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 2016  agosto 28 Domenica calendario

VENTO PER SETTE


La bora aggredisce Trieste a refoli che si infilano nei vicoli anche a 130 chilometri l’ora (Roberto Duiz, Sta).

Si dice che i triestini sono tutti «mati», perché la bora, oltre a scompigliarne i capelli, ne arruffa anche ciò che frulla sotto la loro radice (ibidem).

Umberto Saba della bora ammirava la «scontrosa grazia», paragonabile a quella di «un ragazzaccio aspro e vorace, con gli occhi azzurri e mani troppo grandi per regalare un fiore». E aggiungeva: «Conosco la bora, chiara e scura, la detesto quando scende fuori misura con cielo sereno. Amo l’altra che ha una buia violenza cattiva» (ibidem).

Stendhal nel corso dell’intero inverno passato a Trieste: «Fa bora due volte la settimana e cinque volte vento forte. Dico “vento forte” quando si è costantemente occupati a tenere stretto il cappello e “bora” quando si ha paura di rompersi un braccio» (ibidem).


James Joyce: «Amo la bora. Agisce su di me come uno spirito di salute che porta aria dal cielo» (ibidem).

Secondo il dottor Luzzati, medico ottocentesco, la bora «diminuisce le escrezioni, ravviva l’appetito, accelera la digestione, e poiché sotto il medesimo rinchiude una maggior copia di gas ossigeno, accresce l’energia del sistema polmonare e sanguigno…».

Secondo Voltaire, la bora sarebbe «responsabile di numerosi casi di omicidio».

Teodosio, imperatore d’Oriente, nel 394 sconfisse l’usurpatore d’Occidente Flavio Eugenio grazie alla bora, che venendo da dietro spingeva in avanti con maggior forza i giavellotti lanciati dalle sue schiere. In quell’occasione, però, Teodosio prese talmente freddo che morì di polmonite pochi giorni dopo.

Nell’inverno 2015 a Trieste, durante 15 giorni consecutivi di bora a oltre 160 km orari, un tir si ribaltò in pieno centro. Nell’inverno del 1929, la motrice di un tram si rovesciò in riva al mare.

Il record mondiale di velocità del vento è stato registrato in Australia: 408 chilometri orari registrati il 10 aprile 1996 sull’isola di Barrow, durante il passaggio del ciclone Olivia. Record precedente: 372 km/h nel 1934 sulla vetta del Monte Washington, nel New Hampshire (Stati Uniti).

Per misurare l’intensità dei venti si considera la velocità di spostamento delle masse d’aria, misurata grazie agli anemometri, strumenti formati da coppe rotanti fissate a un perno girevole. In base al numero dei giri che le coppe compiono in un determinato intervallo di tempo si risale alla velocità del vento.

La scala Beaufort, in tutto 12 divisioni, ideata nel 1805 dal comandante navale inglese Francis Beaufort per misurare i venti in base alla velocità, descrive anche il loro effetto sulle specie viventi. Per esempio: vento forza 4, «brezza moderata», «i capelli sono scompigliati, i vestiti aleggiano», «i coleotteri restano a terra. Zanzare e culicidi smettono di pungere»; vento forza 6, «brezza forte», «le braccia sono scostate dai fianchi», «falene e api restano al suolo»; vento forza 9, «fortunale forte», «i bambini sono rovesciati», «tutti gli insetti restano a terra».

La scala Beaufort prevede 12 tipi diversi di vento, che vanno dalla calma (aria sostanzialmente ferma) all’uragano (oltre i 117 km/h) passando per brezze (leggera e tesa), semplici venti (moderato, teso, fresco e forte), burrasche e tempeste.


Il vento è un fenomeno naturale dovuto alle differenze di pressione tra due punti dell’atmosfera. Il Sole, infatti, non riscalda in modo uniforme le masse d’aria che si trovano al di sopra della superficie terrestre: l’aria calda tende a salire, mentre quella fredda va verso il basso; la densità inoltre cambia in relazione al contenuto di umidità dell’aria (è meno densa dove l’umidità è maggiore). Da queste differenze nascono i venti, che soffiano dalle zone di alta pressione a quelle di bassa pressione per ristabilire l’equilibrio, come avviene per un liquido che fluisce in due vasi comunicanti.


Uno dei luoghi più ventosi del mondo è la Baia del Commonwealth, in Antartide, spazzata da venti che spirano a 240 chilometri orari per buona parte dell’anno.

