Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  settembre 06 Martedì calendario

MOSCA E RIAD DIVISI SU TUTTO MA UNITI NEL BUSINESS

Business is business. Gli affari prendono spesso il sopravvento sulle divisioni politiche. Anche tra due Paesi avversari in una guerra per procura che sta incendiando il Medio Oriente.
Se si volessero prendere sul serio gli annunci dei due maggiori esportatori mondiali parrebbe che Russia e Arabia Saudita abbiano deciso di divenire partner in campo energetico. Quasi volessero - forzando i termini - creare una sorta di Opec alternativa. Ma non è la prima volta che gli annunci di un accordo per stabilizzare il mercato tra Mosca e Riad vengono smentiti dai fatti. I tentativi al vertice di Doha, lo scorso aprile, naufragarono subito e da allora Riad e Mosca hanno continuato a produrre petrolio a briglia sciolta.
Le loro politiche produttive non si conciliano bene. La Russia ha costi di estrazione più alti e necessita di prezzi più cari del petrolio. Mosca ha inoltre un urgente bisogno di incrementare le entrate energetiche per porre fine alla recessione. Il petrolio saudita costa decisamente meno. E Riad può ancora permettersi di attingere alle sue ricche riserve valutarie (circa 700 miliardi di dollari) per tappare i crescenti deficit di bilancio.
Sul fronte geopolitico le divisioni sono di gran lunga maggiori. Russia e Arabia Saudita hanno una lunga serie di precedenti non troppo amichevoli. Già durante l’invasione russa in Afghanistan, iniziata nel dicembre del 1979 e terminata 10 anni dopo con il ritiro sovietico, fu proprio la monarchia saudita a contrastare l’Armata Rossa a suon di miliardi di dollari. I monarchi di Riad avevano finanziato e armato i mujaheddin, elargendo generosi finanziamenti anche al Pakistan. In quel tempo i sauditi collaboravano con gli americani in funzione anti-sovietica. Riad e Washington erano ormai solidi alleati. Lo storico accordo firmato nel 1945 tra il presidente Roosevelt e il re Ibn Saud - «petrolio in cambio della sicurezza» - sembrava inattaccabile.
Anche se in modo diverso nella prima Guerra del Golfo (1991) l’attacco contro Saddam Hussein, fortemente osteggiato dalla Russia, partì proprio dalla base militare americana in Arabia Saudita. Insomma quando Saddam diventò il diavolo, Mosca cercò di farne un alleato, soprattutto commercialmente. Durante la seconda guerra del Golfo (2003), che portò al crollo del regime iracheno, la Russia condannò la guerra preventiva voluta dal presidente americano George W. Bush.
Sulla politica estera Riad e Mosca sono state spesso ai ferri corti. Sulla Cecenia (1994-1996 e 1998-2000), sulla guerra in Bosnia (1992-1995), e recentemente anche sul controverso dossier nucleare dell’Iran. Teheran, alleata di Mosca, è la potenza sciita mondiale ed aspira a divenire potenza del Golfo. Da parte sua Riad, da sempre sua rivale, non ha mai digerito l’accordo raggiunto grazie agli Usa e culminato nel ritiro delle sanzioni.
Da una crisi all’altra. Arriviamo alla Siria. Mosca e Riad si stanno affrontando indirettamente (la Russia anche con la sua aviazione). La monarchia saudita da anni sta spendendo miliardi di dollari per cercare di rovesciare il regime del presidente siriano Bashar al-Assad. Ha perfino creato formazioni islamiche – certo non moderate – e insieme al Qatar è stata accusata di aver sostenuto gruppi estremisti vicini ad al-Qaeda o all’Isis. Per contro Mosca è l’alleato più potente del regime di Damasco. E non ha alcuna intenzione di perdere il suo solo baluardo in Medio Oriente, che peraltro ospita la sua unica base navale sul Mediterraneo. Quando, nell’agosto del 2015, l’esercito di Assad era sul punto di accusare sconfitte capaci di cambiare gli equilibri sul terreno, in settembre è entrato in azione l’esercito russo. Ufficialmente contro l’Isis. In pratica per difendere Assad. I primi e i successivi bombardamenti furono in molti casi diretti contro ribelli appoggiate dai sauditi che non avevano nulla a che fare con l’Isis.
Di motivi per guardarsi in cagnesco i due Paesi ne hanno parecchi. Eppure, al di là delle divergenze in politica estera, da tempo stanno cercando di intensificare le relazioni economiche. In gennaio il ministro saudita degli Esteri, Adel al-Dzhubeyr, si era augurato di incrementare gli scambi commerciali. «La Russia e l’Arabia Saudita sono membri delle ‘Big Twenty’, ma il fatturato del commercio tra i nostri paesi è estremamente piccolo. È molto basso anche il volume degli investimenti reciproci». Dunque non solo petrolio. Già nel 2015 Riad ha mostrato interesse nel voler acquistare sofisticati armamenti russi per miliardi di dollari. Ma l’accordo per stabilizzare il mercato petrolifero pare ancora difficile. Le divergenze sono ancora molte. Forse troppe.