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 2016  agosto 19 Venerdì calendario

RYANAIR, IL PREZZO DEL MILIARDO CHE INVESTIRÀ (FORSE) IN ITALIA

Sorrisi, strette di mano, titoloni su tv e giornali. Con l’aria che tira nel Paese, l’annuncio di Ryanair, di aumentare l’attività in Italia, un miliardo di dollari nel 2017, con 10 nuovi aerei e 44 nuove rotte, è stato accolto come la manna dal cielo. Tanto che mercoledì scorso alla presentazione del piano della compagnia, che è la prima in Italia, con oltre 30 milioni di passeggeri annui, ma che in Italia non paga le tasse, c’era, accanto all’ amministratore delegato Michael O’Leary, il ministro dei trasporti Graziano Delrio. Gentilezza ricambiata: “Siamo estremamente grati al primo ministro, Matteo Renzi, e al ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Gaziano Delrio, – ha spiegato O’Leary – per aver preso queste iniziative per incrementare il turismo in Italia”.
L’Italia è uno dei Paesi che contribuisce di più al successo della compagnia, primo vettore in Europa, con 106 milioni di passeggeri annui, 6,5 miliardi di euro di fatturato e 1,2 miliardi di profitti nel bilancio chiuso il 31 marzo 2016. A convincere Ryanayr a cambiare strategia, dopo il ritiro dei voli da Pescara e Alghero, sarebbe stato il dietro front del governo sull’aumento di 2,5 euro delle tasse comunali sui diritti d’imbarco aeroportuali.
Al di la dei titoli celebrativi, sull’entità dell’investimento e sui metodi con cui il vettore irlandese aumenta gli affari in Italia si può cercare di fare un po’ di chiarezza. “Mi devono spiegare – dice il manager di una compagnia concorrente – come si fa ad annunciare tutto d’un tratto un miliardo di investimenti con 10 nuovi aerei nel 2017. Per avere la disponibilità un aereo ci vogliono tre anni. È evidente che si tratta di una redistribuzione della flotta e di aerei già ordinati”.
In Italia Ryanair prospera perché gode di diversi vantaggi competitivi. Al primo posto le tasse, che sono quelle irlandesi, molto più basse, e il costo del lavoro. I dipendenti Ryanair infatti, non sindacalizzati, hanno contratti di diritto irlandese, con stipendi contenuti e contributi pagati in Irlanda. Agli assistenti di volo la compagnia offre contratti iniziali di tre anni, chiedendo ai neo assunti di pagarsi il corso di formazione, costo di circa 2.000 euro di cui 1.200 vengono recuperati se si rimane alle dipendenze di Ryanair per almeno 12 mesi. “Tra regime fiscale e costo del lavoro – dice Ugo Arrigo, docente di Scienza delle Finanze all’Università degli Studi di Milano-Bicocca – lo sconto per la compagnia rispetto a un vettore italiano è nell’ordine dei due terzi”.
Ai dipendenti, oltre alla richiesta di far rispettare con estrema rigidità nelle norme sui bagagli e check in, che spesso comportano per il passeggero una penale superiore al prezzo del biglietto (per esempio 50 euro se il bagaglio a mano eccede anche di poco le dimensioni), viene chiesto di spingere sulla vendite a bordo, dall’acqua alle lotterie, voci che per la compagnia valgono 1,5 miliardi di ricavi annui.
Il mito dei biglietti a prezzi stracciati invece è da ridimensionare. Dietro i voli a 20 euro c’è soprattutto marketing. Basta da un’occhiata ai siti di biglietteria online: per volare oggi, 19 agosto, da Roma a Londra (Ciampino-Stanstead per Ryanair) il biglietto, comprato ieri, costerebbe 130 euro con Alitalia, 143 euro con la britannica Monarch, 145 con la spagnolaVueling, 164 con Easyjet e 171 con Ryanair. A prezzi stracciati si vendono solo, prenotando con grande anticipo, una ridotta quota di poltrone, poi il prezzo si allinea (o diventa superiore) a quello delle altre compagnie. Per mantenere alti i profitti Ryanair punta sul massimo riempimento degli aerei “Il load factor, è oltre il 90 per cento, ai vertici del settore”, spiega Arrigo.
Ciò che fa aumentare i margini della compagnia sono i contratti che riesce a spuntare con gli aeroporti minori. Che sono disposti a concedere alla compagnia irlandese “incentivi” per farla atterrare nei loro scali. La pratica di pagare le compagnie aeree fino a due settimane fa l’Europa la vietava agli scali pubblici, perché ritenuta un aiuto di Stato distorsivo della concorrenza. Ora la norma è cambiata e Bruxelles ha dichiarato legittimo l’incentivo, entro certi limiti. Ma il tetto era già facilmente aggirabile, con trucchi quali comprare spazi pubblicitari nelle riviste della compagnia aerea o nel sito web. Soldi che comunque andrebbero assegnati con gare d’evidenza pubblica. Quello che non è successo, per esempio, a Bari, uno dei più importanti scali italiani di Ryanair, dove è in corso un’inchiesta della Procura su 70milioni elargiti dal management dell’aeroporto a una società di promozione controllata da Ryanair.
di Marco Maroni, il Fatto Quotidiano 19/8/2016