Francesca Esposito, D, la Repubblica 20/8/2016, 20 agosto 2016
FIDANZATO AFFITTASI
In un matrimonio c’è solo una cosa quasi impossibile da scovare. E non è né il color Himalaya lucido per gli inviti, né la rara orchidea Impatiens bequaertii per il bouquet. «Quello che le ragazze cinesi non riescono proprio a trovare è il partner ideale», spiega ironicamente Sandy To, docente di Sociologia alla University of Hong Kong. «In una società tradizionalista come quella cinese il matrimonio continua ancora ad avere un grande appeal nei confronti delle nuove generazioni. Ma le donne di oggi, più istruite e con una carriera di successo, intimidiscono la controparte maschile, superando spesso quella “maledetta” età da marito. Che in Cina è non oltre i 27 anni». Esiste un termine, individuato dalla All-China Women’s Federation e aggiunto al lessico ufficiale dal ministero dell’Educazione cinese, che indica proprie quelle donne single non più ventenni, non sposate, non fidanzate e che non hanno fatto figli per la grande madre patria. Shenghu, ovvero donna-avanzo. Sono considerate quasi una vergogna per le famiglie e per il governo, che invece le vorrebbe sistemate e maritate per risolvere un problema sociologico non di poco conto. Per colpa della politica del figlio unico introdotta nel 1979 e della pratica dell’aborto selettivo che ne è conseguita, la Cina deve oggi risolvere un importante disequilibrio sociale. Secondo i demografi, infatti, nascono circa 117 neonati maschi contro 100 femmine, quando la media mondiale è di 104 a 100. Tra i venti e trenta milioni di uomini in più, che negli anni a venire faranno fatica a trovare moglie nel Celeste Impero. «È ancora troppo presto per conoscere le conseguenze dello storico emendamento approvato dal governo di Xi Jinping, in vigore dal 1° gennaio 2016 che pone fine alla politica del figlio unico. Di certo, alla lunga, incentiverà il popolo ad avere più bambini, cercando di porre rimedio al problema dell’invecchiamento della popolazione», spiega la professoressa To dal dipartimento di Sociologia di Hong Kong, dove l’anno scorso ha pubblicato un importante studio sul fenomeno della singletudine cinese intitolato Le donne-avanzo in Cina, il matrimonio tardivo fra le donne in carriera e relative conseguenze. Aggiunge To: «Credo che le donne cinesi non sappiano ancora cosa vogliono. Vengono influenzate dagli amici, dalla famiglia o dal tipo di vita che dovrebbero perseguire, e spesso per colpa dei media sono confuse sul vero significato del potere femminile. Ma cosa desiderano davvero le giovani cinesi? Sposarsi o rimanere single? Un uomo potente o un giovane toy boy? La verità è che nessuna di loro vuole vivere come Carrie Bradshaw, l’eterna single di Sex &The City. Tutte cercano un amore e il supporto di un partner affidabile. Anche se sembra difficile da credere, non tutti gli uomini sono maschilisti e irrispettosi. Ci sono anche quelli che ti ammirano, ti sostengono e si prendono cura di te. O no?».
A riaccendere il dibattito sulla questione, un video diventato virale – oltre un milione e mezzo di click in un giorno – realizzato dal colosso giapponese della cosmetica SK-II e intitolato Il dominio del mercato del matrimonio. Simile a un documentario, con fotografie e interviste ad anziani genitori apprensivi, il video racconta la storia di quattro giovani donne single di Shanghai, realizzate professionalmente ma sotto pressione per colpa dei parenti e di un’opinione pubblica che per la mancanza di un anello al dito – e di un pancione – le considerano “incomplete”.
