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 2016  settembre 05 Lunedì calendario

LORENZI: «LAVORO E FIDUCIA, SONO LA PROVA CHE NON È MAI FINITA» – Paolo Lorenzi voleva dare almeno del filo da torcere al numero due del mondo, Andy Murray: missione compiuta

LORENZI: «LAVORO E FIDUCIA, SONO LA PROVA CHE NON È MAI FINITA» – Paolo Lorenzi voleva dare almeno del filo da torcere al numero due del mondo, Andy Murray: missione compiuta. Ed è uscito da Flushing con il sorriso, nonostante la sconfitta, perché dopo aver raggiunto per la prima volta il terzo turno di uno Slam ha capito di potersi spingere ancora più lontano. «Quanto più lontano? Non lo so. Anni fa mi dissero che non sarei riuscito ad entrare nei top 50 e sono nei top 40. Non lo posso sapere. Ma questa partita me la sono proprio goduta, perché rispetto ad altre occasioni con i big sono stato capace di fare il mio gioco. Spero nella prossima volta». Il suo allenatore sostiene che lei a 34 anni ha ancora margini di miglioramento. «Lo spero, perché tutti i giorni cerchiamo di aggiungere qualcosa. L’obiettivo è di riuscire ad avvicinarmi alla rete, di mettere i piedi in campo e ogni stagione miglioro. L’ho fatto anche con Murray. Questo vuol dire che stiamo lavorando nella direzione giusta. E poi gli altri vanno avanti e allora devo mettermi al passo pure io». E Murray un po’ si è preoccupato. «Non lo so, però se vinco il primo set, magari arrivo al quinto. Un solo piccolo rimpianto, quando ero 5-4 per me al 1° set, ma so di aver fatto le scelte giuste. Le ho semplicemente eseguite male». Ora ha giocato e perso contro tutti i Big 4, Murray, Federer, Djokovic e Nadal. Differenze? «Stavolta sono entrato in campo con un’altra convinzione. Con più fiducia nei miei mezzi. Quando giocai con Djokovic qui non ero così pronto: feci tanta fatica. Ma forse proprio perché il mio livello era inferiore rispetto ad oggi. Con gli altri idem. Ho bisogno di fare qualche anno in più di esperienza». Le rimane un po’ di amaro in bocca o se ne va soddisfatto? «Quando perdi non puoi essere felice, ma so di aver giocato un buon match. Cerco sempre di vedere il lato positivo di una partita per mettere qualcosa in più nella prossima». Allora che cosa si porta a casa da questi U.S. Open? «Mi porto la consapevolezza che sto lavorando nella direzione giusta. E che se miglioro ancora, magari negli Slam riesco a passare qualche turno». Quanto le manca per riuscire a battere uno dei primi 10? «Adesso posso vincere solo se li affronto quando non sono al loro top. Non li ho mai battuti, ma spero di farcela». Ha detto di aver iniziato a progredire a 27 anni quando si è trasferito a Livorno con l’allenatore Galoppini. Qualche rammarico per non aver fatto prima quella scelta? «Nella vita non si può mai sapere. Se la facevo quando ero più giovane, chissà, non mi sarei trovato così bene perché non avrei apprezzato le cose positive che stavo facendo. Guardo soltanto al futuro». Giannessi ha detto che lei è un esempio per tutti i ragazzi di Tirrenia. «Ne sono orgoglioso. Mi alleno spesso con lui e gli altri. Spero di essere un esempio per come mi alleno e per come mi comporto in campo. Mi auguro che riescano a capire che lavorando duro come me possono raggiungere dei buoni risultati. E magari per Giannessi questo è solo il principio». *** PAOLO BERTOLUCCI Per il grande pubblico probabilmente è stata una sorpresa, ma per chi conosce Paolo Lorenzi lo stupore è stato minimo. Per la prima volta in carriera ha raggiunto a New York il terzo turno in una prova dello Slam e come se non bastasse ha battagliato e in certi tratti messo alle corde il numero due del mondo Andy Murray. Un’annata straordinaria quella del toscano d’adozione che ha scalato con continuità le posizioni del ranking ed è diventato il giocatore italiano con la migliore classifica. Da tennista guardone quale sono, mi sono trovato a tifare per questo ragazzo dalla faccia pulita, dal sorriso accattivante e dal cervello fino. I panni del giocatore debole di nervi ed esposto alle intemperie umorali non hanno mai fatto parte del suo repertorio. Paolo è sensibile e non è immune alle tensioni, ma è un fine tattico e nella lotta corpo a corpo riesce a dare il meglio di sé. Fisicamente Lorenzi è una roccia, la corsa è il suo ambiente naturale e se riesce a tamponare la potenza dell’avversario poi, in un modo o nell’altro, trova la chiave giusta per incanalare la partita nei binari a lui più congeniali. Predilige i ritmi bassi, controlla lo scambio con il rovescio ma con il dritto pesca traiettorie interessanti. In un tennis frequentato come non mai negli ultimi anni da giocatori stagionati, Paolo si trova a suo agio e continuando a lavorare con il fido Galoppini continua ad alzare l’asticella dei punti incamerati nel circuito. Ci sono ancora i margini per un miglioramento tecnico e non gli manca certo la volontà di continuare a sorprendere.