VARIE 1/9/2016, 1 settembre 2016
APPUNTI PER GAZZETTA. CRISI DEI PENTASTELLATI A ROMA DI BATTISTA DI MAIO CARLA RUOCCO ASSESSORE URBANISTICA FAVOREVOLE OLIMPIADI www
APPUNTI PER GAZZETTA. CRISI DEI PENTASTELLATI A ROMA DI BATTISTA DI MAIO CARLA RUOCCO ASSESSORE URBANISTICA FAVOREVOLE OLIMPIADI www.repubblica.it A 70 giorni dalle elezioni, la squadra grillina a Roma comincia a perdere pezzi. Virginia Raggi revoca la nomina del capo di gabinetto, Carla Raineri, già finita al centro delle polemiche per il suo mega stipendio da 193mila euro l’anno. E si dimette l’assessore al Bilancio, Marcello Minenna, legato alla magistrata della Corte dei Conti da una profonda stima tanto che la sostenne nella corsa a capo di gabinetto. "Ho servito lo Stato anche questa volta come sempre" dichiarerà poi nel pomeriggio l’ex assessore. In mattinata sono arrivate anche le dimissioni del dg Atac Marco Rettighieri e dell’amministratore unico Armando Brandolese. E nel primo pomeriggio sono arrivate anche quelle del neo presidente di Ama Alessandro Solidoro. In una nota l’amministratore di Ama, nominato solo da qualche settimana, ha comunicato che - dopo l’addio dell’assessore al Bilancio Marcello Minenna - "ha ritenuto venute meno le condizioni per l’incarico affidatogli". La sindaca ha scelto di non partecipare al consiglio comunale, ha annullato la Giunta e ha riunito la sua maggioranza in una riunione che i partecipanti hanno definito "molto accesa". "Siamo al lavoro per trovare personalità di rilevo per il rilancio della città. Non ci fermiamo", ha detto la Raggi. L’annuncio della revoca della Raineri è stato pubblicato alle 5 del mattino su Facebook dalla prima cittadina. Poi l’Ansa ha battuto che anche il titolare del Bilancio avrebbe gettato la spugna. Poco dopo sono arrivate le dichiarazioni della Raineri: "Ho rassegnato le mie irrevocabili dimissioni già ieri", ha spiegato all’Ansa la Raineri. A chi le ha chiesto i motivi della sua scelta ha risposto che non sono legati a "motivi retributivi o contrattuali: i motivi sono ben altri e saranno a breve resi noti" Roma, Cappellini: "Dietro revoca Raineri lo scontro fra fedelissimi Raggi e direttorio M5s" Condividi Il motivo dell’addio sarebbe per quei pareri discordanti sulla regolarità o meno della nomina della magistrata. Secondo le opposizioni, infatti, l’incarico di capo di gabinetto andava assegnato con un bando e non a chiamata diretta. "Trasparenza. È uno dei valori che ci contraddistingue e che perseguiamo - scrive il sindaco in un post pubblicato su Facebook - per questo motivo abbiamo deciso di chiedere un parere all’Anac, l’Autorità Nazionale Anticorruzione, su tutte le nomine fatte finora dalla Giunta. Una richiesta per garantire il massimo della trasparenza: il ’palazzo’ deve essere di vetro, tutti i cittadini devono poter vedere cosa accade dentro. Questo è il M5S". "Sulla base di due pareri contrastanti - continua Raggi - ci siamo rivolti all’Anac che, esaminate le carte, ha dichiarato che la nomina della dottoressa Carla Romana Raineri a capo di Gabinetto va rivista in quanto la corretta fonte normativa a cui fare riferimento è l’articolo 90 Tuel" e l’applicazione, al caso di specie, dell’articolo 110 Tuel è da ritenersi impropria". "Ne prendiamo atto - conclude Raggi - e conseguentemente, sarà predisposta l’ordinanza di revoca". Dimissioni Raineri, Vitale: "Roma, tre nomi per il capo di gabinetto e molte tensioni a 5Stelle" Condividi L’Anac nel suo parere spiega che c’è stata un’applicazione errata e contraddittoria del Testo unico enti locali da parte dell’avvocatura capitolina, la quale nei pareri resi su richiesta della sindaca di Roma, Virginia Raggi, per la nomina di Carla Raineri, ha sovrapposto norme che disciplinano situazioni diverse. Tale errata applicazione sarebbe alla base anche della delibera con cui è stato determinato il compenso di Raineri. La nomina del capo di gabinetto sarà oggetto di accertamenti da parte della procura. E ciò sulla base di un esposto depositato oggi da Fratelli d’Italia nel quale si ipotizza il reato di abuso d’ufficio. L’azione legale, legata anche ai compensi assegnati, era stata annunciata il 23 agosto scorso e riguardava non solo la nomina di Raineri, ma anche quella del capo della segreteria del sindaco, Salvatore Romeo. La squadra della Raggi perde quindi due pedine strategiche. Proprio Minenna, considerato un assessore forte della giunta, si era battuto per rivedere gli stipendi troppo alti dello staff, soprattutto quello del caposegreteria Salvatore Romeo. Taverna: "Perdita gigantesca". Pd all’attacco sulla trasparenza. Immediato il commento di Francesca De Vito, grillina della prima ora e sorella del presidente dell’Assemblea capitolina Marcello. L’attivista, che già aveva attaccato le nomine della sindaca Raggi e del vice Daniele Frongia, su Facebook condivide la notizia della doppia dimissione: "Senza parole. Se la qualità non si capisce... allora cosa? Adesso qualcuno mi venisse a dire che avevo torto!". In tarda mattinata arriva anche il commento della senatrice romana M5s Paola Taverna, membro del mini-direttorio affiancato alla Raggi dal Movimento cinquestelle, "Apprendo la notizia dai giornali. Siamo in attesa di conoscere le motivazioni. Certo è che se la giudice Raineri e l’assessore Minenna dovessero formalizzare le loro dimissioni, questo rappresenterebbe una gigante perdita per la giunta. Sono due figure la cui professionalità è riconosciuta a livello internazionale e sarebbe un duro colpo", ha detto la Taverna all’Adnkronos. "Non ho idea, l’ho appreso ora. Adesso vedremo il perché", è il commento del capogruppo M5s in Assemblea capitolina Paolo Ferrara. Intanto il Pd attacca: "Che errore per Raggi non essere stata trasparente come chi ha annunciato prima di elezioni Giunta e capo gabinetto. Conto lo paga la città", scrive su twitter il deputato dem Michele Anzaldi. "Assistiamo attoniti alla resa dei conti del Movimento 5 stelle", dice Michela di Biase, capogruppo Pd in assemblea capitolina, che aggiunge: "una trasparenza solo annunciata; il sindaco Raggi è prigioniera di correnti e rese dei conti che in questo modo destabilizzano tutta l’amministrazione". Renzi e le Olimpiadi. "Rispetto il lavoro del sindaco, ha vinto lei, a lei onori e oneri, non metto bocca sulla squadra, chi vince ha la responsabilità e il dovere di governare", ha commentato Matteo Renzi a Rtl, rispondendo a una domanda sulle dimissioni. Il premier ha parlato della candidatura di Roma per i Giochi del 2024: "Le Olimpiadi sono una cosa fantastica. Consentono un investimento sul futuro delle città. Io non avrei alcun