I nomi dei venti nascono negli anni della potenza marinara di Venezia. Vista da Creta, il centro principale della dominazione veneziana sul Mediterraneo, Venezia “Magistra” è a nord-ovest: Maestrale era il vento di nord-ovest. Così il Sirocco (ora Scirocco), di sud-est, dalla Siria, il Libeccio, di sud-ovest, dalla Libia, il Grecale, di nord-est, dalla Grecia.


Ci sono anche nomi locali, come il Ghibli in Libia, un vento del Sud che viene dal Sahara (ghibli in arabo vuol dire Sud), la Bora a Trieste (Borea in greco significa Nord), o il Ponentino che faceva la delizia dei romani nelle sere d’estate, fino a che è stato costruito fra Roma e il mare Corviale, il palazzo lungo un chilometro che fa da paravento; il Foehn che si scaraventa giù dalle Alpi verso la pianura padana, il Melthemi che è un vento di Nord - Nordest che soffia prevalentemente in luglio-agosto. E poi c’è la Tramontana che equivale alla Bora di Trieste. I marinai di Corfù chiamano Tarantate le grandi raffiche di vento che calano dal Golfo di Taranto. Nel Tirreno si chiama «Vento al Canale» la coda del Ponente che attraversa le Bocche di Bonifacio.

In Italia, i venti che portano prevalente buon tempo sono: Ponente (Ovest), Maestrale (Nordovest), Tramontana (Nord), Grecale. Venti che portano prevalentemente la pioggia: Levante (Est), Scirocco (Sudovest), Mezzogiorno (Sud) e Libeccio (Sudovest).

Il proverbio «tramontana la pioggia tien lontana» sostanzialmente è vero. Dopo il passaggio di un fronte freddo, i venti ruotano a nord-est, il cielo si fa sereno e limpido. D’estate, un vento di tramontana piuttosto teso ostacola il riscaldamento del suolo e la formazione delle cellule temporalesche, per questo in genere tiene alla larga gli acquazzoni.


Da una ricerca sulle prestazioni di efficienza fisica in funzione del vento: si ha un picco di efficienza con venti che soffiano a 25 km/h (forza 4), una diminuzione con venti a velocità più basse o più alte (Lyall Watson, Il libro del vento, Sperling&Kupfer Editori, 2002).

L’osservazione del comportamento di bambini sull’area di ricreazione di una scuola americana rivelò che il numero medio di litigi al giorno raddoppiava quando le velocità del vento attraversavano la soglia biologica sopra forza 6 (Lyall Watson, Il libro del vento, Sperling&Kupfer Editori, 2002).

Scirocco in arabo significa ”orientale”. Più frequente in primavera, fa affluire aria calda dal Sahara e dalla Penisola Arabica, aumenta di 10° centigradi la temperatura media stagionale. Da uno studio dell’Università Ebraica di Gerusalemme sulla reazione dell’uomo a questo vento: il 43 per cento della popolazione presenta nell’urina una concentrazione più alta di serotonina, ormone che provoca la costrizione dei vasi sanguigni periferici, compresi quelli del cervello, regola il sonno ed è responsabile dell’umore, ma in quantità eccessive causa emicranie, reazioni allergiche, vampate, palpitazioni, irritabilità, insonnia e nausea; il 44 per cento della popolazione, presenta un abbassamento dell’adrenalina nell’urina, e accusa stanchezza, apatia e depressione. Quando raggiunge l’Italia meridionale e la Sicilia, s’inzuppa di umidità nell’oceano, e arriva, oltre che caldo, anche umido, facendo aumentare la frequenza dei delitti a Napoli (Lyall Watson, Il libro del vento, Sperling&Kupfer Editori, 2002).

Effetti del föhn, che aumenta la temperatura di 10° centigradi e provoca cambiamenti di pressione e elettrici: concentrazione anomala di serotonina nel sangue e nell’urina in tre persone su quattro, successivo stress e infine esaurimento adrenale. Sintomi: ansietà, insonnia, irritabilità, tensione, emicrania, coliche e apoplessia. Secondo il Touring Club Suisse nel 1972 gli incidenti automobilistici a Ginevra aumentarono di oltre il 50 per cento in presenza di föhn. Il dipartimento medico della stazione meteorologica tedesca occidentale a Freiburg, dopo quattro anni di osservazione, rivelò che gli incidenti industriali dopo un föhn richiedevano il 16 per cento in più di intereventi chirurgici e il 20 per cento in più di altre cure mediche. L’incidenza delle morti postoperatorie durante un föhn è salita a tal punto che in certi ospedali in Svizzera e in Baviera le operazioni chirurgiche più importanti sono rinviate finche il vento non è finito. In Svizzera e in Austria si registra un aumento di suicidi e omicidi (Lyall Watson, Il libro del vento, Sperling&Kupfer Editori, 2002).

