Claudio Arrigoni, SportWeek 3/9/2016, 3 settembre 2016
INNAMORATA DELLA VITA. E DI UN VIAGGIO OLIMPICO
[Bebe Vio]
I numeri non dicono tutto di Bebe. C’è il suo sorriso che ti racconta la vita. Che lei sa leggere con l’entusiasmo e la bellezza dei 19 anni. Non solo, in questo caso. SportWeek ha messo insieme due mondi. Quello di una ragazza che ama lo sport ed è passata in mezzo a una malattia devastante e ai quattro arti amputati in poche settimane, quando aveva 11 anni. E quello di una persona che ha permeato il mondo di una filosofia nuova, sconvolgente e coinvolgente: il Mahatma Gandhi. Uomo che non ha cambiato solo la storia dell’India. Un oggetto lo identifica più di altri: un paio di occhiali, montatura fine e forma ovale. John Lennon ne aveva di uguali mentre scriveva Imagine, ancora oggi canzone di culto di chi vuole costruire un mondo bello. Quello che cerca di fare anche Bebe, attraverso lo sport. Lei li ha tenuti per un giorno, mentre si allenava nella palestra di Simone Vanni, a Pisa: «Un’emozione pensare a ciò che hanno saputo vedere gli occhi che vi stavano dietro». Ciò che ha raccontato indossandoli è la sua visione del mondo partendo da alcune parole e indicando piccole grandi passioni (da film a canzoni, da libri a luoghi), viaggiando con la mente attraverso un oggetto testimone di pace, tolleranza, rispetto: valori anche dello sport.
Beatrice Vio sarà fra le emozioni della Paralimpiade di Rio. Già è tra le stelle che brillano nel firmamento dello sport, non solo della scherma in carrozzina. I numeri non sono così importanti perché alla fine lo sport non ha memoria: ad ogni gara si ricomincia. Ma leggere i suoi fa capire cosa abbia fatto, unica a tirare senza il braccio armato. Campionessa mondiale di fioretto, non ha mai perso dal settembre 2014 al luglio 2016. In mezzo s’è presa due ori europei e uno mondiale. Dal 2012, in 28 gare ha conquistato 18 medaglie d’oro. Sono solo cifre. Inutili alla fine. Conta ciò che sta dietro. E alla Paralimpiade ancora di più. Migliaia di atleti a coronare un sogno. Con storie che partono dalla vita. Come la sua. Bebe è una splendida ambasciatrice dello sport tutto.
ART 4 SPORT
«Un’associazione fantastica (art4sport.org), fondata da mamma e papà quando ho avuto la malattia. Hanno pensato: “Facciamo fare sport a Bebe e a ragazze e ragazzi come lei, così che possano capire quant’è bella e meriti di essere vissuta a pieno la vita”. Abbiamo avuto la fortuna di conoscere un sacco di persone stupende che ci stanno facendo vivere emozioni pazzesche».
CICATRICI
«Sono stata in televisione e mi hanno messo così tanto fondotinta in faccia che non si vedevano più le cicatrici. Le mie fanno parte di me. Io il fondotinta lo uso per coprire i brufoli, mica le cicatrici. Non riesco a immaginarmi senza e nemmeno a fare scherma con le gambe».
DOPING
«Sono veramente, veramente, veramente contro. Non capisco il senso. Vinci? Ma non sei tu, non è il tuo fisico, non è la tua testa».
ESEMPI
«Quelli sportivi sono tanti. Cito solo chi ci rappresenterà a Rio: Martina Caironi. Che bello vederla sfilare davanti a me con la bandiera. So già che sarà uno dei ricordi più belli da custodire nel cuore».
GIOCHI OLIMPICI
«Il sogno di tutti gli atleti, normo o con disabilità. Il bello dello sport è proprio questo: ci rende tutti uguali. Non importa che tu sia in piedi o in carrozzina, che tu abbia tutti i pezzi funzionanti o meno (o che addirittura te ne manchi qualcuno!), che tu abbia 5 sensi o magari solo 4: tutti vogliamo l’Olimpiade e ci impegniamo al massimo. È per questo che adoro lo sport, perché è il mezzo più diretto ed efficace per godere della bellezza della vita e per integrare tutte le persone».
MENINGITE
«Io non sono la mia malattia e la mia vita non è finita con i 104 giorni che ho passato in ospedale. È vero: non sarei come sono se non l’avessi avuta, ma sono soprattutto una che ce l’ha fatta grazie allo sport e si impegna al massimo per tirare fuori di casa il maggior numero possibile di persone amputate».
POPOLARITÀ
«Non ci ho fatto troppo caso, finora. Non so che cosa sia essere famosi. Forse perché da sempre tengo i piedi per terra... ehm, insomma, i piedi, vabbè... ahahaha... Non sopporto chi magari è un po’ conosciuto e si monta la testa. Così cambia, e magari non è più la persona che piaceva».
RIO DE JANEIRO
«È partito come un sogno. Poi è diventato un obiettivo. Conto i giorni da quando ne mancano 500. Sono felice di esserci. Voglio e devo divertirmi, veramente tanto».
SOCIAL
«Mi piacciono e mi divertono. Quando pubblico qualcosa, penso a chi seguo io, ai campioni dei quali sapevo tutto sulla strada verso Rio. Ma non sono la vita. Tirano fuori anche il peggio delle persone».
SOCIETÀ
«Mi piacciono i cambiamenti. Per migliorare bisogna cambiare».
SPORT
«Ci credo così tanto. Alla nostra associazione, art4sport, diciamo: “Lo sport come terapia”. Lo è, ma per qualsiasi persona, con disabilità o senza. Ho 19 anni, magari dovrei essere in strada a farmi una canna come molti ragazzi e ragazze, ma anche per lo sport mi sono sempre detta: “Non fare cavolate, rimani quello che sei e segui la strada buona”».
TEMPO
«È un po’ un casino. Faccio un po’ di vite insieme».
TEMPI
«Il mio primo tempo è cominciato il 4 marzo 1997, il giorno in cui sono nata, e si è concluso il 20 novembre 2008, il giorno in cui mi sono ammalata di meningite. In mezzo c’è stato un limbo difficile dal quale sono uscita perché la mia famiglia e gli amici non mi hanno mai lasciata sola».
TERREMOTO
«Tristezza. Mostra come siamo fragili. La prima cosa che ho pensato: quanti bambini saranno senza famiglia e quanti genitori senza figli».
VIOLENZA
«Non la capisco. Non vedo i motivi. Forse perché apprezzo così tanto la vita».
VITA
«È una figata. Può bastare, no?».