dubbio", ha detto il premier. "O sì o no. Se Raggi non firma la lettera Roma è fuori. La mia impressione è che noi siamo in testa in questo momento. Dire di no alle Olimpiadi sarebbe un atto molto triste", spiega il presidente del Consiglio. "Spero che la sindaca Raggi prosegua su quello che abbiamo già deciso a livello istituzionale ma se dirà di no ne prenderemo atto. Scelgano i cinque stelle cosa fare, tocca a loro. Non farò atti lesivi sull’autonomia su Roma o di altre città", aggiunge il premier, "se dirà di no vorrà dire che in futuro candideremo altre città", conclude Renzi. E sulle dimissioni nella squadra della Raggi è intervenuto anche il presidente del Coni, Giovanni Malagò, sponsor di Roma 2024: "Non entro nel merito delle vicende del Comune. Sono sempre stato rispettoso del lavoro della Sindaca Virginia Raggi e continuerò ad esserlo. Spero e sono convinto che i problemi si risolveranno al più presto", ha spiegato Malagò. "Lasciamo lavorare la Raggi e la sua squadra in tranquillità". MARIO SECHI SUL FOGLIO La lettura mattutina dei giornali è quasi terminata e… ta-dà, ecco una notizia che supera tutto l’impaginato. Signore e Signori, è settembre, il sole è alto, è finita la favola bella della rivoluzione in Campidoglio, il racconto pentastellato della Capitale che rinasce con la bacchetta magica, la stagione del cambio-tutto e vaffanculo, del Dibba stratega supremo dell’Urbe, del Di Maio gladiatore inamidato del Colosseo. E’ arrivata al galoppo la realtà: il capo di gabinetto del Comune di Roma e l’assessore al Bilancio si sono dimessi con effetto immediato. Carla Raineri e Marcello Minenna sono entrati dalla porta ed escono dalla finestra. C’è un sublime contrappasso dantesco nella storia della Raggi, del grillismo ultra-giudiziario: la Raineri fu chiamata direttamente dal primo cittadino, ma l’Autorità nazionale anti-corruzione, la sigla che faceva vibrare il petto dei torquemada a 5Stelle, ha detto no, è tutto da rifare, la nomina è irregolare, stop, si ricomincia da capo. A Roma sono Raggi calanti, la fuga dalla giunta è di vasta scala, i contrasti tra le fazioni grilline hanno impantanato un’amministrazione già alla canna del gas. Siamo al sottosopra. L’addio di Minenna è ancora tutto da spiegare, stimava la Raineri, è legato a Di Maio, è entrato in giunta dopo esser stato coccolato per settimane, sembrava un perfettamente integrato nel disintegratore politico dei grillini. Invece no, a Minenna il bric à brac della Raggi deve esser sembrato qualcosa di esoterico, ben al di là dell’improvvisata scampagnata politica nel governo della Capitale di un gruppo di urlatori professionali. ARTICOLI CORRELATI E fu così che Travaglio scoprì l’orrore del circo mediatico-giudiziario La democrazia diretta secondo Grillo Le cinque stelle non ci sono più Le meravigliose avventure dei grillini, alla scoperta degli orrori della macchina del fango creata dagli stessi grillini Sì, è stato un complotto farla vincere Cosa ci fa un esperto di finanza, un pioniere dello studio della quantum finance, in compagnia dei supercazzolatori dell’economia? Come conciliare le riflessioni sul meeting dei banchieri centrali a Jackson Hole con le teorie iperlunari del Dibba che con sprezzo del ridicolo propone la sua ricetta sovranista per la prosperità nell’era del libero scambio (“vogliamo mangiare quel che produciamo e produrre quel che si mangia”, elementare no?), come riorganizzare le partecipate del Comune quando il direttore generale di Atac, Marco Rettighieri, uno tosto, serio, sul pezzo, uno che ci ha provato a raddrizzare un’azienda scassata, iper-sindacalizzata, con buchi di bilancio da film di Dario Argento, con una marea di dipendenti imboscati e pronti a boicottare ogni tentativo di cambiamento, dice che è pronto a levare le tende e se vedemo Virgì con te nun se po’ fa’. Ecco le parole di Rettighieri: “Sì, sono stanco, sono mesi che la politica mi ha abbandonato. Poi, certo, sto ragionando: non sono tipo da azioni campate in aria, fatte d’istinto. io sono un tecnico. Ho un compito, una professionalità e, se mi permette, un’onestà...". Missione impossibile. Il caos dei trasporti è alle porte, allacciate le cinture, cari romani. Dopo aver lisciato il pelo in campagna elettorale ai dipendenti delle partecipate, i grillini sono alle prese con il sistema stracotto che li ha votati, acclamati. Tenetevelo, il Carrozzone con le strofe di Renato Zero: “Musica gente / cantate che poi / uno alla volta si scende anche noi / sotto a chi tocca in doppio petto blu / una mattina sei sceso anche tu”. Scendete, la corsa della menzogna, della propaganda, del meet up, della diffamazione di massa, del rancore sparso come manna, quella corsa è strafinita. C’è altro, là fuori, c’è la realtà. I grillini sono stati cantonizzati, già, quel Raffaele Cantone per il quale provano sentimenti misti (Egli è la Giustizia, ma perdinci lavora anche con Renzi), li ha messi di fronte alla realtà. Amministrare non è urlare ai quattro venti “onestà onestà” ma conoscere, deliberare, studiare, essere responsabili. Fa sorridere il comunicato della Raggi sulla sua pagina Facebook, va delibato con calma, perché è il distillato dell’ipocrisia grillina, la prosa del contorcimento politico: “Trasparenza. E’ uno dei valori che ci contraddistingue e che perseguiamo. Per questo motivo abbiamo deciso di chiedere un parere all’Anac, l’Autorita’ Nazionale Anticorruzione, su tutte le nomine fatte finora dalla Giunta. Una richiesta per garantire il massimo della trasparenza: il “palazzo” deve essere di vetro, tutti i cittadini devono poter vedere cosa accade dentro. Questo è il M5s. Sulla base di due pareri contrastanti, ci siamo rivolti all’Anac che, esaminate le carte, ha dichiarato che la nomina di Carla Romana Raineri a capo di gabinetto va rivista in quanto “la corretta fonte normativa a cui fare riferimento è l’articolo 90 Tuel” e “l’applicazione, al caso di specie, dell’articolo 110 Tuel è da ritenersi impropria”. Ne prendiamo atto. Conseguentemente, sarà predisposta l’ordinanza di revoca”. Crash. Neppure una parola di scuse, mai la parola “errore”, tantomeno un “abbiamo sbagliato”. C’è tutta la turbo-retorica grillina. Trasparenza. Casa di vetro. Cittadini. E’ il generatore automatico di comunicati a 5Stelle. Applausi? No, fischi. Il ciarpame narrativo degli adepti del comico è giunto a fine corsa. Governano, è cambiato tutto. E sono smarriti, rabdomanti che cercano con un pezzo di legno l’acqua nel deserto. Avevamo scritto che la giunta della Capitale sarebbe stata la prova della (in)capacità di governo del grillismo, siamo già oltre