di Daniela Ranieri, il Fatto Quotidiano 12/9/2016, 12 settembre 2016
PIÙ LIBERTÀ, MENO “PRIDE”: LA SESSUALITÀ NON È UNA BANDIERA
Lo spazio tra una persona e un’altra, fosse pure quello tra Petrarca e Laura, è uno spazio tragico. Ad ogni passo c’è di che spezzarsi il cuore, lo sapeva il poeta che scelse per le sue rime e tribolazioni un’antenata del Marchese De Sade (Laura de Nives, sposata a Hugues II detto Il vecchio della famiglia De Sade; “Se Laura non fosse stata sposata, e sposata a un Sade, c’è da dubitare che Petrarca se ne sarebbe innamorato”, suggerì Sciascia). In questo teatro siamo anatomie in azione, desideranti, goffe, temerarie, folli e normali: che importanza ha il genere a cui apparteniamo? “Tutti i corpi emanano uno spirito tremendo perché da oltre 4000 anni l’uomo possiede un’anatomia che non corrisponde più alla sua natura”, scrive Bernard Noël.
Perciò: “Non esistono gli omosessuali; esistono atti omosessuali”, secondo una luminosa asserzione di Gore Vidal scelta come esergo da Luca Fontana nel pamphlet Sodoma rivisitata. Sillabario di cattivi pensieri (Aliberti compagnia editoriale, collana I fiori del male diretta da Luca Sommi), dove l’autore, con ironia, furore, ma anche sine ira ac studio, ripercorre lo stigma antico intorno all’omosessualità e tratteggia l’odierno.
Così dalla violenta normativa cattolica e da quella dei totalitarismi (l’articolo 175 con cui i nazisti mandarono alla morte gli omosessuali, ma anche le condanne di Fidel Castro contro i sodomiti che attentavano al progetto rivoluzionario), si arriva alle “tassonomie iperminuziose” dei Queer studies, campo di studi sul tema del genere che ha prodotto l’acronimo Lgbt (lesbiche, gay, bisex, trans), poi ridefinito LGBTQQ+, dove le Q stanno per “questioning”, incerto, e “queer”, bizzarro, mentre il + indica l’oltranza delle possibili auto-definizioni.
Fontana si chiede quanto questo scandaglio sia liberatorio e quanto invece imponga di fare di ogni “ghiribizzo sessuale” una proiezione identitaria, una variante di quell’“essere omosessuali” rifiutato in nome di una più sterminata possibilità di definirsi al di là dei propri gusti sessuali (e a proposito: la rinfrescante parola taste, gusto, la coniò Jermey Bentham nel 1785).
Così attraverso l’ebbrezza fredda della chat Gay Romeo e “tutta la eBay delle fantasie masturbatorie”, il pamphlet suscita un dubbio: non è che l’interdizione che imponeva nascondimento e vergogna si è trasformata oggi in un obbligo speculare, quello di farsi militanti della propria sessualità? Di rendere pubblico e politico il privatissimamente privato, sentendosi in dovere, e non più in diritto, di fare “coming out”, di dichiarare, come fosse un articolo di contrabbando o una refurtiva da far passare alla dogana, la propria sessualità? E che siamo talmente desiderosi di “sdoganare” quello che invece è incontenibile che non vediamo che i matrimoni cosiddetti gay son una supplica di accettazione sociale (come del resto i matrimoni non gay)? In quello spazio tra due corpi di per sé terribile come gli angeli di Rilke, Fontana soffia sonetti di Shakespeare e uno, duro come il diamante, di Michalangelo: nel quale l’amore è un nodo, ed è sempre casto.
di Daniela Ranieri, il Fatto Quotidiano 12/9/2016