Massimiliano Castellani, Avvenire 30/8/2016, 30 agosto 2016
È FINITA LA PASTA DEL CAPITANO
«O Capitano! Mio Capitano! Il nostro viaggio tremendo è terminato, la nave ha superato ogni ostacolo, l’ambìto premio è conquistato... ». Di sicuro il poeta americano Walt Whitman quando scrisse questi versi non fu ispirato da un capitano di calcio, però a noi è sempre piaciuto credere che quell’uomo con la fascia al braccio potesse c’entrarci qualcosa. Non era forse poesia la fascia bianca sulla maglia grigia bordata d’azzurro di Dino Zoff che a Spagna 1982 salvava sulla linea la vittoria contro il Brasile di Zico e Socrates che valeva un Mundial? E come dimenticare il braccio alzato di Franco Baresi che dalle retrovie invitava tutto il Milan all’attacco? E vogliamo ricordare le difese strenue al canto delle sirene miliardarie di Giancarlo Antognoni storica bandiera di Firenze e di Gigi Riva eterno totem di Cagliari? In Nazionale e nella Juventus oggi c’è uno Zoff del terzo millennio, che risponde al nome di Gigi Buffon e che ha giurato di voler difendere i pali fino a quarant’anni. E allora il capitanato in quel caso è garantito, fatti salvi anche i miti di Zoff e Gaetano Scirea. Ma al Milan, dopo il triste valzer degli addii di Baresi e Paolo Maldini, solo per via della “lunga” militanza (è rossonero dal 2012) è stata rinnovata la fiducia al poco carismatico Riccardo Montolivo. Si è persa la pasta del capitano: l’aurea del trascinatore, il carisma dell’hombre vertical che vive in perfetta simbiosi con il club e con il suo popolo.
Alla Roma è per questo che indefessi continuano a conservare quasi fosse l’Ara Pacis quel monumento vivente (ormai diventato ingombrante) di Francesco Totti. Quando il vecchio “Pupone” siede in panchina, allora per quieto vivere la fascia passa allo stagionato capitan futuro Daniele De Rossi, il quale però l’ha ap- pena persa. Galeotto è stato il ciclico “colpo di testa” del tribuno Daniele: il rosso rimediato con il Porto è valsa anche l’esclusione dei giallorossi dalla Champions. De Rossi a Cagliari è tornato in campo, ma la fascia nel frattempo è passata al braccio di “cuore di nonna” Alessandro Florenzi. Passaggio in ombra, illuminato dalle frecciatine ardenti della critica – più attenta – all’indirizzo della discutibile scelta tecnica.
«Io seguo il mio regolamento», ha sottolineato nel dopo Cagliari-Roma il tecnico Luciano Spalletti che, non lo dice ma è implicito, ha premiato Florenzi per la sua giovane saggezza e quel sano fair play che lo caratterizza dagli esordi. Tutto secondo la norma se solo a Trigoria non aleggiasse impetuoso lo spettro di Totti, presente in ogni situazione, compresa la capitaneria del porto romanista. Una grana in più, come nell’Inter cinese in cui dopo l’addio di Roberto Mancini (dentro l’olandese poco volante Frank de Boer) il capitano è rimasto Maurito Icardi. Certo che per un club come la Beneamata, che ha avuto leader maximi del calibro morale di Giacinto Facchetti fino all’ultimo discendente Javier Zanetti, quella di Icardi è parsa fin dall’inizio una provocazione. Il bomber argentino, che si divide tra la Pinetina e una vita da selfie made mancon l’inseparabile moglie-procuratrice Wanda Nara, è tutto fuorché un capitano, ovvero un punto di riferimento. Se fosse stato per la Wanda, il giovane marito in estate avrebbe dovuto traslocare, con tutta la prole, altrove, destinazione: va dove ti porta la migliore offerta economica. Il bomber è mobile e non è detto che Icardi non venga rimesso sul mercato (mancano dieci giorni alla chiusura); in quel caso la sua fascia all’Inter andrebbe all’asta. Scenario simile possibile anche alla Fiorentina, in cui il “politico” Borja Valero giura fedeltà alla Viola, ma i fratelli Della Valle sono sensibili all’affarismo e soprattutto ai dollari di mister Pallotta che lo vorrebbe alla Roma. Lo spagnolo è un leader nato e riconosciuto da tutti, anche se il capitano di Paulo Sousa è l’argentino Gonzalo Rodríguez.
La pasta del capitano è esaurita da un pezzo. Oggi soltanto due piccole grandi, come il Chievo e il Sassuolo, possono vantare capitani di lungo corso. Sergio Pellissier già per le sue radici valdostane rappresenta una rarità, e se a questo aggiungiamo sedici anni di militanza ininterrotta con la società del presidente Luca Campedelli si comprende che siamo di fronte a qualcosa di straordinario. Come straordinario è l’attaccamento di Francesco Magnanelli al Sassuolo. Trovate un altro giocatore in Europa che abbia giocato nella stessa squadra dalla C2 alla Serie A, fino all’Europa League. Magnanelli ha vissuto tutto questo dal 2005, e continua ad essere un faro in campo e un esempio per tutto il calcio italiano che, tra le tante cose, ha perso anche i suoi capitani.