MilanoFinanza 20/8/2016, 20 agosto 2016
ECCO I VAN AGNELLI
Prima la Fca, e passi, perché è nata dalla fusione fra la italiana Fiat e la statunitense Chrysler. Poi la Exor, holding quotata in borsa. Ora la storica accomandita per azioni, Giovanni Agnelli sapa, la cassaforte di famiglia, rivelata 30 anni fa da MF-Milano Finanza. E non è finita. Prossimo passo sarà la Dicembre, la società semplice fondata da Giovanni Agnelli e passata, con tutte le complicazioni legali con la madre Margherita, all’erede John Elkann. Anche per la Dicembre c’è un prossimo futuro olandese, visto che la struttura personale delle società semplici italiane è possibile anche in Olanda, dove ormai è stato trasferito tutto quello che gli Agnelli (anzi i Van Agnelli) avevano in Italia, pagando le tasse, poche, in Italia.
Come cambiano i tempi: se solo ci avesse provato il patriarca Avvocato o il fratello Umberto (ma lui non l’avrebbe mai fatto), nonostante il loro potere effettivo e di relazione, sarebbe scoppiato il finimondo. Oggi non una parola, non un commento negativo, né dai giornali, che dovrebbero essere il cane da guardia del sistema, né dai politici, neppure coloro che dovrebbero essere i grilli parlanti. Anzi, solo un articolo in cui la figlia dello storico corrispondente dall’America de La Stampa, una brava giornalista, ha fornito un assist al giovane Elkann, dicendo che lui non diventa Van Elkann, perché sta costruendosi una villa in collina a Torino.
John, che probabilmente ha preso più dal nonno paterno che dal nonno materno, con una visione lucida ma cinica del ruolo dei viceré di Torino, non può essere accusato altro che sul piano del disinteresse verso il Paese che ha fatto la fortuna della sua famiglia e quindi sua. È un commento moralistico? No, è una semplice constatazione. Il mondo si è globalizzato e quindi non ci si può scandalizzare se gli Agnelli e gli Elkann sono diventati Van.
Sarà tuttavia interessante vedere come John si comporterà a livello personale. Ha due nazionalità, quella italiana e quella statunitense, essendo nato a New York. Ad alcuni risulta che John non abbia ancora fatto la Voluntary disclosure in Italia. Si racconta che stesse ipotizzando di trasferire la residenza fiscale in Inghilterra, ma la Brexit potrebbe complicare le cose. Infatti, se non approfitta del periodo di transizione e decidesse dopo, dovrebbe rinunciare alla cittadinanza americana, non avendo certo convenienza a prendere la residenza fiscale negli Usa: il fisco americano pretende che sia dichiarato assolutamente tutto, ufficiale e ufficioso.
Alcuni ritenevano che, per quanto riguarda i redditi derivanti dalla Fondazione di famiglia in Liechtenstein, potesse fargli da schermo la nonna Marella, la quale, residente svizzera, in realtà risulta nullatenente e gode soltanto (si fa per dire) di un vitalizio di 7 milioni di euro che, in base alla transazione, dev’esserle versato dalla figlia Margherita. Si racconta che nella Fondazione di famiglia, schermata almeno a tre livelli, ci siano anche preziosi brevetti. Ma John è troppo bravo perché ci si preoccupi per il suo futuro fiscale. Così freddo e calcolatore, è sicuramente il miglior gestore per se stesso e per la tribù (come la chiamava Carlo De Benedetti) dei 116 soci della Giovanni Agnelli, sia pure con azioni di categoria A e B.
Talmente freddo e bravo che non avrebbe mai commesso gli errori, per sentimentalismo, del nonno Giovanni quando decise di non accettare la fusione con Daimler Benz, che Paolo Fresco gli aveva portato. «No, non posso farlo», rispose al presidente venuto dalla General Electric: «Non posso vendere ciò che ha fatto mio nonno». E rivelando un sentimentalismo insospettato, quando era in letto per la malattia, un giorno disse proprio a Fresco: Avvocato (lui lo è davvero), non pensa che abbiamo sbagliato a licenziare Paolo Cantarella, figlio di un operaio Fiat? Cantarella aveva dato il colpo di grazia al settore auto, prima che arrivasse Sergio Marchionne, partorendo come modello geniale nientemeno che la Multipla, amata solo, e per un breve periodo di tempo, dai taxisti.