Claudia Arletti, il venerdì 19/8/2016, 19 agosto 2016
BASTA VELENI: così REGGO LA REGGIA, DI CASERTA– [Mauro Felicori] CASERTA. «Sono un direttore da marciapiede» dice sornione Mauro Felicori, «parlo con tutti, accetto su Facebook l’amicizia di tutti, rispondo a tutti e non mi fermo mai»; in effetti, il direttore della Reggia di Caserta lavora undici ore al giorno, con un ritmo che, al suo arrivo, i sindacati avevano trovato disdicevole e massacrante – non tanto per lui quanto per i propri iscritti, costretti a restare in servizio fino a tardi
BASTA VELENI: così REGGO LA REGGIA, DI CASERTA– [Mauro Felicori] CASERTA. «Sono un direttore da marciapiede» dice sornione Mauro Felicori, «parlo con tutti, accetto su Facebook l’amicizia di tutti, rispondo a tutti e non mi fermo mai»; in effetti, il direttore della Reggia di Caserta lavora undici ore al giorno, con un ritmo che, al suo arrivo, i sindacati avevano trovato disdicevole e massacrante – non tanto per lui quanto per i propri iscritti, costretti a restare in servizio fino a tardi. Raggiungere il suo ufficio luminoso e un po’ spoglio obbliga a un viaggio nell’immensità, su per scaloni di marmo, fra sale sontuose (1.200) e finestroni (1.760) maestosi come palazzi. Felicori ha 64 anni, è sposato e ha due figlie, studentesse. Per decenni è stato un dirigente del Comune di Bologna; poi, ha risposto al bando internazionale voluto dal ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini e così dieci mesi fa si è ritrovato qui, nel profondo e permalosissimo Sud, con la missione di rimettere in moto la Reggia dei Borbone, sempre più povera di visitatori e sempre più male in arnese, invasa dai piccioni, dai venditori di paccottiglia e talora dai pusher, un castello in lenta rovina piantato in mezzo a un deserto. I sindacati le hanno perdonato i suoi orari di lavoro? «Considero quella famosa lettera di protesta una scossa di assestamento. Erano abituati a cogestire, ma la cogestione ha dato risultati fallimentari. La manutenzione ordinaria era da anni al di sotto del minimo necessario. Tutto così sporco, tutto così trascurato... Non che ora le cose siano perfette, c’è parecchio da fare, per esempio cacciare via i piccioni si conferma un bel problema, e anche tenere puliti i 120 ettari del Parco non è uno scherzo». Come fa? Decide tutto lei? «Il contratto dice che su certe cose si concerta, su altre si informa e su altre ancora decide il direttore». Esempio. «Prendiamo proprio il Parco. Senza mettere mano ai turni, ho potuto allungare di mezz’ora l’orario di apertura, portandolo alle 19. Ma se volessi arrivare alle 20, cosa d’estate auspicabile, bisognerebbe cambiare l’organizzazione del lavoro: e questa è materia di concertazione. Poi, mi piacerebbe tenere aperto sette giorni su sette. E allungare l’orario in estate, per ridurlo in inverno, quando alle 19 non c’è più nessuno. D’estate vorrei anche fare pagare di più e d’inverno abbassare il prezzo, per attirare le scolaresche, che oggi si concentrano in primavera...». Pacchetto notevole. A che punto è la discussione? «Appena iniziata. Ci sarà una trattativa». Mai pensato di indire un’assemblea plenaria? Di rivolgersi direttamente ai 230 dipendenti della Reggia? «La riterrei un’iniziativa ai limiti della condotta antisindacale. L’unica volta che ho visto tutti è stato al brindisi di Natale». Si ritiene di sinistra? «Perché, i sindacati del pubblico impiego sono di sinistra?». Lei lo è? «Abbastanza». L’accusano di fare un uso troppo commerciale della Reggia. «Purtroppo non è un rischio che corriamo. I beni culturali contribuiscono solo per il 2,5 per cento alla ricchezza nazionale, cioè niente. E ricordo che, al mio arrivo, la tutela della Reggia era largamente insufficiente: non era un mondo meraviglioso che i cosacchi del marketing hanno invaso portando devastazione». Il biglietto aumenterà? «Oggi costa 12 euro, un po’ al di sotto degli standard europei. Ma