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 2016  agosto 23 Martedì calendario

DOVE GIRANO LE PALLINE. IL CASINÒ PUNTA TUTTO SULL’AMICO AMERICANO

Prima si parlava di “giochi francesi” (roulette, trente-quarante…), poi sono arrivati i “giochi americani” (slot machine), poi gli americani veri. Venivano a gruppi organizzati in charter, giocavano molto, qualche volta vincevano. Adesso sono tornati in piccola delegazione (cinque, pare), ma non per giocare. Per comprarsi il casinò. Il Casinò di Saint-Vincent ha la pallina ferma sul rosso: negli ultimi dieci anni ha perso dai 13 ai 18 milioni l’anno. Chi può essere interessato a comprare un debito? Tutti gli indizi portano alla catena americana Hard Rock, potente macchina d’affari.
Non è passato inosservato, nei giorni scorsi, questo gruppo di persone che girava nelle sale da gioco senza giocare, che visionava le camere del resort senza prenotare. L’assessore regionale al bilancio Ego Perron (con delega sulla casa da gioco) viene detto in viaggio almeno un paio di volte tra Londra e Las Vegas. E la Hard Rock nel suo sito dedica una pagina ai casinò, in cui alla fine si scrive: “Per opportunità di investimento si prega di contattare il nostro team di sviluppo del casinò”.
Nel giro di un quinquennio la casa da gioco ha perso circa 90 milioni di euro: quasi 19 nel 2012, 21 nel 2013, altri 19 nel 2014, 15 l’anno scorso e, secondo stime sindacali, saranno altri 15 o 16 alla fine di questo esercizio.
E si riparla della possibilità di cedere il pacchetto di maggioranza pubblico ai privati. Nell’ultima seduta del consiglio regionale della Valle d’Aosta, l’assessore Perron ha parlato di “un cambio di rotta nella gestione del Casinò guardando pure al privato”. Ma quali?
Tutti i Casinò, in Italia, versano in condizioni difficili. Secondo uno studio di Dario De Toffoli, esperto in case da gioco, nel decennio 2004-2014 i casinò hanno visto diminuire le entrate da giochi da oltre 194 milioni di euro del 2004 ai 96 milioni del 2014 con un saldo finale che è passato da 101 milioni di euro del 2004 a poco più di 16 milioni nel 2014.
Sui soldi pubblici erogati dall’amministrazione regionale al Casinò di Saint-Vincent recentemente ha puntato i riflettori anche la Corte dei conti, acquisendo i contratti di tre mutui: il primo da 50 milioni di euro nel luglio 2012 (attraverso la Compagnia Valdostana delle Acque), il secondo da 10 milioni nel settembre del 2013 e il terzo da 20 milioni nel dicembre 2015, quando la stessa finanziaria valdostana classificava il Casinò come “probabile inadempiente”.
Dove sono finiti questi soldi? Dal primo gennaio 2009 la casa da gioco gode di un trattamento sicuramente di favore. Prima versava il 40% degli introiti alla Regione e ne tratteneva il 60%, da allora trattiene il 90% e cede alla Regione solo il 10%. “Se lasciamo loro più margini – aveva detto il presidente della Regione – incasseranno di più e quindi saremo meno chiamati a ripianare i loro disavanzi”. Non è andata così. Nel grande rilancio iniziato nel 2010 – 70 milioni di euro per trasformare il Grand Hotel Billia in un resort a 5 stelle, cucine super-lusso capaci di 500 coperti, ristrutturazione delle sale da gioco – alla fine le spese hanno superato le entrate e mamma-regione è stata chiamata a di nuovo a pagare.
Motivo? “Il costo del lavoro aziendale è troppo elevato (bisogna tagliare i dipendenti) – aveva sinteticamente detto l’amministratore delegato dell’epoca, Luca Frigerio – e poi ci sono stati troppi scioperi che ci hanno fatto perdere più di un milione di euro”. Eravamo nel 2013. L’assessore regionale al Bilancio dell’epoca, Mauro Baccega, in linea con l’amministratore delegato aggiungeva: “Ci sono stati maggiori costi di interventi assolutamente imprevedibili”.
E allora ecco un nuovo intervento della Regione: altro mutuo ventennale da 10 milioni di euro per completare la ristrutturazione. L’allora segretario del Pd, Raimondo Donzel, all’epoca all’opposizione, disse: “Questo debito lo pagheranno i nostri figli”.
L’anno dopo la Regione, attraverso Finaosta, riduce l’interesse del mutuo dal 6,5% (circa) al 3,28%, il Casinò ci guadagna quasi un milione e mezzo.
Ma il buco non si restringe. E poi c’è la crisi economica nazionale, la crisi del gioco, il proliferare di slot e videolotterie, il gioco on-line, la concorrenza dei casinò svizzeri e francesi… Nuova pompata di liquidi, “il capitale sociale era sceso sotto il terzo, bisognava coprire le perdite”: et voilà, les jeux sont fait, rien ne va plus. A meno che…
Enzo Blessent, il Fatto Quotidiano 23/8/2016