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 2016  settembre 13 Martedì calendario

Suicidio Tiziana Cantone, 31 anni. Di Casalnuovo di Napoli, bella, alta, lunghi capelli scuri, occhi grandi, sorriso contagioso, fisico da modella

Suicidio Tiziana Cantone, 31 anni. Di Casalnuovo di Napoli, bella, alta, lunghi capelli scuri, occhi grandi, sorriso contagioso, fisico da modella. Carattere fragile, il padre se ne era andato quando era appena nata ma la mamma Maria Teresa aveva cercato di non farle mancare niente grazie al suo lavoro di dipendente del Comune di Casalnuovo. Tiziana aveva fatto il liceo classico e poi si era iscritta a giurisprudenza, senza portarla a termine. Per circa un anno, dall’estate del 2014 al settembre del 2015, aveva convissuto col quarantenne S., il suo fidanzato. Un anno e mezzo fa, non s’è capito se per far dispetto al compagno, o al contrario per assecondare le sue voglie da guardone, si era fatta riprendere durante un rapporto sessuale e aveva inviato via WhatsApp quel video a cinque uomini. Ma qualcuno da WhatsApp lo aveva caricato sui social, e da lì era finito pure sui siti porno, diventando virale. La frase che lei ripeteva all’uomo che la riprendeva («Hai fatto un video, bravo») era diventata un tormentone tra i ragazzi, e non soltanto a Napoli. In Rete c’erano centinaia di video che le facevano il verso e ancora di più erano i fotomontaggi con il suo volto tratto dai frame e accompagnato da frasi di ogni genere. Finché Tiziana aveva tenuto aperto il suo profilo Facebook — per pochissimo tempo — la pagina era stata intasata da insulti e commenti pesantissimi, poi lei era sparita ma erano nati i gruppi a suo nome. Allora Tiziana aveva cambiato cognome e s’era trasferita in Toscana da parenti, poi era tornata nel Napoletano e per sfuggire agli sguardi del suo paese era andata a vivere con la mamma a Mugnano. Ma per strada subiva ancora insulti, battute, risatine, tanto che a un’amica aveva detto: «Sono distrutta, non ce la faccio più». La ragazza aveva anche fatto ricorso per far rimuovere quel materiale ma il giudice aveva accolto il ricorso solo in parte: Le aveva dato ragione contro Facebook e due testate giornalistiche online, ordinando la cancellazione dei contenuti lesivi della reputazione della trentatreenne, e torto con riferimento a Google, Yahoo Italia e Youtube, anche perché i motori di ricerca sono soggetti a norme differenti rispetto ai social. Il giudice l’aveva pertanto condannata a pagare circa 20 mila euro di spese legali a favore delle parti contro le quali il ricorso era stato respinto. Ma le aveva anche riconosciuto il rimborso di oltre 3.600 euro, sempre di spese legali, più altri 100 euro per ogni ulteriore violazione e inosservanza del provvedimento d’urgenza. Da qualche giorno Tiziana se ne stava tappata in casa, tutto il tempo a controllare il web, a vedere cosa c’era ancora, cosa si diceva di lei. E spesso erano insulti terribili. L’altro pomeriggio andò nello scantinato di casa, legò un foulard azzurro a una macchina della piccola palestra privata, l’altro capo se lo girò attorno al collo, e si impiccò. Pomeriggio di martedì 13 settembre in una villetta a Mugnano, paesone alle porte di Napoli.