l’immaginato. Due mesi sono stati sufficienti per vedere i clan a 5Stelle dilaniarsi in lotte di potere e sottopotere, il familismo applicato all’amministrazione, lo scavalcamento delle regole, la propaganda becera e le furbesche campagne sui social come strumento di distrazione di massa, la spazzatura sparita nei giorni di Ferragosto, con la città vuota, che prontamente riappare quando la città si riempie, il piano dei trasporti annunciato come un miracolo che non c’è, l’arroganza e l’ambiguità messe in mostra sul dossier olimpico, la scelta strategica di un paese nelle mani di una fazione di allievi del clown che alla prova del governo si frantuma e si capisce, perbacco, che può ritrovarsi solo con il no a tutto e il vaffa di massa, cifra del suo stile, ambiente naturale in cui sguazza e rotola, unico programma per il futuro. E’ settembre, è cominciato il lungo autunno dei penstastellati. Cadranno, come le foglie. www.repubblica.it Malumori dei vertici M5S sulla sindaca Virginia Raggi, alle prese con la prima crisi di giunta dopo la revoca della nomina del capo di gabinetto, Carla Raineri, e le dimissioni dell’assessore al Bilancio, Marcello Minenna. Dietro il passo indietro di Minenna e la revoca di Raineri ci sarebbe una sorta di guerra tra fazioni: da un lato Minenna-Raineri, dall’altro Salvatore Romeo e Raffaele Marra, considerati vicinissimi alla sindaca e al suo vice Daniele Frongia. Una guerra che non piace affatto ai vertici pentastellati, che, a quanto apprende l’Adnkronos da autorevoli fonti 5 Stelle, non escludono di chiedere in futuro alla sindaca di ’resettare’ alcune nomine, tornando indietro sulle scelte fatte. L’uscita di Marcello Minenna, tra l’altro, è un vero cataclisma per la giunta Raggi. Minenna infatti non era un semplice assessore ma era l’uomo chiave della squadra di governo avendo deleghe pesanti: oltre al bilancio infatti si doveva occupare di patrimonio e partecipate. Il super assessore doveva mettere mano dunque al riordino delle aziende capitoline, alla spending review con tagli agli sprechi e doveva riorganizzare il patrimonio capitolino già al centro di scandali come quello di Affittopoli. Ed inoltre aveva in mano la questione del bilancio con l’ipoteca pesante del debito e la sua gestione commissariale. Con il suo addio, l’esecutivo a Cinque Stelle della Capitale perde un pezzo da novanta: Minenna, arrivato dalla Consob, aveva avuto una precedente esperienza pure con l’ex commissario Francesco Paolo Tronca. Per la nomina di Minenna si spese Luigi Di Maio. Fonti interne al Movimento sostengono che "sarebbe stato proprio Marra a istituire la pratica per la richiesta di parere all’Anac", l’Autorità Nazionale Anticorruzione, che di fatto ha causato la revoca della nomina di Raineri: "È stata istituita in modo da far saltare la magistrata - dice una fonte autorevole - e comunque se vuoi un parere dell’Anac lo chiedi prima di formare la giunta, non dopo". Ma altri veleni serpeggiano attorno alla squadra del Campidoglio. "Di fatto - spiega sempre la stessa fonte - a Raineri non è stata fatta toccare palla. Ai posti di comando c’è sempre stata la coppia Romeo-Marra, i fedelissimi della Raggi". Del resto, in principio Marra era stato designato al ruolo di vicecapo di gabinetto vicario, colui che in pratica avrebbe avuto il potere di firma su tutti i capitoli di spesa del Comune. A stoppare la nomina - ’macchiata’ da un passato al fianco di Gianni Alemanno, all’epoca ministro dell’Agricoltura, e un’esperienza in Campidoglio con Ignazio Marino - Beppe Grillo in persona, in una telefonata in cui chiese alla sindaca di ripensarci, tornando sui suoi passi. Eppure in Campidoglio si fanno più insistenti voci su un possibile balzo in avanti di Marra, anche se l’ipotesi che prenda il posto della Raineri sembra piuttosto improbabile. Fatto sta, che ai vertici la guerra di fazioni non piace affatto, tanto da spingere qualcuno ad affermare: "Se Raggi farà altri errori, se ne assumerà la responsabilità". In sintesi, non è escluso che se le cose non dovessero andare per il verso giusto le strade di Raggi e del M5S potrebbero dividersi. D’altronde dopo gli scontri con Roberta Lombardi, la deputata vicinissima a Grillo che a luglio scorso lasciò il mini-direttorio per i dissapori con la sindaca, si annuncia di nuovo tempesta tra il Campidoglio e l’organismo chiamato ad affiancare la sindaca. Le parole di Paola Taverna, appreso il passo indietro di Minenna e la revoca di Raineri, la dicono lunga: "Apprendo la notizia dai giornali - dice con voce trafelata all’Adnkronos - Siamo in attesa di conoscere le motivazioni. Certo è che se la giudice Raineri e l’assessore Minenna dovessero formalizzare le loro dimissioni, questo rappresenterebbe una gigante perdita per la giunta. Sono due figure la cui professionalità è riconosciuta a livello internazionale e sarebbe un duro colpo". PEZZO DEL 12 AGOSTO Lo stipendio è da record e sui social scatta in automatico la polemica sul contratto del nuovo capo di gabinetto del Comune. Carla Raineri, dopo aver rinunciato alla presidenza della Corte d’Appello di Milano, e dopo aver incassato l’ok del Csm - non senza polemiche e spaccature - lo scorso 5 agosto ha firmato un accordo da 193 mila euro lordi all’anno con il Campidoglio. Su Facebook e su Twitter, la somma è stata immediatamente confrontata con quella incassata dai predecessori. In era Alemanno, Maurizio Basile guadagnava 180 mila euro l’anno, mentre Sergio Basile si fermava a 75 mila. Con Ignazio Marino al timone di palazzo Senatorio c’era Luigi Fucito: sul suo conto corrente il Campidoglio versava 73 mila euro ogni 12 mesi. Meno della metà di quanto oggi riceve Carla Raineri, nominata dopo un lungo tira e molla che ha riguardato altri tre candidati. La prima idea del M5s romano era stata quella di assegnare l’incarico a Daniele Frongia, ma la sua nomina era risultata a rischio incompatibilità per la legge Severino e per questo motivo dirottato sulla nomina di vicesindaco. A seguire sono scoppiati i casi di Daniela Morgante, la magistrata della Corte dei conti e assessora al Bilancio delle passata amministrazione, che molla a un passo dalla designazione ufficiale e di Raffaele Marra, contestatissimo ex braccio destro di Alemanno, indicato come possibile vice capo gabinetto dirottato poi su altro incarico. Il primo a cavalcare la polemica sul contratto di Carla Raineri è stato il consigliere del Pd Marco Palumbo. “Grazie Virgì per lo spreco”, ha scritto dopo aver confrontato gli stipendi degli ultimi quattro capi di gabinetto. "Alla faccia del risparmio e del taglio dei costi promesso in campagna