di Giorgio Meletti, il Fatto Quotidiano 1/9/2016, 1 settembre 2016
ENEL, ULTIMI GIORNI DI POMPEI: L’UOMO DELLA FIBRA SE NE VA
L’amministratore delegato di Enel Open Fiber, Tommaso Pompei, sta discutendo con il numero uno del colosso elettrico, Francesco Starace, i termini della sua uscita dal gruppo. Pompei è stato nel 1997, ai tempi della gestione di Franco Tatò, il fondatore della Wind. Meno di un anno fa è rientrato nel gruppo Enel dopo una parentesi di dieci anni. Starace gli ha affidato l’ambizioso piano di realizzazione della nuova rete a banda ultralarga, che punta a investire 3,7 miliardi per portare in cinque anni la fibra ottica in 9,5 milioni di abitazioni. Un’operazione mirata a mettere alle corde la rete telefonica di Telecom Italia, ancora basata sull’accesso alle abitazioni con fili di rame, ma decisiva per gli equilibri patrimoniali e occupazionali dell’ex monopolista telefonico.
Un mese fa, il 28 luglio, Pompei ha presentato alla stampa l’operazione, pesantemente sponsorizzata dal governo Renzi e incardinata sull’alleanza paritetica con la Cassa Depositi e Prestiti per acquistare al prezzo esagerato di circa 800 milioni Metroweb, la società che ha cablato Milano. Nell’occasione si era già capito che qualcosa non funzionava. Pompei aveva energicamente contraddetto uno dei cavalli di battaglia di Starace, cioè la sinergia tra la costruzione della nuova rete e la sostituzione di 20 milioni di contatori elettrici tradizionali con altrettanti apparecchi digitali: “Non c’è alcun nesso tra le due operazioni, sono completamente indipendenti”.
Lo scorso 17 agosto una sentenza del Tar di Brescia ha ribadito l’obbligo per l’Enel di consentire l’accesso alla sua rete elettrica anche agli operatori telefonici che volessero posare fibre ottiche nei suoi cosiddetti cavidotti. Un dettaglio regolamentare già ammesso dallo stesso Pompei in conferenza stampa: in pratica la sua Enel Open Fiber avrebbe piazzato le fibre ottiche nelle canaline Enel senza usufruire di nessuna utilità o risparmio che non fosse disponibile per chiunque altro, anche la stessa Telecom.
Le voci sull’uscita imminente di Pompei dal gruppo Enel apparentemente confermano le diffuse perplessità sul disegno strategico di Starace. Se da un punto di vista generale è un bene per lo sviluppo digitale del Paese che l’Enel (società controllata dallo Stato) e la Cdp (dello Stato per oltre l’80 per cento) spendano 3,7 miliardi per portare le fibra ottica al portone di 9,5 milioni di famiglie, più sfuggente risulta la convenienza industriale per il colosso elettrico – per il 70 per cento in mano ad azionisti privati – di investire tanto denaro in una rete di “fibra spenta”, cioè utilizzabile a richiesta solo da operatori telefonici quale Enel Open Fiber non è.
Tra l’altro nel luglio scorso Telecom Italia ha annunciato l’alleanza e l’unificazione delle rispettive reti a banda larga con Fastweb, società pioniera della fibra ottica che fino a quel giorno prima sembrava per Pompei il cliente più interessante su cui puntare per vendere il transito sulla nuova rete di Internet veloce. Difficile attribuire la decisione di Pompei di trattare l’uscita alle apparenti incongruenze della strategia di Starace per la banda larga.
Il piano è quello che è da prima che Pompei rientrasse in Enel e il manager 74enne ha troppa esperienza nel mercato delle telecomunicazioni (è stato prima di Wind tra i fondatori di Omnitel, oggi Vodafone) per supporre che abbia intuito solo dopo qualcosa di storto. Infatti le voci di mercato – plurime e convergenti – parlano di divergenze incomprimibili sulla gestione tra Pompei e Starace. In gioco ci sarebbe il tema dell’autonomia. Nella conferenza stampa del 28 luglio Pompei aveva sottolineato con vigore come la struttura azionaria del nuovo soggetto, con Enel e Cdp in perfetto equilibrio, garantisse l’indipendenza del management.
Pompei sul punto si era forse fatto qualche illusione di troppo, visto che comunque per la realizzazione della nuova rete si tratta di gestire miliardi di appalti e acquisti sui quali difficilmente un azionariato così strettamente collegato al potere politico (i vertici di Enel e Cdp appunto) sarà incline a lasciare mano libera ai manager. L’Enel, interpellata, ha smentito in modo netto e ufficiale l’esistenza di qualsiasi problema di rapporti con Pompei. Ma è un po’ come l’oste che garantisce sulla bontà del vino. Per il Fatto risultano più convincenti alcuni sommelier indipendenti che hanno percepito sentore di aceto.
di Giorgio Meletti, il Fatto Quotidiano 1/9/2016