Santa Ana. Vento della California meridionale, caldo e polveroso. Nella settimana tra il 20 e il 26 ottobre 1965, quando soffiò di continuo, la mortalità aumentò del 47 per cento, anche per un incremento degli omicidi (Lyall Watson, Il libro del vento, Sperling&Kupfer Editori, 2002).

Lo studioso inglese Lyall Watson inserisce la bora tra i venti cattivi, ma riconosce che può «dare stimoli positivi e aiutare il cuore».

Khamsin (50 in arabo), soffia in Egitto da marzo a maggio. Si chiama così perché le tempeste possono formarsi per un periodo di circa 50 giorni, ma agiscono con forza soltanto per cinque o sei. Al Cairo e nelle città egiziane, quando Khamsin spira, la sabbia del deserto si posa sui balconi delle case, ricopre le auto, gli infissi degli antichi palazzi liberty non possono fare niente per fermarla, e gli anziani vestiti in galabayyia – la lunga tunica tipica del Paese – e turbante bianco si avviluppano in pesanti sciarpe di lana che usano anche per ripararsi naso e bocca dall’aria secca. Nell’Egitto antico questo vento era simbolizzato dal dio Seth, rappresentante delle forze più oscure della natura.

Il racconto del conte viaggiatore Volney, orientalista francese vissuto tra Settecento e Ottocento, sul Khamsin: «Il polmone, che un’aria troppo rarefatta non riempie più, si contrae e si tormenta: la respirazione si fa corta e faticosa; la pelle si secca e si è divorati da un caldo interno insopportabile. Sfortunati quei viaggiatori sorpresi sulla via da un tale vento».

Il capitano australiano Hector William Dinning nel suo diario della Prima guerra mondiale a proposito del Khamsin: «Inizia come uno zefiro, per il quale i non iniziati ringraziano Allah, nella prima mezz’ora. Alla fine dell’ora, si chiede ad Allah di esserne liberati. Alla fine della giornata, si specula sulle proprie possibilità di arrivare al mattino seguente. Alla fine del secondo giorno si chiede ad Allah che si prenda la tua vita».

Secondo Omero il signore dei venti è Eolo, che li tiene chiusi in un otre di cuoio.

I greci dell’antichità chiamavano Euros lo scirocco che soffia da Sud-Est sull’Europa meridionale. Narra Omero nel quinto canto dell’Odissea che Euros e gli altri tre venti Noto, Borea, Zefiro provocarono la tempesta che fece affondare la zattera con la quale Ulisse tentava di far ritorno a Itaca.

Gli antichi romani erano convinti del valore purificatorio dell’aria: quando qualcuno si impiccava, tolto il cadavere dall’albero, si appendevano figurine variamente fabbricate o ritagliate e si lasciava che oscillassero al vento per purificare la pianta.

Già il filosofo Anassimandro (Mileto, 610 a.C. circa – 546 a.C.) aveva compreso che i venti sono movimenti dell’aria.


Gli uomini si sono accorti molto presto che si poteva sfruttare la forza del vento. Così, circa 5mila anni fa, inventarono, pare in Egitto, le barche a vela. Per la verità un mollusco, la Caravella portoghese, o Fisalia, aveva fatto la stessa invenzione molto prima, all’incirca 3 o 400 milioni di anni fa. L’essere ancora oggi veleggia per l’Atlantico issando la sua minuscola vela rosa gonfiata di gas.

Fino a metà Ottocento, le navi attraversavano i mari contando soltanto sulle vele e sul vento. Poi, fu inventato il motore.

Tutti pensano che il primo mulino a vento sia stato costruito, verso il 640 d.C. dal Califfo Omar I, ma da un’opera di Erone risulta che se ne sapeva qualcosa già in epoca romana, nel I secolo d.C.

