di Guido Biondi, il Fatto Quotidiano 6/9/2016, 6 settembre 2016
“DAVID BOWIE FU MIO ALLIEVO. LA DANZA RENDE FELICI” – [Intervista a Lindsay Kemp] – C’è solo un aspetto della sua vita sul quale non vuole proprio tornare
“DAVID BOWIE FU MIO ALLIEVO. LA DANZA RENDE FELICI” – [Intervista a Lindsay Kemp] – C’è solo un aspetto della sua vita sul quale non vuole proprio tornare. È il momento in cui ha scoperto David Bowie a letto con l’amante Natasha Korniloff. Pochi minuti dopo ruppe una bottiglia di whisky e cercò di tagliarsi le vene. “Più che per le ristrettezze economiche, nella mia esistenza ho sofferto per il cuore spezzato”, si lascerà sfuggire in questa intervista. Pudore, soprattutto per il rispetto per la morte di un grande artista – Bowie – a cui è stato intimamente legato, nella vita e nell’arte. Soprattutto Lindsay Kemp, oggi residente in Italia a Livorno, vuole sviscerare il concetto di spiritualità connesso alla danza, all’iperbole del palcoscenico, conservando il seme dell’infanzia. Quali sono i ricordi di Lindsay bambino? C’era già il desiderio di danzare? Sono nato danzando e ho continuato sino al giorno d’oggi. Sapevo esattamente cosa volevo fare; ho dovuto combattere molto per realizzare i miei sogni. Anche per quanto riguarda i disegni: scarabocchiando è nata una passione. Lo scopo della mia danza – e dei miei disegni – è quello di intrattenere e di sollevare lo spirito dello spettatore. Qual è stato l’ostacolo più grande nel suo percorso? Senza dubbio convincere mia madre a iscrivermi a una scuola di danza: da bambino vivevo nel nord dell’Inghilterra, c’erano molte difficoltà. Poi mi sono trasferito a Londra e ho frequentato la scuola di danza classica del Ballet Lambert e, in seguito, ho studiato mimo con Marcel Marceau. Mia madre era vedova, mio padre era un marinaio deceduto durante la Prima guerra mondiale su un’imbarcazione. Lei avrebbe preferito che seguissi le orme di mio padre, ma quando ha capito che avevo davvero talento e determinazione mi ha aiutato e sostenuto, lavorando duramente per pagarmi la retta. Finalmente trovai lavoro in un teatro, non sempre venivamo pagati. Il mondo del cinema si è spesso ispirato a lei: a quale regista si sente più legato? Uno dei miei più grandi rimpianti è quello di non essere riuscito a lavorare con Fellini. Lui mi voleva a tutti i costi per il film Casanova, ma – in quel periodo – mi trovavo in Australia con la mia compagnia di danza. Ho, invece, collaborato con Ken Russell, Derek Jarman e Memè Perlini. Ammiro molto Wim Wenders per il suo film su Pina Bausch, mia grande fonte d’ispirazione: stesse radici e stesso rigore. Le è mai capitato di sentirsi incompreso dal pubblico? In genere mi sento capito e percepisco di essere riuscito a elevarne lo spirito. Quando è in scena la sua concentrazione si avvicina, in qualche modo, alla trascendenza? Assolutamente si, è così. Prima di entrare in scena la concentrazione è altissima sino a quasi uno stato di trance. Devi abbandonare te stesso e il luogo in cui ti trovi. Non posso a parole spiegare cosa mi accade sul palcoscenico: non solo – dopo la conclusione della performance – dimentico ciò che ho fatto, persino se ci sono stati gli applausi del pubblico. Entro in un altro mondo e divento il personaggio che sto interpretando. Non recitare, ma essere il personaggio. Crede in Dio? Sì, è il nostro creatore. Non nel concetto popolare della chiesa cattolica. Prego e ringrazio ogni giorno il Dio creatore per avermi aiutato a realizzare i miei sogni. Quando danzo lo faccio per Dio, per il pubblico e per la mia felicità. Perché la danza è la via più rapida per raggiungere la felicità. Qual è la sua definizione di danza? Io sento la vita nella sua totalità. E non intendo solo la danza sul palcoscenico. Per questo cerco di incoraggiare tutti a danzare, è un cammino verso la libertà. La libertà e l’amore sono le due cose più importanti. Kate Bush è stata una sua allieva e ha incluso nella sua arte la danza. È un genio. Credo fermamente che Kate abbia contribuito a liberare le persone. È uno degli scopi di ogni artista: aiutarle a trovare la propria libertà. È un lavoro durissimo quello di cercare di liberare le persone dalle proprie oppressioni. Quali artisti nell’ambito pop-rock l’hanno cercata? Tantissimi. A partire da David Bowie, Peter Gabriel, Pink Floyd… Bowie all’inizio della sua carriera venne a vedere un mio spettacolo e rimase molto impressionato: mi disse che avrebbe voluto diventare mio studente e così è stato. Aveva diciannove anni quando abbiamo fatto uno spettacolo insieme, Pierrot in Turquoise, per il quale David scrisse la musica. Qualche anno dopo ci siamo ritrovati – su richiesta di David – per mettere in scena Ziggy Stardust. Canzoni quali Queen Bitch, Starman, Jean Genie sono il frutto di quel periodo. Nell’ultimo video di Bowie, Lazarus, l’artista mette in scena due personalità: il comune mortale e lo spirito creativo. Anche lei sente questa dualità? Si, assolutamente. Ci sono artisti italiani del cinema, della musica e del teatro che lei apprezza? Partiamo da lontano con Eleonora Duse e Anna Magnani. Giulietta Masina l’ho conosciuta personalmente, eravamo molto amici. La lista è enorme: adoro Ettore Petrolini, è il mio eroe! E Peppino Eduardo, non si può non menzionarlo. C’è nel panorama attuale della danza una nuova futura stella? Purtroppo vedo poco talento oggi. Cerco di insegnare in ogni momento e di tramandare quello che so, soprattutto la passione e la magia. di Guido Biondi, il Fatto Quotidiano 6/9/2016