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 2016  agosto 23 Martedì calendario

IL VOLTAGABBANA COERENTE

Renzi ha fatto molto bene ad ammettere l’errore di aver personalizzato il referendum e a ingranare la retromarcia, annunciando che la legislatura si chiuderà alla scadenza naturale del 2018, sia che vinca il Sì, sia che vinca il No. Così gli speculatori italiani e internazionali, politici e finanziari, la pianteranno di fare del terrorismo a buon mercato sul cataclisma che si abbatterebbe sull’Italia, sull’Europa, sul pianeta se riuscissimo a salvare la Costituzione dalle grinfie di Boschi, Verdini & C. Ma, come sempre accade quando ne fa una giusta, il premier ha lasciato le cose a metà: si è scordato di spiegare perché ha cambiato così radicalmente idea. In un paese normale, sarebbero i giornalisti a sottolinearne il voltafaccia e a incalzarlo di domande. Invece fanno a gara a nascondere la superballa renziana, così come occultarono quella di Napolitano, quando per mesi ripeté che mai e poi mai si sarebbe fatto rieleggere e poi concesse il bis in un quarto d’ora. Anziché dargli del ballista, lo dipingono come un machiavellico volpone che mette nel sacco tutti.
“Una mossa ponderata – turibola Repubblica – con cui cerca di tarpare le ali ai grillini… e di creare scompiglio tra le minoranze dem tentate dalla rivincita nelle urne” (terribile questa idea di dare qualche peso alle urne, vero?). Il Corriere è in visibilio per la sua rocciosa coerenza: “Una cosa su cui non ha mai cambiato idea è la data del voto: il 2018” (balle: aveva detto che, se avesse vinto il No, sarebbe caduto il governo e dopo di lui non ce ne sarebbe stato un altro, dunque le elezioni sarebbero state inevitabili nel 2017). E spaccia questo clamoroso segnale di debolezza e pessimismo per una prova di forza e ottimismo: “Sbaglierebbe chi lo leggesse come un segnale di sfiducia, o come una sorta di piano B. Renzi resta convinto di vincere… continua a lavorare in un’ottica di lungo periodo… su più legislature”, d’intesa con gli amici Hollande, Merkel e Juncker, con cui è lanciatissimo in alcuni non meglio precisati “progetti strategici transfrontalieri non solo nazionali” (vorrà invadere la Polonia?). La Stampa incensa il premier “abile e avveduto” che “spiazza i suoi critici e sparge serenità”. E sorvola sulla frottola del ritiro dalla politica: “Dobbiamo interpretarlo come una retromarcia del premier?”. Macché: “Questo Renzi non lo pensa”, ergo non è vero. Lui vuole che gli italiani assaporino “quanto di buono la riforma Boschi contiene”. Infatti noi da tre settimane cerchiamo uno straccio di ministro o dirigente Pd che venga a discuterne con Salvatore Settis sabato, alla festa del Fatto a Roma.
Ma fuggono tutti. Ieri ha accettato il sindaco di Firenze Dario Nardella, che ringraziamo, ma gli altri che problema hanno: si vergognano?
Quando un politico assume così solennemente un impegno dinanzi ai cittadini e poi lo ritira, deve precisare le ragioni che stavano alla base della decisione A e quelle che hanno originato la decisione B. Altrimenti è un bugiardo matricolato, un volgare voltagabbana. Le 20 o 30 volte in cui, in otto mesi, Renzi annunciò che in caso di vittoria del No avrebbe lasciato non solo Palazzo Chigi, ma anche la vita politica, e per sempre (“Se perdo il referendum considero fallita la mia esperienza politica”, “vado via subito e non mi vedrete più”, “prendo la borsettina e vado a casa”, “vado a fare altro”), spiegò che era un fatto di “serietà”, di “dignità”, perché lui non può “diventare un pollo di batteria che perde e fa finta di nulla” e non è “come i vecchi politici che si mettono il Vinavil e invece di lavorare restano attaccati alla poltrona”. Cos’è accaduto di tanto traumatico nell’ultimo mese? Solo i sondaggi che danno il No in vantaggio sul Sì? Sarebbe imbarazzante: significherebbe che alla base dell’impegno non c’era alcuna serietà e dignità, ma solo il bluff del pokerista convinto che mai dovrà calare quella carta. È stato per le pressioni di Napolitano e Mattarella, molto sensibili ai superpoteri italiani ed europei che considerano l’Italia una colonia dell’impero e gli elettori carne da cannone? Sarebbe allarmante: vorrebbe dire che il governo è eterodiretto, a sovranità limitata. Renzi ha sperato fino all’ultimo nel soccorso azzurro di B., che invece non è (ancora) arrivato? Sarebbe indecente: significherebbe che il Nazareno continua sottotraccia, come dimostrano le tv Mediaset che per la prima volta combattono la battaglia opposta a quella del padrone.
Tantopiù che la giravolta sul “vado a casa” arriva di pari passo con un altro incredibile voltafaccia, per ora soltanto sussurrato: quello sull’Italicum, prima imposto e sbandierato come la miglior legge elettorale del mondo e ora ributtato sul tavolo delle trattative sottobanco (nella speranza, che prima era terrore, di una bocciatura alla Consulta) per impedire ai 5Stelle di vincere le elezioni, come scrive spudoratamente Scalfari ogni domenica. Quando poi Renzi avrà spiegato tutto, resterà un’ultima incombenza: illustrare quale legge elettorale ha in mente e con chi intende scriverla, e soprattutto fissare alla svelta la data del referendum e dirci che farà di preciso se vince il No. Si dimette per finta e va da Mattarella per il reincarico, con una pantomima per gonzi? Fa finta di niente e va avanti come se nulla fosse? O allarga la maggioranza a FI per blindare il sistema dei partiti dal rischio 5Stelle con una legge elettorale ancor più liberticida?
Ripetiamo: buona la mossa di mettere non solo il governo, ma l’Italia al riparo dalle speculazioni. Ma, senza una completa operazione-verità, quello che ieri si pavoneggiava in barca come uno statista fra i big d’Europa resterà il piccolo magliaro di provincia che fa il gioco delle tre carte dietro l’autogrill.
di Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano 23/8/2016