Vins Gallico, il Fatto Quotidiano 7/9/2016, 7 settembre 2016
IL DUELLO SORRENTINO-MORETTI, SORPASSO A DESTRA CON TANTO DI SBERLEFFO
A due fra i nostri più noti registri, Nanni Moretti e Paolo Sorrentino, sta avvenendo qualcosa di strano sul concetto di originalità. È come se il secondo stesse ripercorrendo le vie tematiche del primo, rilanciando e scombinando l’idea matrice (e ottenendone maggiore visibilità e riscontri).
Il recente annuncio dato alla Mostra del cinema di Venezia che Paolo Sorrentino, fresco di The Young Pope, l’anno prossimo inizierà a girare un film su Berlusconi e la sua cerchia s’inserisce in questa supposizione. Non bastava il papa, adesso anche si bissa anche Silvio.
Se proprio volessimo tentare una bozza di filologia tematica si potrebbero trovare dei punti di contatto anche fra il primo episodio del trittico in Caro Diario e alcuni passaggi de La Grande Bellezza: la solitudine di Moretti in Vespa fra panorami assolati e desertici in una topografia estiva di una Roma periferica si trasforma in Sorrentino in una piazza Navona elegantissima e notturna per le passeggiate di Jep Gabardella.
Anche se in quel caso chi prende spunto da chi? Moretti da Pasolini? Sorrentino da Fellini?
Va riconosciuto che con Habemus Papam Moretti ha teorizzato, anzi profetizzato che un pontefice potesse lasciare il proprio incarico. La trovata anticipa la scelta rivoluzionaria ed estremamente politica di Ratzinger. Un colpo da maestro, dunque. La finzione che brucia sul tempo la realtà.
Quelle cose che solo i grandi intellettuali…
Probabilmente Habemus Papam aveva ulteriori ambizioni, non soltanto nella ricerca introspettiva del personaggio, ma anche rispetto ai possibili riconoscimenti che poi non sono arrivati. Ma nell’ambito di una sfida ideale, se uno anticipa la realtà, l’altro allora cosa può fare di più?
Ci fa una serie, The Young Pope, dando il ruolo di sua santità a uno strafigo come Jude Law, che interpreta Pio XIII, un papa americano giovane e ambizioso. Indipendentemente dal valore delle dieci puntate di Sorrentino, è un sorpasso a destra con sberleffo. La sicumera di chi sa stare al passo con i tempi e ha la volontà di parlare un linguaggio cosmopolita rispetto a chi invece è quasi rimasto incastrato nei propri drammi personali, cittadini, nazionali, bene che vada. L’Oscar conquistato da La Grande Bellezza è la prova che una scelta semantica di Sorrentino fra il provincialismo romano e l’immaginazione che avvolge il caput mundi è di interesse molto più vasto.
Certo, si potrebbe obiettare che non si tratti neppure di una sfida a distanza, che – nonostante la vicinanza delle rispettive abitazioni, 4-5 km che a Roma sono poca cosa – non ci sia un duello frontale, e che probabilmente Moretti e Sorrentino ormai viaggino su due territori differenti.
Così come in fondo vengono da due mondi differenti: uno, il romano nato sulle montagne, l’altro il napoletano orfano da ragazzo.
E ancora di più si potrebbe obiettare dunque che il riferimento dell’annunciato film su Berlusconi per Sorrentino non sarà Il Caimano di Moretti.
Forse il regista napoletano si confronterà con se stesso. Come aveva raccontato la storia di Giulio Andreotti ne Il divo, scompigliando le scelte stilistiche del cinema italiano, insistendo sull’aspetto caricaturale, macchiettistico di una generazione di politici Dc, così in Loro (o “L’oro”), il film dedicato a Berlusconi, Sorrentino affronterà la mutazione antropologica provocata da vent’anni di berlusconismo.
La vera sfida sarà parlare di nuovo a un pubblico globale e non solo quello del nostro Paese, che in fondo ha assistito allo spettacolo-farsa di Berlusconi giorno dopo giorno.
E questa volta le riprese non saranno prodotte da Berlusconi, ovvero da Medusa, dove hanno appreso con stupore e dalla stampa la notizia di un film sul loro capo.
Ma non ci saranno grossi problemi di finanziamenti per Sorrentino, tanto alla fine si scoprirà che lui è un autarchico.
Vins Gallico, il Fatto Quotidiano 7/9/2016