elettorale. Per fortuna che si erano presentati come i diversi. Si infatti i più costosi". Lo dichiarano in una nota Fabrizio Santori e Francesco Figliomeni, consigliere regionale e capitolino di Fratelli d’Italia. "Al neo capo di gabinetto andranno 193.000 euro lordi oltre gli oneri riflessi ed irap. Il compenso supera tutti gli altri capi di gabinetto dei sindaci precedenti Alemanno e Marino, in alcuni casi l’importo lo supera di due volte e mezzo. La Raggi ha risparmiato sulle consulenze della Muraro nominandola assessore ma ci è andata pesante sui collaboratori più vicini. Qui il taglio degli stipendi non vale?", concludono gli esponenti di Fratelli d’Italia. "Stipendio record per il capo di gabinetto del sindaco m5s di Roma Raggi che guadagnerà più dei suoi predecessori. La Raggi su cosa intende fare i risparmi che ha annunciato in campagna elettorale? Sugli asili nido? Da movimento 5 stelle a Movimento 5 stelle superior extralusso". Lo scrive su Facebook il presidente di Fratelli d’italia, Giorgia Meloni. Sempre che la chiusura di Raggi e c. non sia politica, ideologica, più che tecnica. Allora non c’è niente da fare, che serve trattare, che serve l’incontro Raggi-Malagò che si terrà dopo il 18 settembre, alla fine della Paralimpiadi? La Giunta Raggi traballa, conviene alla sindaca buttare tutto a mare, rinunciare ai soldi che arriverebbero dai Giochi? Il fronte del no è compatto (almeno pare): la Raggi è in testa a chi non vuole i Giochi, almeno ora. Ha fatto la sua campagna elettorale sul no: ha 13 Municipi su 15 dalla sua a Roma, cosa direbbe adesso ai suoi elettori se cambiasse idea? Anche se c’erano molti giovani (fra cui naturalmente grillini) fra quelli che nel sondaggio Censis si sono espressi a favore dei Gochi. E poi, la Raggi che autonomia decisionale ha? Dipende dal Direttorio, dal mini-direttorio, dalla base. Fra i no decisi quelli di Paola Taverna, Stefano Vignaroli, Angelo Diario, Carla Ruocco, Alessandro Di Battista e forse altri grillini che non sono ancora usciti allo scoperto. Insomma, un fronte ampio. C’è chi non vuole nemmeno trattare col Coni. In più Di Battista non ha in grande simpatia Montezemolo e Frongia scrisse cose di fuoco su Malagò: certo, le questioni personali non c’entrano, o almeno non dovrebbe c’entrare. Qui la decisione va presa pensando ai romani, ai giovani, allo sviluppo della città, alla possibilità di trovare sbocchi lavorativi in tempi di crisi conclamata. La Raggi disse: "Nessun pregiudizio" quando incontrò Malagò a Palazzo H prima delle elezioni: non è vero, c’è una chiusura politica, più che tecnica. Non si vuole nemmeno entrare nel merito del dossier, dei benefici economici e non solo che ne avrebbero la città e la Regione. "Non è il momento di pensare ai Giochi", l’alibi. E allora, quando? Nel 2028? Nel 2032? Le ipotesi di Milano e Firenze sono ridicole, i membri Cio leggono i siti, sanno, l’immagine di Roma (e dell’Italia) ne esce a pezzi. E anche l’ipotesi che sia il governo a sostituire il Comune nelle impegni con il Cio non regge: pensate lo scontro fra Renzi e Grillo. A Renzi non conviene. Gli conviene aspettare e vedere se davvero i 5 Stelle sono in grado di governare Roma: con quello che succede adesso sembra proprio di no. CORRIERE.IT La giunta capitolina perde pezzi. La sindaca Virginia Raggi - su parere dell’Anac - revoca la nomina alla capo di gabinetto Carla Raineri e nel giro di pochi minuti si dimette anche l’assessore al Bilancio Marcello Minenna. Il terremoto si consuma nelle prime ore di giovedì, ma nel pomeriggio si registra un’altra scossa: lascia pure l’amministratore unico di Ama, Alessandro Solidoro, che si era insediato meno di un mese fa, il 4 agosto, in pieno caos rifiuti e dopo settimane di scontro tra il suo predecessore Daniele Fortini e l’assessora all’Ambiente Paola Muraro. Via, infine, i vertici Atac, il direttore generale Marco Rettighieri e l’amministratore unico Armando Brandolese. shadow carousel Caso Raineri, ecco il parere dell’Anac sulla nomina «Questa non è una crisi», assicura il vicesindaco Daniele Frongia nonostante le cinque dimissioni (accettate) in una sola giornata. «Stiamo lavorando per individuare delle personalità di rilievo che possano contribuire al rilancio della città: non ci fermiamo», si limita ad annunciare Raggi. Ma poiché nel corso del consiglio comunale pomeridiano non riferisce né su Ranieri né su Minenna, per protesta il Pd e Sinistra italiana abbandonano l’Aula. Secco il commento del premier Matteo Renzi: «Non metto bocca sulle questione della squadra del sindaco di Roma.Chi vince ha il dovere di governare». Il retroscena Raineri e Minenna erano (sono?) legati da reciproca stima, tanto che proprio l’assessore dimissionario è stato lo sponsor della magistrata della Corte dei Conti per l’incarico in Campidoglio. Ma per spiegare l’improvviso passo indietro del dirigente Consob in aspettativa («Ho servito lo Stato anche stavolta») ci sono solo ipotesi: circolano voci di faide interne, di clima avvelenato, di scontri in particolare con Raffaele Marra, legato all’ex sindaco Gianni Alemanno, che Raggi ha inserito nella sua segreteria politica. . Secondo altri rumors però negli ultimi tempi la sintonia con Raineri non c’era più: a Palazzo Senatorio c’è chi sostiene che a difendere la capo di gabinetto era rimasto solo Alessandro Di Battista. Sullo sfondo, negli ambienti grillini si mormora che Minenna sarebbe in pole position per diventare ministro dell’Economia in un eventuale governo guidato da Luigi Di Maio. Al quale l’assessore dimissionario è molto vicino, come lo è a Carla Ruocco, un’altra esponente del direttorio nazionale del M5S. Le municipalizzate Anche le dimissioni di Solidoro, presidente dell’Ordine dei commercialisti di Milano, sono legate a quelle di Minenna. L’amministratore unico di Ama, si legge in una nota della municipalizzata, «ha ritenuto venute meno le condizioni per l’incarico affidatogli». Era stato l’ex assessore al Bilancio infatti a sceglierlo per salvare Roma dalla sporcizia. Il passo indietro dei vertici Atac invece non ha a che fare con quello del dirigente Consob, ma deriva comunque da contrasti con la squadra pentastellata. Tra procura e Anticorruzione L’incarico a Raineri era finito nella bufera da settimane, a causa del compenso di 193mila euro che le era stato attribuito. Considerato da più parti incoerente con la promessa dei Cinque stelle di risparmiare e contestato anche dalla base pentastellata, lo stipendio della magistrata, insieme alla nomina, è diventato oggetto di un esposto di Fratelli d’Italia, in base a cui la procura ha aperto