Marco Cubeddu, Panorama 25/8/2016, 25 agosto 2016
IO PORN, YOUPORN EGLI PORN
YouPorn compie 10 anni. Era il 28 agosto del 2006 quando sulla più nota piattaforma pornografica gratuita di «video sharing» veniva postato il primo video. La data di nascita del porno 2.0. Da quel giorno, non solo nell’industria pornografica, ma anche nella nostra concezione dell’erotismo e della sessualità, niente sarebbe più stato lo stesso.
Il principio del porno 2.0 è lo stesso di quello del web 2.0. Il modello è YouTube, dove consumatori e produttori di contenuti siamo noi. Solo che nel 2012, secondo i dati forniti dello stesso YouPorn in un dettagliato rapporto dal titolo «Big numbers, hard facts», l’Italia era al quarto posto tra i Paesi con il maggior numero di accessi, con 391 milioni di visite (più di un milione di visite al giorno, per capirci), dopo Stati Uniti, Germania e Francia, e si aggiudicava il primo e il secondo posto nella classifica cittadina: Milano e Roma superavano metropoli molto più popolose come Parigi, Londra, Berlino, New York e città del Messico.
Per comprendere quanto la cosa ci riguardi estremamente da vicino, però, non servono numeri. Basta accendere il computer, andare su Google e fare una prova. Digitiamo «You» nello spazio di ricerca. All’apparire dei suggerimenti correlati, in ordine tra quelli ricercati più recentemente, quale desinenza seguirà You: «Tube» o «Porn»? Il fatto stesso che, senza essere davanti al computer, il dubbio possa assalirci, la dice lunga sull’influenza che YouPorn esercita sulle nostre vite. La novità imposta da YouPorn e dai suoi fratelli minori non sta tanto nell’arditezza dei contenuti proposti (da quel punto di vista il marchese De Sade aveva già immaginato tutto secoli fa), quanto nell’aver censito ed enciclopedizzato le nostre fantasie, rendendole pronte all’uso, suddivise in categorie in ordine alfabetico, dalla A alla Z (spesso con indecifrabili acronimi inglesi come BDSM, MILF, POV, JAV, CBT, CEI, BBC...) standardizzando e disinnescando ogni parafilia (urofilia, gerontofilia, zoofilia, necrofilia...) e trasformando la nostra ricerca del piacere in un’estenuante ricerca solitaria tra le pagine virtuali di una specie di Pornopedia.
Secondo lo stesso principio delle domande che digitiamo sui motori di ricerca (nove su dieci, su Yahoo-answer qualcuno si è già fatto quella domanda e qualcun altro ha già dato una risposta) basta digitare e via, a vostra completa disposizione ogni sorta di combinazione anatomoetnoreligioanagrafonumerica che desiderate. Ve ne viene in mente una particolarissima e inconfessabile, che credete riguardi voi e soltanto voi? Provate a cercare, e vedrete che c’è. E se non c’è, potreste sempre realizzarla voi. Come in economia se qualcuno vende vuol dire che qualcuno compra, in pornografia vale il principio che se qualcuno quei filmati li carica, vuol dire che qualcuno li guarda. Offerta e domanda, dialetticamente, si alimentano l’una dell’altra, con il risultato che, se ancora non vi eccitate pensando a un trans asiatico nano che si accoppia con un’ermafrodita anziana elettrostimolata da un drappello di bisessuali albini e di minorenni sadomaso, sappiatelo: succederà presto. E naturalmente tra domanda e offerta di un porno contemporaneo diventato «mainstream» (nel 2013 si sono registrati 14 miliardi di accessi per 63 miliardi di video), il giro d’affari che si genera è mostruoso.
