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 2016  settembre 12 Lunedì calendario

LIBRO IN GOCCE NUMERO 118 (Kalashnikov, il fucile del popolo) Vedi Biblioteca in scheda: manca Vedi Database libro in scheda: manca L’ASCESA E IL DECLINO DELL’«AK47» – Rambo

LIBRO IN GOCCE NUMERO 118 (Kalashnikov, il fucile del popolo) Vedi Biblioteca in scheda: manca Vedi Database libro in scheda: manca L’ASCESA E IL DECLINO DELL’«AK47» – Rambo. Americano: «Quella merda di Ak? Qualsiasi viet dodicenne ne ha uno». Rambo: «Proprio così» (da Rambo II: la vendetta). Cento dollari. Kalashnikov esistenti nel mondo: 70 milioni. Costo massimo di un kalashnikov: cento dollari. Ak47. «A», cioè «automatico». «K» come il cognome dell’inventore, Michail Timofeev Kalashnikov, ingegnere, vincitore della gara per la progettazione di un nuovo fucile d’assalto destinato all’esercito sovietico. «47» è l’anno di nascita, 1947. Soldi. Eugene Stoner, inventore dell’M16, diventò milionario (in dollari) grazie alla royalty di un centesimo per fucile venduto. Kalashnikov vinse il premio Stalin, il premio Lenin e fu proclamato per due volte Eroe del Lavoro Socialista, ma tirò avanti con l’equivalente di 300 dollari al mese di pensione. Fece qualche soldo alla fine prestando il suo nome a una marca di vodka. Contadini. Kalashnikov aveva progettato l’arma in modo che i contadini analfabeti del Kazakistan o della Siberia, arruolati in fretta e furia, potessero trovarla semplice da maneggiare. Trent’anni dopo a maneggiarla erano i bambini africani. Rapper. «Correvi in battaglia portando caricatori e sassi e ti nascondevi dietro la persona che avevi davanti. Lui sparava e poi correva di nuovo avanti, e tu la seguivi. Se veniva ucciso raccoglievi il suo kalashnikov. Quando era il nostro turno ci mettevamo a sparare con i nostri Ak e altri ci correvano dietro. È così che sono andato in guerra» (il rapper sudanese Emmanuel Jal, ricordando quando, a 10 anni, era un soldato del Movimento per la Liberazione del Sudan). Bandiera. La bandiera del Frelimo, che ottenne la liberazione del Mozambico dal Portogallo nel 1975: un vomere, un libro, un kalashnikov. Islam. «L’Islam è stato diffuso con la spada. Oggi deve essere diffuso con il kalashnikov» (Abdullah Faisal). Bin Laden. «Nel 1982 gli israeliani ci hanno invasi e battuti di nuovo, hanno preso i nostri kalashnikov e li hanno messi in mostra in un parco pubblico vicino a Tel Aviv, in modo che le famiglie, passeggiando in mezzo ai kalashnikov, potessero essere certe che i terroristi erano stati sconfitti. Poi, dopo la mostra nel parco, gli israeliani diedero i kalashnikov alla Cia e la Cia li imbarcò su navi container e lì spedì in Pakistan. In Pakistan furono messi in casse caricate su muli, dopodiché i pakistani li mandarono al di là dei monti, ai mujaheddin dell’Afghanistan, per combattere contro i russi. Il primo kalashnikov che tenne in mano Bin Laden era un fucile palestinese che gli avevano dato gli americani, ai quali era stato fornito dagli israeliani» (Selim, sessantaduenne autista palestinese). Facilità. Otto parti mobili, 4 chili di peso, 650 colpi al minuto, raggio d’azione di 300 metri, si smonta in 60 secondi, canna più corta di quella di un fucile, ma più lunga di quella di una mitragliatrice, impugnatura da pistola in legno, leva per il fuoco automatico o semiautomatico, grilletto ingrandito per poter sparare con i guanti, sistema che convoglia il gas prodotto dallo sparo in modo che l’energia utile ad azionare il pistone e sparare il colpo successivo sia conservata. Pallottole contenute nel caratteristico caricatore, che si curva in avanti, posto davanti al grilletto. Tirare il grilletto delicatamente perché retrocede più di quello di altri fucili. Per smontarlo: liberare la sicura del caricatore, rimuovere il caricatore, caricare il fucile, liberare la sicura all’altezza della tacca di mira, spingere in avanti il meccanismo di caricamento, smontare i vari componenti e l’otturatore. Bulgaria. Gli americani si fanno costruire i kalashnikov in Bulgaria. Night club. Nelle fabbriche di fucili di Iževsk, adesso capitale dell’Udmurtia, non si costruiscono oggi che tremila pezzi all’anno. Nei fabbricati rimasti vuoti sono stati aperti dei night club. Giorgio Dell’Arti, Il Sole 24 Ore 12/9/2016