Secondo Wang Feng, direttore del Brookings-Tsinghua Center for Public Policy di Pechino, le single cinesi arrivano a 7 milioni fra i 25 e i 34 anni, e solo nelle aree urbane. Ma nella Cina di oggi qualche segno di cambiamento c’è. Oltre al boom consumistico, all’apertura verso il capitalismo e alla svolta green, anche se a passo lento sta arrivando anche l’indipendenza femminile. Secondo la rivista Forbes, quest’anno 16 delle 33 self made women più ricche al mondo sono cinesi. Zhou Qunfei, famosa come la “Regina del touchscreen”, è la prima della classifica con 5,9 miliardi di dollari. È cresciuta nella povertà della Cina rurale, si è poi trasferita a Shenzhen e grazie alle diverse esperienze professionali è arrivata a fondare l’azienda Lens Technology, che produce gli schermi per Apple e Samsung e dà lavoro a oltre 60mila persone. Siamo seri: se le orme da seguire sono queste, chi lo trova il tempo per cercarsi un uomo? Così non è un caso che sul sito di e-commerce TaoBao, l’eBay cinese, fra droni e scorpioni si possano trovare fidanzati in affitto. Di solito è a ridosso del Capodanno cinese, occasione tipica per la fatidica imbarazzante inquisizione sentimentale delle famiglie, che compaiono gli annunci di ragazzi disponibili come finti fidanzati. Nessun gigolò o pretty man, per carità, ma onesti servizi: gite in trasferta dai parenti per 800 yuan al giorno (circa 110 euro), cinema o shopping per 150 yuan all’ora (20 euro), confidenze per 50 yuan ogni 20 minuti. Consolatori o coccolatori a domicilio, insomma. Un vero business. «Sono tante le ragazze che considerano quest’opportunità, ma poche vanno fino in fondo», racconta Roseann Lake, ex corrispondente dalla Cina per l’Economist e autrice dei Monologhi delle zitelle, una raccolta di più di 100 interviste a molte donne e (pochi) uomini del Celeste Impero. Dal libro, una sorta di versione cinese dei Monologhi della Vagina di Eve Ensler, è nato uno spettacolo teatrale andato in scena a Pechino e a Shanghai, oggetto di un Ted x Talk, che probabilmente verrà portato in tournée anche a New York. «Vorrei dare alla performance un taglio più internazionale, le donne vivono le stesse difficoltà in tutte le parti del mondo. Vedi in Pakistan, Egitto o Kenya, dove alcune ragazze rifiutano l’idea di sposarsi a 15 anni e di cominciare a far figli, e vorrebbero invece continuare a studiare. Attenzione, però. C’è una “data di scadenza” per le donne anche nei paesi più evoluti. Non a caso nel terzo capitolo del Diario di Bridget Jones, che esce nelle sale a settembre, finalmente la nostra eroina mette al mondo un figlio». Roseann, seduta nel suo ufficio di New York, dove vive oggi, scoppia in una risata: «L’istruzione delle donne e le opportunità di carriera stanno spostando in avanti l’età da marito. Quando vivevo a Pechino molte delle mie colleghe avevano ambizioni di successo, sognavano la realizzazione professionale e il matrimonio non rientrava nell’immediatezza dei loro desideri. Si tratta di un fenomeno che non sta accadendo solo in Cina, ma ovunque nel mondo». Basti pensare ai diversi equivalenti che il termine shenghu ha nelle lingue del pianeta: in Francia, per esempio, le zitelle vengono chiamate Catherinette; in America Latina Jamona Solterona, in Giappone Christmas Cake. Tutte queste espressioni sottintendono un’idea: la donna deve essere “consumata preferibilmente” entro e non oltre i 25 anni. Kirsty, 24 anni, è una delle 13 ragazze del cast dei Monologhi delle zitelle. Capelli corti e occhiali da vista, laureata in Economia, con una specializzazione in Mercati internazionali, è arrivata alle prove esausta e pressata da un padre molto insistente che, ritenendo il matrimonio obbligatorio per una donna, come insegna Confucio, la vorrebbe sposata entro un anno. Queste alcune delle battute del suo assolo teatrale: «Rimani fedele ai tuoi valori, ma non essere troppo schizzinosa. Scegli l’amore che più desideri, ma non perdere l’autostima. Sii realista ma non crudele. Sii idealista ma non sognatrice incallita. Da una parte siamo creature che vivono nella società e che sono influenzate dalle pressioni esterne, dall’altra siamo individui con straordinarie abilità: prendere decisioni, ascoltare la testa e riscaldare il cuore».