In generale, il legame tra erotismo e pubblicità è sempre stato strettissimo. Ma la saldatura tra desiderio d’acquisto e desiderio carnale, solo evocata, per esempio, in spot memorabili come quello della «diet Coke», con l’aitante carpentiere che si disseta a torso nudo mandando in visibilio le impiegate di un ufficio soprastante, o quello della Martini, con l’allora sconosciuta Charlize Theron che si allontana noncurante del fatto che la sua gonna si accorcia passo dopo passo, oggi è diventa esplicita. E i marchi più di moda si pubblicizzano direttamente nei siti pornografici, come ha fatto la Diesel per i suoi jeans della collezione primavera/estate 2016, comprando banner pubblicitari su siti laddove fino a oggi si commercializzavano solamente farmaci per l’erezione e fantasiosi interventi di allungamento del pene.
Adesso, pornografia e mercato non si limitano più a flirtare di nascosto, ma si sovrappongono senza censure, e attraverso piattaforme come YouPorn, (PornHub, Xvideos, Youjizz, RedTube...) rastrellano pubblici frammentati di potenziali consumatori che vanno ben al di là del classico maschio bianco eterosessuale, offrendo filmati capaci di soddisfare fantasie femminili, fantasie omosessuali e via via di tutte le sottoculture storicamente più marginali per la pornografia tradizionale, soppiantata interamente da progetti sempre più ambiziosi (porno nello spazio, filmati hard girati con i droni, porno per la realtà virtuale) e contenuti bizzarri: certi «cosplayer» (il termine fonde le parole inglesi «costume» e «play», gioco, e indica la pratica di indossare un costume che rappresenti un personaggio riconoscibile in un determinato ambito, ndr), invece di catturarli in giro per le città i Pokemon preferirebbero portarseli a letto.
La faccenda è talmente seria che qualche tempo fa, in un’intervista a Micromega, la star del porno nazionale Rocco Siffredi (che nel frattempo gira gli spot delle patatine e partecipa all’Isola dei famosi) lanciava l’allarme: «Come le vai a spiegare che ormai ti ecciti soltanto guardando cose superassurde? La maggior parte degli uomini, oggi, fa così. Vanno su internet, guardano le cose più strane, e poi con la fidanzata fanno finta che tutto vada bene, mentre magari devono massacrarsi il cervello per cercare di darle un mezzo orgasmo, vero o finto che sia, e soprattutto fare finta di essere ancora eccitati da lei».
È un paradosso che proprio Rocco abiuri i suoi fratelli, ma il fatto è che le alternative che abbiamo di fronte sono tutte apocalittiche: il reset dall’immaginario pornografico, o l’estinzione del desiderio (e forse anche della nostra specie). Conosciamo tutti il tempo che stiamo vivendo, dominato da un’anaffettività senza precedenti, coi corpi separati dai cervelli e dai cuori, uomini e donne sessualmente sempre più esigenti e allo stesso tempo cronicamente insoddisfatti.
La pazienza, l’affetto, la comunanza di intenti che portavano le generazioni del dopoguerra a festeggiare le nozze d’oro condividendo insieme le tante fasi della vita sono venute meno, e forse è anche «colpa» di YouPorn: siamo impazienti, insaziabili, ingordi, e soprattutto indecisi, come nella celebre pubblicità anni Novanta in cui una signora vestita di giallo diceva al suo autista, Ambrogio, di non avere «proprio fame», ma di avere «voglia di qualcosa di buono». Solo che, di volta in volta, il Ferrero Rocher dei nostri sogni cambia, e la nostra soddisfazione, in un mondo ambiguo che non distingue il bianco dal nero, si perde in 50 sfumature di parafilie.
Le riviste e le videocassette sconce, le trasmissioni birichine e i cinema a luci rosse degli adolescenti del millennio passato non sono neanche lontanamente paragonabili all’impatto di un solo giorno con accesso a internet per un ragazzino di oggi. La cui sessualità rischia seriamente di rimanere schiacciata dalla sovrabbondanza di stimoli della pornosfera.
Adesso YouPorn è ancora un bambino di appena dieci anni. Se quando avrà raggiunto la maggiore età la vita sessuale reale sarà ancora costretta a inseguire aspettative onanistiche virtuali, il rischio è che i nativi digitali vedranno irreversibilmente atrofizzati i loro desideri e di conseguenza la loro capacità d’amare.