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 2016  settembre 01 Giovedì calendario

UOMINI, RIMETTETEVI I CALZINI [Renato Balestra] – L’ultimo Gattopardo dell’alta moda guarda il mare dalla sua casa di Miami in un’estate che gli pare troppo «cafonal»

UOMINI, RIMETTETEVI I CALZINI [Renato Balestra] – L’ultimo Gattopardo dell’alta moda guarda il mare dalla sua casa di Miami in un’estate che gli pare troppo «cafonal». «Non mi piacciono i posti affollati e la gente che invece di parlare urla, soprattutto la sera nei ristoranti». A Renato Balestra, che pure dominò le feste «cafonal» romane dell’era ruggente, oggi si addice la solitudine. Un Don Chisciotte, così si definisce, perché tra
le sartorie storiche a sfilare nella Capitale è rimasto solo lui, con una sontuosa collezione dal titolo Blu amore mio, un omaggio al suo celebre colore. «I sarti non devono lanciare messaggi politici con le loro creazioni, devono fare belle cose, piccole opere d’arte, ogni stagione dovremmo inventare qualcosa e non attaccarci
al carro delle novità politiche e sociali». Chi lo fa? C’è qualcuno in Francia, e qualcuno
in Italia, per fortuna non sono molti: sfruttano ogni appiglio per farsi pubblicità, dai bambini abbandonati alla Madonna. Farei presto a farmi pubblicità così: mando in passerella una donna nuda, con una rosa infilata nel sedere,
e i giornali parleranno solo di me. 
Invece di alta moda si parla sempre meno, perché? 
Questi sono tempi funesti. È cambiato
il mondo, non ci sono più le occasioni, né le dame di una volta. Arrivavano nel mio atelier le dive di Hollywood, le sorelle Miller compravano tutta la collezione
e così anche Imelda Marcos.
 Sta pensando di lasciare? 
No assolutamente. Mi ricordo una sera
a New York con Gianni Versace. Eravamo molto amici, mi disse: «Non ti azzardare a lasciare, sei l’unico che sa fare l’alta moda». E poi ci sono donne ricche ed eleganti nel mondo; magari più nascoste, ma ci sono.
 Dove le trova? In Malesia, per esempio: un Paese in forte ascesa. La differenza è che una volta venivano loro da noi, oggi partiamo noi per andare da loro. E Roma? «Belli sempre belli, ricchi sempre ricchi» cantava Piero Chiambretti. È ancora così?
 Roma è diventata triste. Prima tutti volevano venirci, oggi i miei clienti internazionali dicono: «Ma cosa veniamo a fare?». I ricchi vogliono divertirsi, ma in Italia non si può spendere senza venire controllati, i nobili sono ormai asseragliati nelle loro case, le occasioni istituzionali non ci sono più. Una vita d’inferno, Balestra... Ma non capiscono che non sono solo cose da ricchi, ma intorno all’alta moda, ai suoi pranzi e feste, c’era tutto un mondo di gente che lavorava. Ora questo non c’è più. 
E allora cosa resta?
 La volgarità. Cerco di non guardarmi intorno. 
Che cosa non riesce a sopportare?
 Gli uomini con i pantaloni alla caviglia
e le scarpe senza calzini. È l’orrore puro. E le donne agée con i capelli lunghi. Sembrano barboncini. Tutte uguali a 20 come a 80 anni, capelli veri e finti, quintali di capelli. Una volgarità assoluta. Renato, Renato, Renato... Perché nessuno sa davvero quanti anni ha lei? Non mi sento la mia età, neanche voglio saperla. Non la dico a nessuno, neppure a me stesso.
 La chirurgia estetica aiuta a sentirsi sempre giovani?
 In certi casi aiuta, ma non è il mio. Io sono solo un «cream addicted», uso tantissima crema. E poi non è colpa mia se non ho le rughe e le mie labbra sono così, al naturale. Non le ho mai ritoccate ed è tutta la vita che me lo chiedono. Doveva essere molto bello da giovane. Sono stato tra i dieci uomini più belli d’Italia, tra i dieci più eleganti del mondo, sapevo che avevo un particolare ascendente sugli altri, questo sì, ma come dice anche Claudia Cardinale, non mi sono mai sentito bello.
 L’amore come è stato? Importantissimo. Anche un amore triste è bello, l’amore infelice stimola a superarlo. Ti illudi di cambiare l’altra persona, che invece non cambierà mai. Ho avuto lunghe relazioni, l’amore più importante fu con una persona ritrovata dopo 15 anni di separazione. Oggi mi piacciono ancora i complimenti quando riesco ad averli, sempre meno però. Mi compensano di certe rinunce facili. Si è anche sposato? Quasi per dovere. Mi sono accorto presto che la vita matrimoniale non faceva per me, ci siamo lasciati dopo sette anni. Eppure fu per lei, bellissima e molto elegante, che disegnai il primo vestito, e fu quello schizzo a farmi arrivare a Milano. Da ingegnere e triestino, come ce l’ha fatta nel mondo della moda?
 Forse perché Trieste mi ha insegnato tutto quello che so. Si viveva immersi nella cultura mitteleuropea. Dipingevo, suonavo il pianoforte, avrei voluto fare il concertista. Le piace ancora leggere? Leggo un libro a settimana da Le memorie del cardinale di Retz ad After di Anna Todd, divertente con tutto quel sesso.
Ho iniziato con Fëdor Dostoevskij e Liala a 14 anni: immaginavo di essere uno di quei principi da romanzo rosa. E invece è diventato Balestra.
Chi vorrebbe vestire oggi?
 Forse Matteo Renzi. Mi piacerebbe studiare il suo look. È un uomo giovane, che sa comportarsi, non è mai troppo paludato. Ma io sono un sarto, non lancio messaggi politici. Il suo operato lo giudicherà la storia.