un’inchiesta. Ma la revoca dell’incarico non è dipesa dalla «mossa» di FdI. «Sulla base di due pareri contrastanti -ha spiegato Raggi in un post notturno su Facebook - ci siamo rivolti all’Anticorruzione di Raffaele Cantone. L’Authority ha dichiarato che la nomina di Carla Romana Raineri a capo di gabinetto va rivista in quanto “la fonte normativa a cui fa riferimento è l’articolo 90 Tuel (Testo unico enti locali, ndr) che in questo caso, però, è da ritenersi impropria”. Ne prendiamo atto. Di conseguenza, sarà predisposta l’ordinanza di revoca». L’Anac ha attribuito l’errore all’Avvocatura capitolina, che «nei pareri resi su richiesta» della sindaca avrebbe «sovrapposto norme che disciplinano situazioni diverse». Dunque, come sostiene Raineri, la revoca non è dipesa dallo stipendio. Almeno ufficialmente, perché così si legge nelle carte RAGGI Trasparenza. È uno dei valori che ci contraddistingue e che perseguiamo. Per questo motivo abbiamo deciso di chiedere un parere all’ANAC, l’Autorità Nazionale Anticorruzione, su tutte le nomine fatte finora dalla Giunta. Una richiesta per garantire il massimo della trasparenza: il "palazzo" deve essere di vetro, tutti i cittadini devono poter vedere cosa accade dentro. Questo è il M5S. Sulla base di due pareri contrastanti, ci siamo rivolti all’ANAC che, esaminate le carte, ha dichiarato che la nomina della Dott.ssa Carla Romana Raineri a Capo di Gabinetto va rivista in quanto "la corretta fonte normativa a cui fare riferimento è l’articolo 90 TUEL" e "l’applicazione, al caso di specie, dell’articolo 110 TUEL è da ritenersi impropria". Ne prendiamo atto. Conseguentemente, sarà predisposta l’ordinanza di revoca. INTERVISTA ALLA RAINERI «Io non guadagno tanto, la differenza con il mio stipendio precedente è di mille euro al mese, e con quei soldi devo pagare i viaggi per Milano dove risiede la mia famiglia e l’albergo a Roma». Reagisce energicamente il capo di gabinetto della sindaca Virginia Raggi alla notizia che sul suo stipendio da 193 mila euro si sta scatenando una tempesta politica. Carla Romana Raineri, piacentina, magistrata fuori ruolo, è stata già accanto al commissario straordinario del Campidoglio Francesco Paolo Tronca come capo dell’anticorruzione. L’opposizione capitolina protesta. Non crede che lo stipendio sia considerevole? «Io sono un magistrato, guadagnavo 170 mila euro, ora sono 21 mila in più, al netto la metà, ovvero circa mille euro al mese con cui pago anche l’alloggio a Roma». Ma il M5S parla di tagli, risparmi e poi non lo fa? «Io lavoro dalle 7 alle 24 tutti i giorni, non vedo la mia famiglia, faccio una vita complicata: se fossi rimasta a Milano, nella mia casa a cento metri dal palazzo di Giustizia, starei meglio». Si è pentita? «Non voglio essere usata dal Pd per fare una battaglia politica, non voglio essere usata per mettere in difficoltà la sindaca. Io non raccolgo margherite, a fare il mio lavoro non ci può essere chiunque. Certo possono risparmiare, vanno alla stazione Termini e prendono una persona qualsiasi». Poi commenta: «Certo non avrei mai immaginato...» Cosa? «Di dover giustificare il mio stipendio a cinque anni dalla pensione e con la professionalità che ho». RETTIGHIERI «Me ne vado». Marco Rettighieri, direttore generale di Atac, è sulla porta: la lettera di dimissioni è pronta, i segnali che arrivano dal Campidoglio sono negativi (si lavora per un nuovo management) e quindi l’azienda dei trasporti è al momento nel caos, con un dg ormai praticamente fuori. Tra i motivi: si sente «abbandonato dall’amministrazione», lamenta le «ingerenze della politica» (sugli spostamenti interni dei dipendenti) e nella lettera accusa Raggi di aver fissato per l’azienda a settembre obiettivi irraggiungibili. Direttore, se ne va? «Sì, sono stanco, sono mesi che la politica mi ha abbandonato. Poi, certo, sto ragionando: non sono tipo da azioni campate in aria, fatte d’istinto. Io sono un tecnico. Ho un compito, una professionalità e, se mi permette, un’onestà...». Forse niente può convincerla a rimanere. Ma lei cosa chiede al Campidoglio? «Vorrei una risposta alle richieste inoltrate, molto semplice. L’azienda ha compiuto tutti gli sforzi necessari a migliorare il servizio, però abbiamo bisogno dei fondi assicurati». Si riferisce ai 18 milioni di euro per le manutenzioni della metro A che lei aveva sollecitato per evitare il caos a settembre? «Esatto, ne ho fatto cenno nella lettera all’assessora perché da quell’appello non ci sono state novità. Non è arrivato alcun bonifico». L’assessora Meleo però dice che arriveranno, cita una determina e una delibera di giunta. «Peccato che non basti, serve il via libera del Consiglio. Ma comunque non è questo l’unico problema. È l’amministrazione che deve agire, io sono sempre stato a disposizione ma se ritengono di dover mettere una loro persona di fiducia, basta dirlo. Io non me ne vado immediatamente solo per senso di responsabilità verso dodicimila dipendenti, e per i sette mesi di vita in un’azienda che ho il compito di risanare. È una questione di coscienza». Ma non ha avuto contatti dopo lo scontro con la Meleo? «No, io aspetto. L’amministratore (Armando Brandolese, ndr) ha chiesto un incontro con la sindaca: nessuna risposta». Veniamo alle ingerenze del Campidoglio sulla gestione dei dipendenti. «Ho già scritto tutto all’assessore. Il trasferimento di impiegati viene visto come un commissariamento anche dai sindacati...». Lei ha anche spinto per l’apertura dell’inchiesta su possibili truffe in Atac. Cosa succederà su questo fronte? «La procura sta portando avanti l’indagine. Io resto comunque a disposizione, a differenza di altri predecessori in caso di un addio non avrei altri legami con Atac». A cosa si riferisce? «Al mio contratto, che non prevede ulteriori stipendi dopo le dimissioni». LASTAMPA.IT A poco più di due mesi dalle elezioni a Roma la squadra di Virginia Raggi ha iniziato a perdere i pezzi. Dopo la revoca della nomina del capo di gabinetto, Carla Raineri, si sono dimessi anche l’assessore al Bilancio, Marcello Minenna, i vertici dell’Atac, l’azienda di trasporto pubblico capitolina (il direttore generale Marco Rettighieri e l’amministratore unico Armando Brandolese), e l’amministratore unico di Ama, Alessandro Solidoro. Il manager della municipalizzata che si occupa di ambiente e rifiuti era arrivato meno di un mese fa per sostituire il presidente Daniele Fortini. «Ha ritenuto venute meno le condizioni per l’incarico affidatogli», ha comunicato l’Ama. Bufera dimissioni sul campidoglio: per chi hanno votato davvero i romani? Una giornata convulsa Un colpo di scena arrivato in