Entro il 2030 circa un quarto dell’elettricità consumata in Europa verrà dall’eolico, ovvero lo sfruttamento della forza del vento per produrre energia pulita: nei prossimi 15 anni si arriverà a una potenza complessiva di 320 GW, oltre il doppio di quella installata nel 2014. Queste le previsioni fornite da Ewea - European Wind Energy Association nel suo report "Wind energy scenarios for 2030", secondo il quale gli impianti offshore (installati in mare a diverse miglia dalle coste per sfruttare l’esposizione alle correnti) produrranno 66 GW, mentre l’industria onshore (sulla terra ferma) si attesterà sui 254 GW.

Nel 2016 l’eolico ha superato l’idroelettrico diventando la terza principale fonte di produzione di energia nell’Unione europea, con il 15,6% della capacità installata. I dati arrivano dall’ultimo rapporto della European Wind Energy Association (Ewea), secondo cui attualmente il vento potrebbe produrre 315 TWh e coprire l’11,4% del consumo di elettricità dell’Ue. L’anno scorso sono stati installati 12,8 GW di nuova capacità di eolico, il 44% di tutti i nuovi impianti di energia, di cui 9.766 MW onshore e 3.034 MW offshore, registrando una crescita complessiva del 6,3% rispetto al 2014. Il 47% di tutte le nuove installazioni di impianti eolici in Europa nel 2015 si è concentrato in un Paese: la Germania. L’Italia si piazza al nono posto con 295MW installati (2,3% dell’Ue), preceduta oltre che dalla Germania da Polonia (1,3GW), Francia (1GW) e Gran Bretagna (970 MW), poi Svezia, Olanda, Finlandia e Austria. L’anno scorso nel Vecchio Continente sono stati investiti 26,4 miliardi di euro per finanziare lo sviluppo dell’energia eolica, sottolinea il rapporto dell’Ewea, cioè il 40% in più rispetto al totale dell’investimento del 2014.

Nel 1953 due meteorologi dimostrarono che l’aria calda si alza dalla superficie della Terra in grandi bolle turbinose, dette ”conchiglie termiche”, che rappresentano sistemi meteorologici indipendenti con la propria turbolenza interna. Al loro interno gli uccelli più grandi con larghe ali si librano sulla terra senza sforzo, trasportati in alto come passeggeri in un pacchetto d’aria. Quando raggiungono una certa altezza e dimensione, le bolle vanno alla deriva col vento, ridistribuiscono il calore e sprigionano gli uccelli. Si sono viste rondini librarsi e nutrirsi all’interno di queste bolle ad altezze fino a 2000 metri e, con un vento medio di 50 km/h, trasportate a 1000 chilometri di distanza in un solo giorno (Lyall Watson, Il libro del vento, Sperling&Kupfer Editori, 2002).


Ricadute da vento. Fenomeno per cui piovono oggetti dal cielo, per lo più pesci, a causa di trombe d’aria (o d’acqua). Caratteristica di queste ricadute: si limitano a individui della stessa dimensione e età. Nel 1839 una tempesta di vento, accompagnata da due brevi acquazzoni, colpì la valle di Aberdare nel Galles. Una gran quantità di pesce vivo cadde con entrambe le precipitazioni, a distanza di dieci minuti, sulla stessa superficie di 750 metri quadrati (grondaie e pluviali rimasero otturati). Nel 1870 la città di Sacramento in California venne bersagliata da ”cagnolini del fango”, un tipo di salamandra con branchie rosse; nel 1890 centinaia di granchi d’acqua dolce piovvero su due diversi quartieri di San Francisco; nel 1953 centinaia di migliaia di chiocciole caddero su tutta Algeri; nel 1963 gamberetti vivi d’acqua dolce furono depositati su Los Angeles (Lyall Watson, Il libro del vento, Sperling&Kupfer Editori, 2002).

La parola anima dal greco antico ànemos, cioè vento.

Ovidio chiamava il Ponentino Favonio, da favere, essere favorevole.

«Eterno era l’aprile e tepid’aura / di placido Favonio i fior molcea» (Ovidio).

«Che dilizia! senti quer ventarello / salato, quer freschetto fino fino / dell’onne, che le move er Ponentino / che pare stiano a fa’ nisconnarello» (Cesare Pascarella).


«Il vento dell’Est è sinonimo di virilità, esuberanza, erotismo, il vento dell’Ovest di fiacchezza, di esaurimento» (Alberto Moravia).

«Il marinario spiegò le vele al vento... Il vento non capì» (Claudio Bisio).