Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  settembre 07 Mercoledì calendario

L’ULTIMA TENTAZIONE DI DRAGHI

Le banche centrali si sono ormai aggiudicate il ruolo di investitore numero uno nei mercati obbligazionari. E questo fa credere a molti che sia giunto il momento in cui anche i titoli azionari possano beneficiare di tale munificenza. Secondo alcuni economisti la Bce, che si riunirà domani per esprimersi sull’espansione dell’attuale programma di acquisto di bond, dovrebbe investire in titoli azionari. Motivo? Le obbligazioni da acquistare si stanno esaurendo. L’ingresso in campo della Bce nell’azionario avrebbe grandi implicazioni per i mercati europei, che quest’anno sono stati scossi da una serie di shock, dalla volatilità in Cina al referendum in Gran Bretagna sull’uscita dall’Ue. La prospettiva di un afflusso di miliardi di euro potrebbe sostenere i prezzi delle azioni, più di quanto lo shopping di bond dell’istituto di Francoforte non abbia fatto per i titoli di debito. L’effetto derivante dall’illimitato potere di stampare denaro della Bce potrebbe inoltre limitare i ribassi delle borse.
L’acquisto di azioni non sembra essere all’ordine del giorno nel breve periodo, ma la Bce non l’ha escluso e l’idea potrebbe prendere piede se continuerà a mancare il target di inflazione del 2%. Alcune banche centrali già lo fanno. La Banca nazionale svizzera (Bns) ha accumulato oltre 100 miliardi di dollari in azioni, inclusa un’importante esposizione alle blue-chip statunitensi come Apple e Coca-Cola. Se la Bce deciderà di aumentare lo stimolo, estendendo l’attuale programma sulle obbligazioni, come molti analisti si aspettano, sorgeranno nuovi interrogativi sulla reperibilità di sufficienti titoli da acquistare. La banca centrale sta già comprando 80 miliardi di euro al mese di obbligazioni societarie e del settore pubblico per ridurre i tassi di interesse in tutta la zona euro. Peraltro lunedì scorso l’Eurotower ha rivelato di detenere debito del settore pubblico per mille miliardi di euro la scorsa settimana. Con un tasso sui depositi già sotto lo zero, la speranza è che l’acquisto di bond mediante euro freschi di stampa riduca ulteriormente i tassi di interesse.
Tuttavia i responsabili della politica monetaria dovranno affrontare un vincolo pratico: la Bce si scontrerà con i limiti autoimposti sulla quota massima di obbligazioni di un Paese che può detenere. «Il motivo evidente per cui la Bce dovrebbe passare ai titoli azionari è che sta finendo la scorta di titoli di Stato tedeschi acquistabili», ha sottolineato Stefan Gerlach, capo economista di Bsi Bank ed ex vice governatore della Banca centrale d’Irlanda. «L’idea di base è che la banca centrale possa inserire sostanzialmente qualsiasi cosa sul proprio bilancio e non vi è alcun motivo di fare i puritani al riguardo». Fino alla crisi finanziaria, crescita economica e inflazione erano governate per lo più modificando i tassi a breve termine, che a loro volta influenzavano le scadenze più lunghe. Quando i tassi si sono avvicinati allo zero, le banche centrali di Stati Uniti, Regno Unito, Giappone e zona euro si sono rivolte all’acquisto di bond per ridurre i tassi di interesse a lungo termine. Probabilmente l’acquisto di azioni avrebbe restituito parte degli stessi effetti in termini di incoraggiamento dei consumi e degli investimenti mediante una maggiore ricchezza delle famiglie e la riduzione del costo del capitale.
«Non vedo un motivo per non farlo», afferma Joseph Gagnon, senior fellow al Peterson Institute for International Economics. «Non mi è chiaro il perché una banca centrale non punti sempre a un portafoglio diversificato, che includa i titoli azionari». Alcuni economisti temono che con l’acquisto di soli bond pubblici e privati, le banche centrali alimenteranno bolle speculative in settori sensibili ai tassi come il mercato immobiliare. L’acquisto di azioni da parte della Bce, invece, «sarebbe giustificato: le azioni europee sono sottovalutate, mentre vi è una bolla nell’obbligazionario, che la Bce continua a pompare», ha osservato Patrick Artus, capo economista della banca d’investimento francese Natixis.
La Banca nazionale svizzera acquista titoli da oltre un decennio con lo scopo di diversificare le massicce posizioni in valuta estera. Oggi i titoli azionari rappresentano il 20% delle sue riserve. Un altro grande azionista è la Banca del Giappone (BoJ). In termini contabili, al 20 agosto deteneva 10,182 mila miliardi di yen (circa 98 miliardi di dollari) in azioni ed Etf. Il 29 luglio scorso la BoJ ha quasi raddoppiato il ritmo degli acquisti annuali di Etf a 6 mila miliardi di yen. Gli economisti sono divisi riguardo ai costi e benefici dell’operazione. Alcuni ritengono che il mercato finanziario del Sol Levante non possa più prezzare accuratamente il valore delle azioni: troppo denaro della BoJ è infatti volato in alcune aziende specifiche. Altri pensano abbia invece contribuito a sostenere i prezzi delle azioni con una contestuale produzione di effetti sulla ricchezza che hanno contribuito alla lotta alla deflazione.
Gagnon suggerisce un approccio più aggressivo, guardando al successo della Banca centrale di Hong Kong nel sostenere l’economia durante la crisi finanziaria asiatica a fine anni 90 mediante l’acquisto di circa il 10% dell’indice Hang Seng. Questo intervento ha scatenato un rally del 40% delle quotazioni azionarie nel giro di due mesi e l’indice è più che raddoppiato nel corso dei successivi 18 mesi. La Bns è titolare esclusivamente di azioni estere perché l’acquisto di asset all’estero dovrebbe indebolire il franco. I giapponesi, invece, acquistano azioni nazionali nel quadro di un programma di stimolo più tradizionale. La Banca centrale ceca compra azioni dal 2008. E anche la Banca centrale di Israele detiene titoli azionari, mentre lo statuto della Federal Reserve lo impedisce. Dato che le azioni tendono a essere più volatili delle obbligazioni, i rischi esistono.
Traduzione di Giorgia Crespi
di Brian Blackstone e Tom Fairless, MilanoFinanza 7/9/2016