un giorno particolarmente difficile per la giunta pentastellata. In Campidoglio la sindaca (che non ha partecipato al consiglio comunale delle 15) ha indetto una riunione e ha incontrato assessori e consiglieri del M5S: «Stiamo lavorando per individuare delle personalità di rilievo che possano contribuire al rilancio della città. Non ci fermiamo», ha detto Virginia Raggi, parlando della necessità di sostituire il suo capo di gabinetto e l’assessore capitolino al Bilancio. L’ex capo di gabinetto Carla Romana Raineri e l’assessore al bilancio dimissionario Marcello Minenna L’annuncio all’alba Alle 5 del mattino la sindaca di Roma Virginia Raggi fa l’annuncio della revoca della Raineri su Facebook. A metà mattinata l’ex capo di gabinetto rassegna le dimissioni. Assieme a lei ha lasciato anche l’assessore al bilancio Marcello Minenna. Un «destino» unito dall’inizio alla fine dell’esperienza in Campidoglio quello del magistrato Carla Romana Raineri e di Marcello Minenna. I due avevano già collaborato durante il commissariamento di Francesco Paolo Tronca, nella segreteria tecnica del commissario. Il post su Facebook all’alba In un post diffuso nella notte, la sindaca indica in un parere chiesto all’Autorità Anticorruzione per garantire la massima trasparenza la ragione della revoca dell’incarico alla capo di gabinetto. «Trasparenza. È uno dei valori che ci contraddistingue e che perseguiamo», scrive la sindaca Raggi. E proprio su trasparenza e compensi si sarebbero giocate le rotture tra Raineri e Minenna da una parte e Raggi e M5S dall’altra. Il parere dell’Anac In sostanza, l’Anac avrebbe ritenuto sbagliata la procedura adottata per le nomine e l’entità dello stipendio assegnato ai nuovi vertici del Campidoglio. Carla Romana Raineri, infatti, magistrato, aveva da subito detto di non voler rinunciare ai suoi emolumenti (193 mila euro), lo stesso aveva fatto Minenna, dirigente in Consob, che pur ricoprendo la carica di assessore capitolino non aveva rinunciato allo stipendio di 120 mila euro. M5S diviso «Apprendo la notizia dai giornali. Siamo in attesa di conoscere le motivazioni. Certo è che se la giudice Raineri e l’assessore Minenna dovessero formalizzare le loro dimissioni, questo rappresenterebbe una gigante perdita per la giunta. Sono due figure la cui professionalità è riconosciuta a livello internazionale e sarebbe un duro colpo». Così Paola Taverna, membro del mini-direttorio chiamato ad affiancare la sindaca Virginia Raggi. Raggi nella bufera, affondo della De Biase Pd all’attacco Renzi, intervistato da Rtl, resta alla larga: «Dimissioni al Comune di Roma? Non metto bocca». Più duri i commenti del Pd. «Il movimento 5 stelle dà prova di improvvisazione e incapacità amministrativa e a farne le spese sono i cittadini - commenta Ilena Piazzoni, deputata romana del Partito Democratico - In meno di tre mesi abbiamo dovuto assistere ad assegnazioni di stipendi scandalosi, pasticci e ingerenze su Atac, caso rifiuti con vicenda Ama e coinvolgimento della sua assessora. Ora, nella notte, arriva l’annuncio delle dimissioni della capo di gabinetto Raineri e dell’assessore al bilancio Minenna». FORMICHE E’ una crisi politica in piena regola, la prima da quando Virginia Raggi ha trionfato alle elezioni amministrative dello scorso giugno. In un colpo solo il sindaco pentastellato di Roma perde due pezzi fondamentali della sua squadra di governo della città: il super assessore – con deleghe al Bilancio e alle Partecipate – Marcello Minenna e il capo di gabinetto Carla Romana Raineri. “Entrambi dimissionari” ha raccontato l’agenzia di stampa Ansa, con una decisione formalizzata nella tarda serata di ieri. E non sono gli unici ad aver fatto oggi un passo indietro: in mattinata, infatti, anche i vertici di Atac si sono dimessi dopo il durissimo scontro innescato dalla lettera inviata dal direttore generale dell’azienda dei trasporti Marco Rettighieri all’assessore alla Mobilità Linda Meleo. Altro colpo di scena a metà pomeriggio quando anche il numero uno di Ama Alessandro Solidoro ha annunciato le dimissioni. L’ADDIO DI MINENNA “Il capo di gabinetto di Roma Capitale, Carla Raineri, e l’assessore al bilancio Marcello Minenna, hanno rassegnato ieri le proprie dimissioni. E’ quanto si apprende dallo stesso assessore del Comune di Roma“. Sono queste le parole con cui l’Ansa ha lanciato la notizia sul suo sito web. Ed è questa, di fatto, l’unica voce che è trapelata a proposito di Minenna. Sembra comunque che il suo addio sia strettamente collegato a quello del capo di gabinetto, la cui nomina era stata fortemente caldeggiata dallo stesso Minenna. LA VERSIONE DI RAGGI A parlare, anzi a scrivere, è stata invece Raggi che nella nottata di mercoledì 31 agosto ha affidato ad un post su Facebook alcune considerazioni. Nessun accenno al passo indietro di Minenna: il sindaco ha, però, dato la sua versione dei fatti sulla querelle che fin dalla nomina ha visto protagonista Raineri a causa del maxistipendio da 193.000 euro l’anno. “Ci siamo rivolti all’ANAC che, esaminate le carte, ha dichiarato che la nomina della Dott.ssa Carla Romana Raineri a Capo di Gabinetto va rivista“, ha affermato Raggi. Il motivo di questa indicazione dell’Anticorruzione andrebbe ricercata nell’errata applicazione da parte del Campidoglio del Testo Unico degli Enti Locali. Ha scritto ancora Raggi citando il parere dell’Autorità guidata da Raffaele Cantone: “La corretta fonte normativa a cui fare riferimento è l’articolo 90 TUEL e l’applicazione, al caso di specie, dell’articolo 110 TUEL è da ritenersi impropria“. LE DIMISSIONI DI RAINERI Dunque – da quanto pare di capire al momento – Raineri sarebbe stata nominata sulla base di un articolo di legge sbagliato, il 110 anziché il 90 del Testo Unico degli Enti Locali: il primo consentiva che le fosse attribuito uno stipendio così alto, mentre il secondo autorizza anche la corresponsione di una retribuzione più bassa, quella prevista dal “contratto collettivo nazionale di lavoro del personale degli enti locali“. Siamo nel campo delle ipotesi, ma è plausibile che sulla base del parere dell’Anac Raggi abbia detto a Raineri di voler rivedere gli estremi della sua nomina e che quest’ultima – magistrato sessantunenne della Corte d’Appello di Milano – abbia detto no e abbia così deciso di andarsene. Il sindaco su Facebook ha scritto che “conseguentemente” alle indicazioni dell’Anac “sarà predisposta l’ordinanza di revoca“, ma Raineri ha fornito all’Ansa una versione diversa: “Ho rassegnato le mie irrevocabili dimissioni già ieri“. LA VERSIONE DI RAINERI Parlando con un’altra agenzia di stampa – l’AdnKronos – Raineri ha annunciato che presto illustrerà più nel dettaglio le sue ragioni: “Al momento non voglio rilasciare dichiarazioni, quel che le dico è che diffiderò chiunque avanzi l’ipotesi che le mie dimissioni siano legate all’accettazione dell’articolo 90 ovvero a riduzioni dei miei compensi perché non è così. Credevo di essere stata chiamata per garantire la legalità. La verità è tutt’altra. Spiegherò presto le mie ragioni“. RAINERI E MINENNA Dunque, la versione più probabile – secondo le prime ricostruzioni – è che Raineri abbia anticipato la mossa del sindaco e che si sia dimessa prima di essere revocata. A seguire o contestualmente sono arrivate anche le dimissioni di Minenna, come detto vicinissimo a Raineri. Non si può escludere, comunque, che a motivare il passo indietro del dirigente Consob ci siano anche i dubbi su altri eventuali errori commessi in Campidoglio su nomine e stipendi di assessori e dirigenti vari. Se Anac ha rilevato che la delibera di nomina di Raineri è stata fatta sulla base di presupposti di legge sbagliati, cosa garantisce che lo stesso non sia avvenuto anche per tutti gli altri? E’ questa la domanda che potrebbe essersi posto Minenna. CERCASI TERZO CAPO DI GABINETTO A prescindere dai motivi che hanno condotto a queste doppie dimissioni, Raggi e il suo staff ora dovranno mettersi a lavoro per cercare un nuovo assessore e un nuovo capo di gabinetto, il terzo da quando il nuovo sindaco si è insediato. Non appena eletta, infatti, la prima cittadina aveva affidato quel ruolo all’attuale vicesindaco Daniele Frongia in tandem con il contestato da grillini dirigente capitolino Raffaele Marra, ma quella scelta venne poi ritrattata per dubbi anche in questo caso legati alla legittimità di legge e per alcune contestazioni arrivate dalla base dei cinquestelle. UN NUOVO SUPER ASSESSORE? Il passo indietro di Minenna potrebbe causare anche un rimescolamento più ampio delle deleghe all’interno della giunta Raggi. Il dirigente Consob, infatti, era stato chiamato ad occuparsi di due materie fondamentali: il Bilancio innanzitutto e poi anche le aziende partecipate. Due competenze che ne facevano di fatto l’assessore più importante della giunta capitolina. Considerato quanto tempo Raggi e i suoi abbiano impiegato per convincere Minenna ad accettare, non sarà semplice trovare qualcuno che riesca facilmente a prenderne il posto. A quanto risulta, l’ormai ex assessore in queste settimane stava lavorando in particolare su due fascicoli: un piano di valorizzazione e dismissione delle partecipate del Campidoglio e un assestamento tecnico del bilancio, da varare a metà settembre e dal quale cercare di racimolare qualche risorsa aggiuntiva da destinare alle principali esigenze della città. LA BUFERA SU ATAC A completare il quadro di una giornata da dimenticare per Virginia Raggi anche le doppie dimissioni che si sono registrate in Atac: sia l’amministratore unico Armando Brandolese che il direttore generale Rettighieri, infatti, hanno abbandonato l’azienda capitolina dei trasporti. I rapporti tra il Campidoglio e i vertici della società si erano definitivamente rovinati martedì scorso dopo la dura lettera di accuse inviata da Rettighieri all’assessore alla Mobilità Meleo. Un documento al quale – ieri nel tardo pomeriggio – era seguita la replica stizzita dell’amministrazione capitolina: “L’atteggiamento di Rettighieri è irresponsabile. Siamo alla ricerca di un nuovo management“. L’ADDIO DI SOLIDORO Ma non è finita: sono da poco trascorse quando le agenzie di stampa battono la notizia di un altro passo indietro, quello del numero uno dell’azienda capitolina dei rifiuti Solidoro, annunciato da Ama con uno scarno comunicato: “L’Amministratore Unico Alessandro Solidoro ha rassegnato le proprie dimissioni poiché, a seguito delle dimissioni dell’Assessore al Bilancio, Dottor Marcello Minenna, ha ritenuto venute meno le condizioni per l’incarico affidatogli“. Alla base della decisione di Solidoro ci sono dunque le dimissioni di Minenna che lo aveva fortemente voluto alla guida della municipalizzata della nettezza urbana. Per lo stesso motivo si vocifera che possa lasciare il direttore generale di Ama Stefano Bina che era stato nominato, sempre su input di Minenna, poco più di una settimana fa. ILPOST 429 1 Nel giro di poche ore il comune di Roma ha perso il capo di gabinetto e l’assessore al Bilancio, mentre nel pomeriggio si sono dimessi tre importanti dirigenti delle due più importanti aziende municipalizzate, ATAC e AMA. Stamattina Virginia Raggi, eletta sindaca di Roma due mesi fa con il Movimento 5 Stelle, ha revocato la nomina di Carla Raineri che nel frattempo aveva però già presentato le proprie dimissioni (secondo quanto dichiarato all’ANSA da Raineri); poco dopo si è dimesso da assessore al Bilancio anche Marcello Minenna. Nel pomeriggio si è saputo di altre dimissioni importanti: quelle del direttore generale di ATAC – l’azienda romana per i trasporti pubblici – Marco Rettighieri, da settimane in polemica con l’amministrazione Raggi; dell’amministratore unico della stessa azienda Armando Brandolese; e di Alessandro Solidoro, che da appena un mese era stato nominato presidente di AMA, la municipalizzata che gestisce i rifiuti per conto del Comune. Raineri è il secondo capo di gabinetto di Virginia Raggi a saltare in due mesi: la nomina del primo, Daniele Frongia, ex consigliere comunale del M5S, era stata accantonata per un presunto problema di incompatibilità per via della legge Severino (che dopo ulteriori accertamenti era stato risolto: ma intanto Raggi aveva cambiato idea su Frongia). Negli ultimi giorni si era discusso molto dello stipendio di Raineri da capo di gabinetto, quasi 193.000 euro l’anno in quanto ex magistrata (lei aveva detto: «Ma secondo lei a tre anni dalla pensione mi trasferisco a Roma per rimetterci?»). Anche la nomina di Raineri però non era regolare, e per questo Raggi l’ha revocata. Il capo di gabinetto si potrebbe definire il “braccio destro” del sindaco: la carica all’interno dell’amministrazione che si occupa di firmare e mettere in atto le sue delibere. Le motivazioni delle dimissioni dell’assessore al Bilancio Minenna non sono ancora chiare e sembrano legate alla revoca del mandato di Raineri che lo stesso Minenna aveva sostenuto. Di Minenna si era parlato qualche settimana fa per una presunta incompatibilità denunciata da un gruppo di deputati del PD tra la sua nomina ad assessore del comune di Roma e il suo incarico di dirigente dell’ufficio Analisi quantitative della Consob con conseguente accumulo dei due stipendi. La Consob ha poi risolto la