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 2016  agosto 27 Sabato calendario

“AIUTO, LA MINISTRA BOSCHI SI È IMPOSSESSATA DI ME” – [Intervista a Giorgia Salari] – Così, all’improvviso, senza volerlo, durante l’incontro arriva un semplicemente accompagnato dalla testa un po’ inclinata, lato sinistro delle labbra arricciato e lieve ma percettibile inflessione toscana

“AIUTO, LA MINISTRA BOSCHI SI È IMPOSSESSATA DI ME” – [Intervista a Giorgia Salari] – Così, all’improvviso, senza volerlo, durante l’incontro arriva un semplicemente accompagnato dalla testa un po’ inclinata, lato sinistro delle labbra arricciato e lieve ma percettibile inflessione toscana. Mi scusi Giorgia Salari, ma dopo due mesi di tournée è posseduta da Maria Elena Boschi? È successo di nuovo? Perché, le capita spesso? In particolare quando tengo molto al personaggio che interpreto, ho una sorta di ‘orecchio contaminato’ che entra in gioco. (Giorgia Salari è da due mesi sul palco con Marco Travaglio per lo spettacolo “Perché No: tutte le bugie del Referenzum”. Lei interpreta il ministro delle Riforme) Come ha costruito il personaggio della Boschi? Ho lavorato molto sui suoi discorsi pubblici, ho studiato le interviste, visto un’infinità di filmati. Cosa ha scoperto del ministro? La ripetitività dei concetti espressi, quasi sempre accompagnati da un sorrisetto formale, in lei c’è qualcosa di affettato. Quando parla, ogni tot, pronuncia una delle sue parole chiave, una sorta di mantra per mantenere il filo logico del discorso. Una di queste è semplicemente. Che lei sottolinea più e più volte. Guardi che la mia parte è costruita tutta sui discorsi pronunciati realmente dalla Boschi. Non ha alterato proprio nulla? Nulla in quanto alle sue risposte, ed è uno dei punti di forza dello spettacolo. Poi rispetto all’imitazione entrano in gioco altre dinamiche più ironiche. Cosa ha evitato di inserire nel personaggio-Boschi? Il classico clichè del binomio bella-stupida. Lei stupida non è. Quindi? Abbiamo immaginato qualcosa di altro, bene rovesciare, abbiamo lavorato sulla necessità evidente di apparire coma la prima della classe, infatti rimarca in continuazione: ‘Ho una laurea in Giurisprudenza’. Le è uscito di nuovo l’accento toscano. Almeno questa volta me ne sono resa conto! Quando ha capito di aver reso suo il personaggio. Ogni interpretazione cresce con il passare del tempo, si perfeziona. Però i primi di agosto, a Bolgheri, alla fine si avvicina un signore e mi dice: ‘È la prima volta nella mia vita che detesto un’attrice’. Prego? ‘Sì, non la sopporto, è identica alla Boschi’. Lei nasce come attrice di prosa… È vero, infatti la satira politica ha una sua storia molto forte e rispetto alla quale non mi ero mai cimentata. Ci sono entrata in punta di piedi, ho dovuto lavorare andando oltre l’imitazione della forma, la ripetizione dei tic, la gestualità; cercando di entrare nel percorso, nel pensiero della persona prendendo spunto da quella che Fo definisce la ‘dimensione morale’. Di questo Referenzum, qual è l’aspetto che più l’ha colpita? La discrepanza tra come è stata scritta la riforma Boschi e come viene proposta; tra la non chiarezza degli articoli e la perenne semplicità da slogan pubblicitario. C’è una nevrosi del cambiamento per il cambiamento. Nella sua carriera ha lavorato a teatro con big come Ronconi e Lavia, al cinema con un regista pluripremiato come Martone. Le è mai accaduto di affrontare un silenzio mediatico come quello che sta accompagnando la tournée sua e di Travaglio? Mai. Mai. E ancora mai. Ho recitato in teatri di prosa da 600 e passa posti come il Piccolo di Milano o l’Argentina di Roma, dove riempirli è già un successo, dove il sold out è giustamente raccontato e celebrato. Ebbene, da due mesi registriamo serate con mille, o duemila persone come a Savona, ma nessuno racconta nulla. Silenzio. A parte qualche giornale locale, e ogni volta mi chiedo il perché. Qualche suo collega critica la scelta di girare l’Italia con uno spettacolo così impegnato? Le critiche le ho conosciute anche al tempo dell’occupazione del teatro Valle a Roma, e mi interessano poco. Non credo negli attori avulsi dalla vita, decontestualizzati dalla società, schermati dalle emozioni. La ricchezza del mio lavoro è proprio quella di poter entrare dentro le maglie della società, farle proprie, dare un contributo. Anche se tutto ciò accade semplicemente… di Alessandro Ferrucci, il Fatto Quotidiano 27/8/2016