenti, naturalmente presenti nei laghi alcalini vulcanici che, a contatto con l’acqua, producono calcare.


I miliardi di microbi che colonizzano il nostro corpo dalla nascita hanno assunto la denominazione di microbiota.

In alcune eleganti cliniche inglesi le mamme di taglio cesareo fanno prelevare il microbiota con un tampone vaginale prima dell’operazione e poi lo fanno strofinare sulla bocca, gli occhi e le manine del neonato per garantirgli lo stesso patrimonio batterico che avrebbe nascendo naturalmente ed evitargli quello dell’ostetrica.


Gli squilibri microbici possono influenzare il metabolismo (e quindi lo sviluppo di patologie come il diabete, le malattie cardiovascolari e l’obesità): lo dimostra il dimagrimento di topi obesi nei quali sono state trapiantate le colonie batteriche di topi assai più magri.


Charles P. Gerba dell’Università dell’Arizona ha misurato il contenuto batterico di diversi locali in varie case. Il posto più sporco di tutti è risultato il lavello della cucina.
Milioni di microbi si diffondono nell’aria azionando lo sciacquone con la tavoletta del water sollevata.
Le case più pulite sono anche quelle in cui si hanno più chance di sviluppare allergie.

Mark Spiegelman, un chirurgo della Hebrew University di Gerusalemme, nota che la presenza maggiore di batteri si registra nei paesi in cui più largo è l’uso dei disinfettanti. Invece di combattere i microbi cattivi, bisognerebbe favorire la proliferazione di quelli buoni. E ai suoi colleghi Spiegelman suggerisce, prima di un intervento chirurgico, di immergere le mani in una soluzione piena di "microbi buoni": lo yogurt.


Alberto Mantovani, uno dei più celebri immunologi italiani: «Per molto tempo si è pensato che l’asma bronchiale fosse legata all’inquinamento ambientale, in realtà gli ultimi esperimenti hanno falsificato l’ipotesi. Emerge, invece, la spiegazione dell’eccessivo igiene. I bambini che crescono in campagna, a contatto con gli animali, hanno meno probabilità di sviluppare la malattia rispetto a chi vive in città. E’ la prova formale che i primi vengono a contatto con i batteri presenti nelle stalle e che il loro sistema immunitario attiva delle risposte specifiche, chiamate in gergo di tipo 1, capaci di frenare le risposte allergiche». «Dobbiamo pensare al sistema immunitario come a un sistema sempre “a bilancia”. Deve affrontare nemici molto diversi, dal batterio della tubercolosi al verme intestinale, ma, quando non è stato educato a “vedere” i batteri, come accade ai bambini di città o a chi è trattato con antibiotici alla prima linea di febbre, mancano i freni alle risposte di tipo 2, quelle che servono a difenderci dai parassiti. Così si attivano le risposte anche contro i pollini o gli acari, scatenando le allergie».

I batteri riescono a popolare il pianeta per intero, dai vulcani sottomarini con temperature di 120 gradi fino ai ghiacci dell’Antartide e agli abissi degli oceani dove non arriva neanche un raggio di luce.

Thermus aquaticus: supermicrobo che vive anche nell’acqua bollente. Bacillus infernus: gruppo di batteri che vive anche a 250° di temperatura nei pozzi di petrolio della Virginia.

La «perla sulfurea» Thiomargarita namibiensis, il più grande batterio noto. Vive sui fondali melmosi al largo delle coste namibiane e ha all’incirca le dimensioni di un punto di sospensione.

I batteri compongono il 60% della materia dotata di vita del nostro pianeta.


L’albero della vita, composto da tre rami maggiori, di cui due, Eubacteria e Archaea, sono composti solamente di microrganismi. Anche nel terzo ramo, quello degli eucarioti, di cui la specie umana è una minuscola e recente propaggine, sono presenti molti organismi unicellulari.



I batteri, respirando, rimuovono anidride carbonica dall’atmosfera e vi immettono circa la metà dell’ossigeno che respiriamo. Sono in grado di liberare gli oceani dal 90% di un potente gas serra come il metano. E nel suolo decompongono la materia organica trasformandola in nutrimento per le piante.


Di giorno in giorno si sta scoprendo quanto sia importante il loro ruolo nell’assorbire sostanze nutritive (e di conseguenza nel regolare il peso corporeo), nell’attivare il sistema immunitario (e quindi nel tenere a bada malattie come asma o diabete) e perfino nel regolare l’equilibrio di alcuni neurotrasmettitori. Dalla salute e della ricchezza dei batteri dell’intestino dipenderebbe anche il rischio di incappare in alcune malattie psichiatriche.

Gli animali con i batteri Helicobacter più simili ai nostri H. pylori sono i grandi felini, come ghepardi, leoni e tigri. Si stima che l’antenato dell’Helicobacter migrò dagli uomini ai grossi felini circa duecentomila anni fa, quando la nostra specie era ancora insediata nelle savane dell’Africa.

