Gianemilio Mazzoleni, Style, Corriere della Sera 9/2016, 30 agosto 2016
JAY MCINERNEY
Romanzo geniale, emblema di una generazione, capostipite di uno stile nuovo. Le mille luci di New York proiettarono nell’immaginario collettivo Jay McInerney e la Manhattan alla cocaina degli anni Ottanta, dove anche uno sfigato intellettuale di provincia inseguiva sniffando soldi, successo e modelle, segnando per sempre un’epoca e un genere letterario. Come fa uno scrittore di 29 anni a sopravvivere a un simile trionfo? Non può. Perché tutti i suoi romanzi successivi saranno sempre paragonati a quella straordinaria e inimitabile eiaculazione di furore giovanile. Può deprimersi, suicidarsi, sparire. McInerney ha scelto di invecchiare. E di continuare a divertirsi. Sposarsi quattro volte, frequentare tutti i party dei ricchi e potenti, andare in tv, diventare un editorialista per il Wall Street Journal, ma come esperto di vini. Raccontando la vita del ragazzaccio che invecchia come la sua New York e fregandosene degli insulti letterari del tipo «la triste fine di un mito». L’8 settembre uscirà La luce dei giorni (Bompiani), ultimo libro di una trilogia iniziata con Si spengono le luci, sul crollo di Wall Street del 1987, e proseguita con Good life, sull’11 settembre, per arrivare al trionfo di Obama e alla crisi del 2008. Molti continuano a stroncarla, ma il New Yorker l’ha definita tolstojana, almeno nello sforzo. E lo sforzo di una vita passata a cercare il piacere è sempre degno di nota.