Sebastiano Vernazza, SportWeek 3/9/2016, 3 settembre 2016
PER FAVORE, RISPETTATE IL SILENZIO
Non c’è niente da fare, in Italia proprio non riusciamo a osservare un minuto di silenzio. Il terremoto che ha sconvolto il Centro Italia ha portato con sé, come era naturale che fosse, l’obbligo dei sessanta secondi di raccoglimento prima delle partite di calcio dello scorso fine settimana. Quasi ovunque sono partiti gli applausi, a “sporcare” il momento.
A San Siro, per Inter-Palermo, un po’ di silenzio è stato osservato e però c’è stato chi ne ha approfittato per insultare Andrea Ranocchia, capro espiatorio del brutto inizio di stagione della squadra nerazzurra: una scena immonda. Quel tizio andrebbe individuato e “daspato” per manifesta idiozia. Anche altrove si sono sentite grida insulse.
Al di là dei singoli casi, però, va fatta una riflessione di carattere generale: perché in Italia non si riesce a stare zitti e muti per un minuto? Perché si applaude e che cosa si applaude? Che cosa c’è da applaudire nel momento in cui si esprime cordoglio per una tragedia? L’impressione è che alla base ci sia un mix di ipocrisia e di auto-difesa. L’ipocrisia di chi è coinvolto soltanto da lontano e pensa di “sdebitarsi” con una raffica di clap-clap. L’auto-difesa di chi ha paura del vuoto, perché il “suono” del silenzio impone di fare i conti con la realtà, col dolore e con se stessi. Un bell’applauso e via: chi batte le mani in fondo se ne lava le mani.
È anche un problema di educazione civica, di insofferenza alle regole.
Se all’italiano medio chiedi di tacere per un minuto, l’italiano medio trova il modo di farsi sentire lo stesso. Purtroppo.