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 2016  settembre 03 Sabato calendario

I MONELLI –[Intervista a Marc Marquez] – SILVERSTONE Confessa che non è stato facile, cambiare pelle

I MONELLI –[Intervista a Marc Marquez] – SILVERSTONE Confessa che non è stato facile, cambiare pelle. Solo ieri era un demonio di tecnica e follia, giovane e svergognato. Due mondiali stravinti con la prepotenza del fuorilegge che se ne infischia di tutto: delle regole della dinamica, della logica. Traiettorie impossibili, equilibrismi a 350 all’ora, rischi assurdi. Un trionfo dopo l’altro, insaziabile. E oggi? Il Cannibale s’è trasformato. Lo stesso talento, ma la saggezza di un monaco zen. Come Fantozzi, come Filini. Marc Marquez, il Ragioniere. «Ho imparato che ci sono momenti in cui si può anche rinunciare a vincere una gara, a patto di portare a casa dei punti. Che bisogna accontentarsi. Il punto è che al mio esordio in MotoGp, nel 2013, ho subito vinto. La stagione dopo è andata ancora meglio. Però all’inizio dello scorso anno no, non riuscivo più a stare davanti: e non capivo, non mi rendevo conto che in questo sport non dipende tutto da te. Così dopo qualche mese ogni gara era diventata come una finale: o tutto o niente. È stato solo in inverno, ripensandoci finalmente con calma e a mente fredda, che ho capito l’errore. Sembra ovvio, lo so: ma cambiare non è stato per niente facile». Con 53 lunghezze di vantaggio su Rossi, a 7 gare dal termine il titolo sembra già in tasca. A parità di successi (3) rispetto al 2015, è bastato arrivare sempre al traguardo di tutti i gran premi. «Il distacco è grande: però in questo sport non si sa mai. E allora non esageriamo, con la storia del “ragioniere”: io in pista continuo a dare il 100%, se sono arrivato qui – nella migliore squadra del mondo e con 4 mondiali vinti è anche perché in pista sono sempre stato aggressivo. Continuo ad esserlo. Continuo a rischiare». Ma i piloti non parlano mai del rischio. Della paura. «Non puoi avere paura, quando sei su di una moto. La parola giusta è: rispetto. L’ho provato soprattutto quel giorno al Mugello, tre anni fa, quando durante le prove sono caduto in fondo al rettilineo». Sfiorando il muretto in cemento, a 348 chilometri all’ora. «Di solito il segreto è ripartire subito, provare ad andare ancora più forte per scacciare i fantasmi. Invece per tutto il resto della settimana in quel punto ho continuato a perdere 4 decimi. I miei telemetristi non ci potevano credere: “Quattro decimi!” “Ma io più veloce non riesco”, gli ripetevo. Ci vuole tempo a toglierti dalla testa un’esperienza del genere: l’unica e spero l’ultima, in tutta la mia carriera». Il giorno dopo l’incidente mortale di Luis Salom, 3 mesi fa a Barcellona, con Rossi vi siete di nuovo stretti la mano. «Non so se quella tragedia abbia spinto Valentino a fare la pace, dovreste chiederlo a lui. Per me è successo più tardi di quel che mi aspettavo, perché io lo avevo già detto a Valencia dopo l’ultima gara dello scorso anno: “Vale, la mia mano è qui”. Ma l’importante è che sia accaduto, che si sia tornati alla normalità. Tra piloti non dobbiamo essere necessariamente degli amici, ma avere una “normale” relazione professionale è il minimo». Rossi lo ha ripetuto ancora ieri: il dolore per aver perso “ingiustamente” il titolo è stato insopportabile, e ha influito anche sulla sua attuale stagione. «Quella volta a Sepang mi sono comportato come sempre: ho dato il massimo. È stata una storia che ha influenzato anche la mia, di stagione. Avete presente i fischi del pubblico?». I primi erano arrivati già allora, in Malesia. «Che strana sensazione. Mi ero sempre sentito bene, circondato dai tifosi. Invece anche al Mugello, a maggio, ho visto certi cartelli che mi hanno davvero deluso. Però credo che le cose stiano gradualmente tornando alla normalità: con gente che tifa per te e altri che hanno una opinione diversa. E con i piloti che fanno il loro lavoro. I veri appassionati del motociclismo applaudono chi ha fatto una bella corsa, a prescindere dal tifo o dalla nazionalità». Dicono che la Honda quest’anno sia nettamente più lenta della Yamaha. Che se Marquez è in fuga, è solo merito del suo talento. «Ci sono problemi in accelerazione, stiamo lavorando. Qualcuno mi ha detto: perché non torni a correre con la supermoto del 2014? Perché la Yamaha attuale sarebbe comunque più veloce. Negli ultimi test abbiamo provato alcune novità: ni fu ni fa, poca roba. E comunque, anche se potenzialmente potremmo fare meglio, a questo punto preferisco tenermi quello che ho». Rieccolo, il Ragioniere. «Qui a Silverstone ci sono 3 grandi accelerazioni, però a differenza dell’Austria partiamo dalla terza marcia, cioè abbastanza veloci: non dovremmo soffrire troppo. Domani non è una finale. Anche perché tra una settimana, a Misano, sarà durissima: meglio fare punti, in questo sport non si sa mai». Massimo Calandri, la Repubblica 3/9/2016