questione del doppio incarico votando per la messa in aspettativa di Minenna. La Stampa scrive però che la questione del compenso avrebbe continuato ad essere un problema: «Su trasparenza e compensi si sarebbero giocate le rotture tra Raineri e Minenna da una parte e Raggi e M5S dall’altra. Carla Romana Raineri, magistrato, aveva da subito detto di non voler rinunciare ai suoi emolumenti (193 mila euro), lo stesso aveva fatto Minenna, dirigente in Consob, che pur ricoprendo la carica di assessore capitolino non aveva rinunciato allo stipendio di 120 mila euro». Le dimissioni di Rettighieri erano date come possibili almeno da ieri: secondo il Messaggero, alla base della polemica fra ATAC e il Comune, c’è la richiesta del Comune di avere una “visione preventiva” dei trasferimenti dei dirigenti all’interno dell’azienda. Rettighieri aveva accusato il Comune di voler “commissionare” ATAC, che è una municipalizzata (e come tale ha un certo grado di indipendenza dalla giunta). Solidoro, come ha spiegato in un comunicato stampa la stessa AMA, si è dimesso perché era stato nominato da Minenna, e quindi «ha ritenuto venute meno le condizioni per l’incarico affidatogli». La situazione di Roma è particolarmente complicata: dal punto di vista economico, innanzitutto. Poi negli ultimi anni ci sono stati una serie di scandali e inchieste giudiziarie – “affittopoli”, “parentopoli”, Mafia Capitale, la crisi dei rifiuti e dell’azienda che li gestisce – che hanno mostrato quanto fosse opaca e scadente la gestione di molti settori della pubblica amministrazione e degli enti che erogano servizi fondamentali della città. Qualche settimana fa Virginia Raggi ha parlato della situazione dei rifiuti in città nel corso di un consiglio straordinario dell’Assemblea Capitolina, il consiglio comunale di Roma. Raggi ha detto che la situazione dei rifiuti accumulati per le strade di Roma nelle ultime settimane è stata quasi risolta e ha difeso Paola Muraro, il suo assessore all’Ambiente, criticata dal PD per i suoi precedenti legami con AMA, l’azienda pubblica che gestisce i rifiuti di Roma e che è accusata di sprechi e clientelismo. Per affrontare la questione Muraro ha deciso di utilizzare in maniera più intensiva una serie di impianti per il trattamento rifiuti, tutti e quattro costruiti o gestiti da un imprenditore locale, Manlio Cerroni, proprietario di una vasta filiera di imprese del settore. La procura di Roma sospetta che in passato questi stessi impianti siano stati sottoutilizzati rispetto alle loro capacità, forse con la complicità di esponenti dell’AMA. Al momento è in corso un’indagine per truffa e l’opposizione ha accusato Muraro di non essere estranea a questa indagine. Un altro problema che la giunta Raggi deve affrontare è quello delle Olimpiadi. Durante la sua campagna elettorale Raggi aveva dichiarato di essere contraria alla candidatura di Roma per i Giochi. Qualche giorno fa l’assessore all’Urbanistica della sua giunta ha dichiarato però «di voler dire sì ai Giochi se saranno per la città e se si farà una grande opera per i cittadini». Diversi giornali dicono che all’interno del Movimento 5 Stelle ci sono due posizioni contrapposte e Raggi, per ora, ha fatto sapere che incontrerà il presidente del CONI Giovanni Malagò per discutere della questione. Non ha preso però ufficialmente alcuna posizione. Sui giornali, negli ultimi giorni, si è anche parlato del fatto che a Roma non siano ancora cominciate le celebrazioni delle unioni civili dopo l’approvazione della legge lo scorso maggio. Sul sito del comune di Roma, nella sezione in cui si parla della procedura per chiedere l’unione civile, si dice che tutto è posticipato all’entrata in vigore dei decreti attuativi. Ma le celebrazioni sono consentite e previste anche prima dell’emanazione di questi decreti e proprio secondo la stessa legge (la numero 76 del 2016). Le associazioni LGBTQ hanno dunque scritto una lettera alla sindaca chiedendo un incontro e i motivi di questo ritardo. Nella lettera si fa inoltre presente che Roma sarà probabilmente l’ultima tra le grandi città a celebrare le unioni civili dopo che Torino, Palermo, Napoli, Bologna, Milano e molte altre hanno già dimostrato «di volerci essere». ILMESSAGGERO.IT Dopo le dimissioni dell’assessore al Bilancio, Marcello Minenna e del capo di gabinetto del sindaco, Carla Raineri, per l’amministrazione di Virginia Raggi è in arrivo un’altra bufera. Annunciata dalle polemiche dei giorni scorsi ma ora ufficiale: pochi minuti fa, ha appena appreso il Messaggero, si è dimesso Marco Rettighieri, il direttore generale di Atac. Insieme a lui lascia l’amministratore unico Armando Brandolese. La mossa dei vertici di Atac, la più grande partecipata del Tpl d’Italia, arriva dopo due settimane di accuse con il Campidoglio, in particolare con l’assessore ai Trasporti, Linda Meleo, e il titolare del Bilancio. Uno scontro originato dalla richiesta del Comune di avere una "visione preventiva" di tutti i trasferimenti dei dirigenti interni all’azienda. Rettighieri le ha definite "ingerenze esterne", accusando la giunta M5s di voler "commissariare" la municipalizzata. Una diatriba, quella sulle nomine, che ha avuto inizio dopo il trasferimento di un dirigente di Atac attivista del Movimento Cinque stelle. Ma le frizioni tra i manager di via Prenestina e la giunta Raggi riguardano anche i fondi per la manutenzione della metro A. "I 18 milioni di euro stanziati dalla giunta il 12 agosto non sono mai arrivati sul nostro conto corrente", ha denunciato il diggì in una lettera indirizzata anche alla Commissione Trasporti del Senato. E quindi divenuta di pubblico dominio. Dopo la missiva il Campidoglio ha cambiato linea. E ha pubblicamente attaccato Rettighieri. Notizie di ieri: una nota del Comune ha definito "irresponsabile" l’atteggiamento del direttore generale. Annunciando che è già partita la ricerca per trovare il sostituto. Una partita che però ora si interseca con quella, ancora più complicata, del rimpasto di giunta. Chi arriverà nel quartier generale di via Prenestina? Nel toto-nomi, nelle ultime ore, ha preso forza la candidatura di Enrico Sciarra, ex manager di Atac ora all’Agenzia per la Mobilità. Nei giorni scorsi era spuntato il nome di Pietro Spirito, ex direttore della Produzione di Atac, ora impegnato nella riqualificazione di Bagnoli. Lui, su queste colonne, ha smentito: «Mi sono già disintossicato da Atac, non ci penso proprio a tornare». Nel M5S si studiano le alternative. Tra le prime ipotesi che circolano c’è Gianluca Ponzio, attuale diggì di Trambus Open. Resta sullo sfondo anche l’ex ad Carlo Tosti.