va bene così. I visitatori li dobbiamo raddoppiare, non spremere. Certo, servono misure correttive, all’interno di una politica culturale democratica, che tenga conto del fatto che non tutti sono benestanti...». Questo sembra di sinistra. «... E siccome ritengo che il rapporto con l’arte debba essere continuativo, che nei musei ci si debba tornare e poi tornare di nuovo, il sabato sera apriamo la Reggia a 1 euro. Così i poveri quasi non pagano e chi ha voglia di godersi l’arte senza sottoporsi a una maratona è servito». Che cosa ne dicono i custodi? «Alcune lezioni le tengono loro, con spiegazioni flash di dieci minuti sulle singole opere. Sperimentiamo. Purtroppo il sistema è immobile, ho custodi laureati in Storia dell’arte e non posso farci quasi niente, non è possibile premiarli o dare loro speranze, perché la mobilità orizzontale nella pubblica amministrazione è al minimo. Non c’è verso di fare arrivare un ragioniere. La riforma è appena cominciata». Lei però sembra ottimista. «Sempre. Sto pensando di istituire il biglietto da 48 ore. Oggi è tutto concepito in funzione del day tripper, come dicevano i Beatles, il viaggiatore di una giornata e via. Ma immagini un bolognese come me, che parte tranquillo il sabato mattina con il suo treno; che arriva all’ora di pranzo – e pranza in uno degli ottimi ristoranti della città; e poi si vede la Reggia e di nuovo cena in città. E dorme in uno dei nostri alberghi. L’indomani rieccolo qui, a godersi il Parco finché non è ora di partire. Non male, vero? Servono nuove strategie di marketing, ci stiamo attrezzando». Com’è una giornata tipo da direttore? «Attacco alle 9. Telefonate, incontri, altre telefonate. È un lavoro di tessitura. Parlo con tutti. Albergatori, ristoratori, pro loco, case di produzione cinematografica, ma anche allevatori di bufale, viticoltori, l’Associazione amici della Reggia, le organizzazioni che vogliono fare convegni....». ... Il ministro? «Qualche messaggino. Non sono il tipo che rompe le scatole. Ma forse dovrei». È vero che la vorrebbero sindaco? «Godo di una simpatia umana quasi imbarazzante. Accetto gli inviti perché mi intriga la vita locale e perché il cambiamento è sempre frutto dell’impegno di tanti». Almeno si diverte. «Ma la sobrietà è importante. Dormo in una caserma dell’Aeronautica, qui vicino. Se non sono fuori compro qualcosa al supermercato e ceno davanti alla tv. Leggo molto per lavoro, ma ho maturato una passione senile per Sciascia... Poi, se posso, il fine settimana salgo sul treno e torno a Bologna. A proposito, stiamo discutendo con Trenitalia dell’ipotesi di aumentare le corse del Frecciargento da Roma. Si fa sempre il paragone con Versailles, che ha sette milioni di visitatori l’anno contro i nostri 500 mila. Punto a un milione per il 2019». Una Versailles ospitale: avete l’Aeronautica, l’Esercito, la polizia... «Entro il 2020 non ci saranno più, molti spazi sono già stati liberati. Resterà solo la Scuola superiore della pubblica amministrazione. Contemporaneamente, i restauri vanno avanti. Ha visto i ponteggi? Ci lavorano cento restauratori, riempiono crepa dopo crepa con le mani». E com’è finita con i 15 inquilini che pagavano affitti ridicoli? «Ne restano sei. Ormai si aspetta l’esecuzione dello sfratto. Ogni tanto c’è uno che mi ferma: “direttore, mi dia una mano”». E lei? «Rispondo che è la legge a decidere, non Felicori». È vero che è ossessionato dalla segnaletica? «Ma senta, il giorno del mio arrivo, in autostrada non sapevo se uscire a Caserta Nord o a Caserta Sud: incredibilmente non c’erano indicazioni per la Reggia. Appena ho potuto, sono andato a Roma con la mia valigina di carte, per vedere l’amministratore delegato di Società Autostrade, Giovanni Castellucci. Hanno risolto in due mesi, a dimostrazione che certe cose si fanno con facilità se qualcuno le fa. Ora toccherebbe alla segnaletica interna. Ma sono qui da soli 10 mesi...». Claudia Arletti