Pierfrancesco Curzi, il Fatto Quotidiano 28/8/2016, 28 agosto 2016
“RASSEGNATEVI, PER ESTIRPARE DAESH CI VORRANNO ALTRI 10 ANNI” – [Intervista a Feras al-Hanosh] – La guerra in Siria riserva ogni giorno la sua dose di morte e violenza
“RASSEGNATEVI, PER ESTIRPARE DAESH CI VORRANNO ALTRI 10 ANNI” – [Intervista a Feras al-Hanosh] – La guerra in Siria riserva ogni giorno la sua dose di morte e violenza. Ad Aleppo 15 persone sono state uccise ieri da due barili bomba sganciati da elicotteri governativi; secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), gli ordigni sono arrivati mentre era in corso una veglia per altri 11 bambini morti in un bombardamento avvenuto giovedì. A 160 chilometri c’è Raqqa, la “capitale” siriana dell’Isis; da lì le notizie arrivano grazie agli sforzi di chi sfida il silenzio imposto dai jihadisti; fra loro c’è Feras al-Hanosh, del gruppo Raqqa is being slaughtered silently, che giovedì prossimo sarà in Italia, ad Ancona, per partecipare a un incontro. Feras, quando è riuscito a scappare da Raqqa? Nel marzo del 2014, l’arrivo del Daesh in città ha creato sconquasso. Una volta che il fronte dell’Esercito Siriano Libero è stato spazzato via, per noi non c’era più futuro. Quale è stato il percorso successivo? Avevo studiato Medicina ad Aleppo e lì sono tornato per operare sul campo, collaborando con Medici senza frontiere. In quel periodo ho iniziato a scrivere per raccontare le violenze dell’Isis da una parte, e quelle del regime siriano dall’altra. Aleppo era già sotto attacco. Poi è nata l’esperienza di Rbss. Raccontare le vicende siriane non deve essere stato facile. No, al punto che sono iniziate ad arrivare minacce per la mia vita. Sono fuggito in Turchia, a Gaziantep, ma anche lì ho rischiato di morire, così l’anno scorso sono approdato in Germania e lì vivo con la mia compagna. Continuo a fare il giornalista per Rbss, ma temo che da un momento all’altro mi possano raggiungere anche qui. Quale sorte per Raqqa? L’Isis sarà sconfitto, ne sono sicuro, ma per estirpare completamente il male, tutte le unità presenti, ci vorranno almeno dieci anni. Com’era la vita sotto l’Isis? Oltre agli orrori, alle esecuzioni e ai rapimenti, una cosa mi ha colpito: il cambio del sistema di vita, di pensiero, la religione applicata in maniera radicale, la mancanza del senso di libertà. Non potevo restare. Cosa è successo a chi è rimasto? Ho perso diversi parenti, i miei genitori sono ancora laggiù. Tanti amici sono stati uccisi. Nonostante stia perdendo terreno, l’Isis a Raqqa detta ancora legge, chi sgarra sparisce, viene arrestato. Inoltre, la gente deve stare attenta pure alle bombe dal cielo. Quanti tuoi colleghi di Rbss sono stati uccisi? Tre fra quelli che conoscevo bene, assassinati per strada a Gaziantep. Così sono scappato anche dalla Turchia. Speri di tornare a casa? Raqqa e Aleppo mi mancano, non penso di poter vivere lontano per troppo tempo. Purtroppo, sconfitto l’Isis, resterà il regime di Assad. Cosa pensi della strategia della Turchia nel nord della Siria? Erdogan teme per le minacce dell’Isis ed è passato al contrattacco. Non ce l’ha con i curdi, popolo stupendo, ma contro i terroristi dell’Ypg e del Pkk. Io stesso ho dei parenti curdi, ma i soldati di quei gruppi armati sono altro. Eppure senza il loro aiuto alcune città siriane, Manbji ad esempio, non sarebbero mai state liberate dal Daesh. Bisogna ringraziare soprattutto la coalizione internazionale per quello. Proprio in questi giorni Damasco ha annunciato di aver conquistato Daraya, è una vittoria per Assad? Il regime ha ripreso il controllo della città dopo quattro anni di combattimenti e di stragi, i ribelli hanno dovuto combattere non solo contro di lui, ma anche contro con Russia, Iran e Hezbollah. Cosa pensi dei media internazionali che trattano la guerra in Siria? In generale i media non sono neutrali e indipendenti. E anche l’Italia non si è fatta un’opinione chiara su cosa stia realmente accadendo in Siria. Pierfrancesco Curzi, il Fatto Quotidiano 28/8/2016