Tradizionalmente abbiamo associato i batteri alle malattie infettive, il che non è certo falso, ma sempre più ci rendiamo conto che la nostra salute dipende in modo essenziale dalla pacifica coabitazione con questo universo di microrganismi. Infatti, con raffinate e costose tecniche, in alcuni laboratori, si ottengono topi completamente privi di ogni microbiota, il che permette di somministrare loro selettivamente in tempi diversi solo popolazioni prescelte di microrganismi. Ebbene, tali artificiali «purissime» creature hanno esistenza molto precaria. In altre parole, coesistere con il nostro personale microbioma è un grande vantaggio, anzi, una necessità.

Pochi giorni di cambiamento di dieta, per esempio da carnivora a vegetariana, bastano a sovvertire la popolazione batterica intestinale. Trapianti ben mirati di microbioma si stanno rivelando molto efficaci nel trattamento di svariati tipi di affezioni, sia nel topo che negli esseri umani.

I superbugs: superbatteri resistenti agli antibiotici tradizionali.

Dopo 85 anni gli antibiotici sono sempre meno efficaci.
A metterci in guardia sui limiti degli antibiotici fu proprio lo scopritore della penicillina, il biologo Alexander Fleming, che ritirando il Nobel disse: «non è difficile creare microbi resistenti in laboratorio, è sufficiente esporli a concentrazioni di antibiotico insufficienti a ucciderli... L’uomo può facilmente sottodosare il farmaco facilitando il fenomeno della resistenza». La previsione di Fleming era corretta. Più gli antibiotici sono diventati accessibili e il loro uso è aumentato, più i batteri hanno sviluppato sempre più rapidamente le difese: in totale oggi sono 18 i batteri che rappresentano una seria minaccia.

Solo in Europa sono 25mila i morti a causa di infezioni ospedaliere resistenti. L’Oms stima che il costo totale del trattamento di tutte le infezioni resistenti agli antibiotici in ospedale è di circa 10 miliardi di dollari all’anno.
Negli Usa l’80% degli antibiotici venduti vengono usati in agricoltura, per ingrassare animali e proteggerli dalle malattie. E lo stesso vale per la frutta.

Nel Regno Unito potrebbero morire fino a 80 mila persone per la diffusione di una nuova generazione di batteri super resistenti agli antibiotici: più o meno tanti morti quanti se ne contarono a Londra per la «Grande peste» del 1665. Il rapporto britannico è allarmante, ma l’allerta è ormai mondiale. I super batteri colpiscono soprattutto negli ospedali, dove per questa causa nel 2014 sono morte in Europa oltre 140 mila persone (tre milioni gli infettati). Con prospettive non rosee visto che da oltre 30 anni non si scoprono nuovi antibiotici. I batteri trasformatisi in killer imbattibili sono comuni, come l’Escherichia Coli. L’abuso degli antibiotici e la loro non corretta assunzione ha rafforzato e incattivito i batteri. E l’Italia? Più a rischio di altri perché, in Europa, nell’uso scorretto degli antibiotici battiamo tutti.

I popoli dell’Africa o del Sud America che vivono soprattutto di agricoltura, in condizioni igieniche precarie e con una dieta ricca di fibre e quasi priva di carni, sono più esposti a infezioni potenzialmente mortali, hanno aspettative di vita più brevi, ma sono anche assai meno soggetti alle allergie e, soprattutto, alle malattie del sistema immunitario che, invece, nell’Occidente «sterilizzato» colpiscono ormai almeno 50 milioni di persone. Il giornalista scientifico Moises Velasquez-Manoff ha dedicato un intero saggio, An Epidemic of Absence (Scribner), allo studio di questo fenomeno arrivando alla conclusione che le malattie autoimmuni e le altre con componenti allergiche (dal lupus all’asma, fino al morbo di Crohn) colpiscono ormai un americano su cinque: percentuali mai viste prima.
Fenomeni legati all’uso, e spesso all’abuso, di antibiotici: quelli prescritti dai medici per combattere qualche patologia (ogni ragazzo americano riceve 20 cicli di antibiotici tra i 10 e i 18 anni) e quelli assorbiti consumando carne trattata con antibiotici dall’industria della trasformazione. Antibiotici che negli Usa spesso sono presenti perfino nell’acqua potabile.

Gli ospedali inglesi hanno vietato ai medici di portare le cravatte. Motivo: raramente vengono lavate e dunque portano in giro microbi da un paziente all’altro. Tutto partì dalle analisi a 42 cravatte fatte da un giovane medico: sulla metà di esse si annidava una grande quantità di batteri, tra cui il letale Stafilococco aureo.

Hitler, terrorizzato dai microbi, si lavava le mani di continuo.

Michael Jackson non dava mai baci in bocca per paura dei microbi

Tra le nevrosi di Howard Huges citate da Leonardo Di Caprio (che l’ha interpretato in "The Aviator"): l’abitudine di non aprire le porte perché temeva che sulle maniglie si annidassero germi che lo avrebbero ucciso.

Gaetano Marzotto, suocero di Marta Marzotto, era ossessionato dall’igiene: se un commensale cominciava a parlare mentre veniva servito, i camerieri avevano l’ordine di fermarsi col piatto di portata sospeso a mezz’aria fino a che l’ospite non avesse richiuso la bocca. Spiegava: «Altrimenti riempie il cibo di microbi».

Il salutista Arrigo Sacchi, che beveva solo acqua minerale naturale, passò a quella gasata dopo aver letto che l’anidride carbonica ammazza i microbi.