Giovanni Sabatini, Il Sole 24 Ore 27/8/2016, 27 agosto 2016
LA QUESTIONE NPL RICHIEDE TEMPO
Nella sue considerazioni finali, il 31 maggio 2016, il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, aveva osservato che «le preoccupazioni sulla qualità degli attivi delle banche italiane devono essere prese in seria considerazione, senza sovrastimare però l’entità del problema». Tale concetto era stato ribadito da Visco a luglio, nella sua relazione all’assemblea annuale dell’Associazione bancaria italiana, quando aveva ricordato che il problema dei crediti deteriorati delle banche italiane può essere gestito, ma che la soluzione del problema avrebbe richiesto tempo in quanto si tratta di un processo lungo e complesso.
Di tali considerazioni sembra che i mercati, alcune autorità di vigilanza europee e molta stampa estera, non tengano adeguatamente conto. Può essere utile allora tornare sull’argomento, cercando di rispondere alle principali motivazioni che vengono utilizzate per sostenere la necessità di una rapidissima soluzione al problema dell’accumulo di crediti deteriorati nei bilanci delle banche.
Semplificando, tre mi sembrano essere le argomentazioni su cui ragionare: la prima è quella che sostiene che il peso dei crediti deteriorati, assorbendo capitale, limita la capacità di crescita del credito e quindi costituisce un freno alla crescita economica. La seconda è quella che vede nel costo dei crediti deteriorati una delle principali determinanti della bassa redditività delle banche; la terza che il livello aggregato dei crediti deteriorati nel settore bancario rappresenta la principale fonte di rischio sistemico.
La prima argomentazione ha un errore di fondo alla base e cioè la convinzione che il ciclo economico riparta per effetto dell’espansione del ciclo del credito, come se questo fosse il principale motore di crescita e non invece il ciclo degli investimenti. Nella fase attuale limiti a un ulteriore spansione del credito non sono presenti dal lato dell’offerta, grazie anche alle politiche monetarie ultra espansive della Banca centrale europea, ma piuttosto dal lato della domanda. Questa oggi è ancora rappresentata principalmente da richieste di ristrutturazione di precedenti debiti che, anche alla luce delle nuove regole dell’European banking authority (Eba) e, in prospettiva, delle nuove regole contabili (International financial reporting standard, o Ifrs, 9), hanno una elevata componente di rischio e comporterebbero nuovi accantonamenti.
La seconda argomentazione ha qualche giustificazione in più. In effetti negli ultimi anni sulla redditività delle banche ha inciso in maniera determinante l’entità delle svalutazioni dei portafogli di crediti deteriorati, oltre al basso livello dei tassi di interesse. Tuttavia, la soluzione proposta, la cessione immediata di tali portafogli accettando da subito le perdite derivanti da un prezzo fatto dal compratore, data la logica quasi liquidatoria implicita in questa soluzione, appare peggiore del male. Le perdite comporterebbero la necessità di ulteriori aumenti di capitale in un mercato che non è pronto ad assorbirli proprio perché, pur eventualmente apprezzando l’operazione di drastica pulizia dei bilanci, continuerebbe a non vedere in prospettiva adeguata remunerazione del capitale. Chi invece acquistasse oggi i portafogli di crediti deteriorati non sarebbe soggetto alla pressione dei regolatori e del mercato e avrebbe tutto il tempo per gestire e recuperare tali crediti con ampi margini di guadagno, grazie anche alle recenti riforme in materia di escussione delle garanzie varate dal governo e dal Parlamento italiani.
Il terzo argomento, relativo alla componente di rischio sistemico insita nell’ammontare aggregato dei crediti deteriorati poggia innanzitutto su una misura non corretta dell’effettiva esposizione al rischio delle banche italiane. Nonostante gli sforzi di comunicazione fatti, si continua a citare il dato lordo dei crediti deteriorati mentre si dovrebbe guardare al dato al netto della parte già spesata a conto economico tramite gli accantonamenti. Inoltre la vera esposizione al rischio è rappresentata dalle sofferenze, cioè esposizioni nei confronti di imprese insolventi o quasi, mentre le altre partite, date le croniche disfunzioni nel ciclo incassi-pagamenti, hanno elevate percentuali di recupero specialmente nella componente degli scaduti. Le sofferenze al netto degli accantonamenti ammontano a circa 87 miliardi di euro a fronte dei quali vi sono garanzie per oltre 120 miliardi. Come anche ricordato dal governatore Visco, «non e? corretto parlare del problema dei crediti deteriorati come di un’emergenza per l’intero sistema bancario».
Dunque non vi sono profili sistemici. Peraltro sorprende come da un lato la vigilanza europea sia particolarmente agguerrita nell’identificare negli attivi creditizi una fonte di rischio sistemico e dall’altro non abbia ancora avviato una approfondita valutazione degli attivi finanziari e, in particolare, dei cosiddetti attivi di livello 3, cioè di quegli attivi finanziari per i quali non esistono riferimenti osservabili, quali i prezzi di mercato, per determinarne oggettivamente i valori. Il valore di bilancio di questa tipologia di attivi, in assenza di un mercato liquido e di altri parametri esterni, si fonda soltanto sulla base dei modelli interni di valutazione degli intermediari. Quale sarebbe il valore, e quindi l’ammontare del rischio sistemico, se si volesse applicare la stessa logica liquidatoria che si vorrebbe imporre ai crediti deteriorati a tali categorie di attività?
In conclusione. Il tema dei crediti deteriorati deve certamente essere affrontato affinché il loro ammontare torni, in tempi ragionevoli, a livelli pre-crisi. Tali azioni sono in corso presso ogni singola banca, sollecitate anche dalla Banca d’Italia, e possono prevedere una ampia gamma di soluzioni, quella della cessione o della cartolarizzazione sfruttando anche le garanzie offerte dallo schema Gacs (Garanzia cartolarazzazioni sofferenze) o anche la gestione diretta in casa. Il governo ha adottato importanti misure, pur suscettibili di ulteriori miglioramenti, volte a favorire il recupero dei crediti anche attraverso l’escussione delle garanzie. Il non voler tenere conto di tutte queste circostanze è sintomo quanto meno di cattiva informazione, se non di qualche conflitto di interesse.
L’autore è direttore generale dell’Associazione bancaria italiana
Giovanni Sabatini, Il Sole 24 Ore 27/8/2016