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 2016  settembre 03 Sabato calendario

ADDIO A KARYMOV IL PALADINO DELL’EX URSS DITTATORE SANGUINARIO DELL’UZBEKISTAN

MOSCA.
Un lungo addio come si deve a uno degli ultimi dinosauri sovietici. Islam Karymov, 78 anni, presidente dittatoriale e sanguinario dell’Uzbekistan, è morto tre o quattro volte tra annunci, indiscrezioni e smentite dell’ultima settimana, prima di lasciare ufficialmente ieri sera un vuoto di potere allarmante in una delle aree strategiche più delicate e complesse dell’Asia centrale. Ai funerali, oggi a Samarcanda, tutti i presidenti delle vicine ex repubbliche dell’Urss. Compreso, in prima fila, un preoccupatissimo Nursultan Nazarbaev, leader kazako ultimo sopravvissuto di quella pattuglia di “uomini forti” cui l’impero sovietico aveva dato l’incarico di tenere a bada una polveriera di feroci clan assetati di potere e di integralisti islamici adesso molto legati al Califfato.
Il ritardo nella comunicazione della morte, che ha evocato quelli messi in scena dal Cremlino per Stalin, Andropov e Cernenko, è spiegabile proprio con le misure straordinarie necessarie al gruppo di siloviki (i leader di forze armate e servizi segreti) di prevenire, con retate e operazioni di polizia, ogni possibile tentativo di sovvertire il sistema. A gestire le operazioni, mentre un pool di medici francesi, tedeschi e russi teneva in qualche modo in vita il Presidente, è stato l’attuale premier Shavkat Mirziaev che domani presiederà la cerimonia funebre. Particolare fondamentale. Nel linguaggio cripto-mafioso dei regimi di quelle parti del mondo, significa che toccherà a lui prendere il posto del defunto capo. Al suo fianco potrebbe esserci, l’adorata figlia minore di Karymov, Lola da tempo trasferita in Florida. Niente si sa invece della primogenita Gulnara, nota in Occidente come discreta cantante pop e rinchiusa in carcere due anni fa. Molti temono per la sua vita visti i pessimi rapporti con i prossimi dirigenti del Paese.
“Cattivo ma utile”, Karymov ha regnato nel più spietato disprezzo dei diritti umani rimanendo però intoccabile e spesso perfino corteggiato anche dalle potenze occidentali. Agli Stati Uniti per esempio concesse per quattro anni dal 2001 al 2005 la base aerea un tempo sovietica di Karshi-Khanabad che fu usata per operazioni militari nel vicino Afghanistan e per raid contro Al Qaeda. L’accordo saltò per le pressioni ingelosite di Mosca, ma anche per un episodio particolarmente vergognoso che rese Karymov definitivamente impresentabile: il massacro di Andijan. In quella cittadina all’estremo Oriente del paese, nel maggio del 2005, l’esercito di Karymov sparò su una folla di manifestanti armati solo di slogan e cartelli. I comunicati ufficiali parlarono di duecento morti; testimoni oculari raccontarono invece di oltre 1.500 cadaveri di civili poi sepolti in gran fretta in fosse comuni. La manifestazione venne attribuita al clandestino Movimento islamico dell’Uzbekistan. In realtà tra la folla c’erano studenti e famiglie che protestavano contro la dittatura e la miseria e sognavano una “rivoluzione colorata”.
Era il modo di governare di Karymov che ha costruito la sua forza e la sua impunità sulla bandiera dell’anti-integralismo islamico. Lo stesso premier russo Medvedev, in partenza per i funerali, lo ricorda elogiando «il pugno di ferro con cui ha saputo tenere sotto controllo un Paese instabile». La chiave del problema è tutto nella valle di Fargana, meraviglia per turisti coraggiosi, che evoca le gesta di Gengis Khan. In quella fertile e depressa zona contadina il profondo malcontento per la rigidità del governo e per le condizioni miserabili della popolazione si sposano sempre più con il richiamo delle organizzazione terroristiche. Non a caso risulta altissima la percentuale di uzbeki fuggiti da Fergana per combattere nelle fila del Califfato in Siria e in Libia.
Preoccupazioni strategiche comprensibili per Mosca ma anche per Washington. Cui si aggiunge la paura per le sorti di Gulnara. Inviata dal padre in giro per il mondo ha frequentato il jet set internazionale. La si vedeva spesso a New York o a Londra in compagnia di vip come Elton John o dei leader delle più famose griffe di moda. Poi un giorno decise di denunciare la corruzione dello staff del padre. Karymov la fece rinchiudere in una piccola prigione segreta costruita apposta per lei, si dice anche dopo averla picchiata con le sue mani. Ma forse fu un gesto molto paterno per salvarla dai suoi fedelissimi che invece la volevano morta. Adesso, da qualche parte in Uzbekistan, Gulnara è quella che rischia di più.
Il ritardo nel comunicare la fine per prevenire scontri. Gli succederà il premier Mirziaev Ha represso nel sangue gli integralisti islamici: da qui partono molti foreign fighter legati al Califfato

Nicola Lombardozzi, la Repubblica 3/9/2016