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 2016  agosto 20 Sabato calendario

VIOLENZA, DROGA E MORTE LA VITA DEI BIMBI-SOLDATO

ROMA Più di seicentocinquanta bambini sono stato arruolati in diverse fazioni armate nel Sud Sudan da gennaio a oggi. Sedicimila dal 2013. E’ l’allarme lanciato dall’Unicef in queste ore che ben testimonia la grave situazione che sta attraversando il Paese e che ha visto negli ultimi mesi una recrudescenza del conflitto armato, conflitto causato «da una polarizzazione etnica, tra le etnie Nuer e Dinka, che ha causato lo scoppio della guerra civile nel dicembre 2013 in un Paese diventato indipendente da soli cinque anni, anni costellati purtroppo anche da gravi episodi di corruzione a livello governativo», dice Marco Cochi, africanista e docente al Link Campus University.
GLI SCONTRI
Gli scontri più accesi attualmente si registrano nello stato del Jonglei ma anche altre aree sono coinvolte. «Tra l’otto e il nove di luglio sono ricominciati i combattimenti che hanno causato oltre trecento morti. Un conflitto che ha costretto novecentomila persone a lasciare il Paese e questo ha provocato una nuova impennata della crisi umanitaria che attanaglia la popolazione», conclude Cochi. Secondo la classifica Undp (Programma delle Nazioni unite per lo Sviluppo) il Sud Sudan è uno dei paesi più poveri del mondo con circa metà della popolazione che dipende dagli aiuti umanitari). Un Paese dove l’arruolamento di minori in gruppi armati è una prassi consolidata. «Il sogno che avevamo condiviso per i bambini di questo giovane Paese è diventato un incubo», ha detto il vice direttore esecutivo dell’Unicef Justin Forsyth parlando da Nairobi di ritorno da una missione a Bentiu e Juba nel Sud Sudan. «In questo momento delicato per la breve storia del Sud Sudan, l’Unicef teme che sia imminente un ulteriore reclutamento di bambini».
Nel 2015 l’Unicef supervisionò il rilascio di 1.775 ex bambini soldato in quella che venne definita la più grande smobilitazione di minori di tutti i tempi. Il ritorno ai combattimenti e al reclutamento in Sud Sudan rischia però di vanificare i progressi compiuti. I bambini vengono portatio via alle famiglie e costretti a combattere, spesso sotto l’effetto della droga. L’Unicef ha quindi denunciato un aumento delle violenze di genere. «I bambini continuano ad affrontare orribili traversie - ha proseguito Forsyth - Rapporti recenti evidenziano la violenza sessuale diffusa contro donne e ragazze. Bisogna mettere fine all’uso sistematico dello stupro, dello sfruttamento sessuale e del rapimento come arma di guerra in Sud Sudan, così come all’impunità diffusa».
LE INIZIATIVE
L’organizzazione Onu ha poi sottolineato la necessità urgente di interventi umanitari a Juba e in altre parti del Paese per fornire sostegno, protezione e assistenza ai bambini e alle donne. «Senza un settore umanitario pienamente operativo, le conseguenze per i bambini e le loro famiglie saranno catastrofiche», ha concluso Forsyth. Dallo scoppio del conflitto in Sud Sudan nel dicembre del 2013, più di tredicimila bambini risultano dispersi, divisi dalle loro famiglie. Inoltre più della metà dei bambini del Sud Sudan non frequenta la scuola e qui si registra la più alta percentuale al mondo di non scolarizzati rispetto al numero di chi è in età scolare. Sono invece 250mila i bambini che soffrono di malnutrizione acuta. L’Unicef ha poi riscontrato in Sud Sudan gravi violazioni dei diritti dei bambini, tra cui appunto il reclutamento nell’esercito o in gruppi armati, l’uccisione o la menomazione, gli attacchi contro scuole o ospedali, lo stupro e altre forme di violenze sessuali, il rapimento di minori e la negazione di accesso agli aiuti umanitari. Una situazione che è monitorata, tra mille difficoltà, da una missione internazionale Onu nel Paese (Unmis).