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 2016  agosto 18 Giovedì calendario

COVERCIANO, L’UNIVERSITA’ DEI TECNICI CHE IL MONDO CI INVIDIA

La fuga di cervelli in questo caso è un vanto nazionale. Gli allenatori italiani sono i più bravi, i più corteggiati, i più affidabili. La favola del Leicester di Claudio Ranieri ha fatto il giro del mondo; Carlo Ancelotti dopo aver vinto scudetto, Liga, Premier e Ligue 1 ora vuole mettere la sua bandierina anche in Bundesliga e Conte ha scelto il Chelsea per dimostrare di non essere un top-mister solo in Italia. Tre simboli di una scuola invidiata (e imitata) in ogni angolo del mondo. Sui banchi di Coverciano niente è lasciato al caso. Si studia la storia del calcio, si analizza e si rielabora ogni novità tattica, si curano i dettagli. Insomma, si impara un metodo di lavoro. Vincente. Renzo Ulivieri è il Professore. Un rivoluzionario che ha scelto di mettersi al servizio dei colleghi. Ed è lui che ci accompagna alle radici del Supercorso di Coverciano.
All’Università del calcio non si smette mai di studiare. L’ultima moda decreta la morte di un ruolo, l’incontrista puro. Ormai le grandi squadre vogliono qualità in dieci giocatori su dieci. Tutti devono essere in grado di fare possesso e verticalizzare veloce. Altra novità: la riscoperta della mezzala «accelerata». Vi ricordate quando i numeri 10 erano considerati un incubo, perché difficili da inquadrare? Oggi il disordinato piace, nega agli avversari riferimenti fissi. Un modello è Bernardeschi che nella stessa partita può fare l’esterno alto, l’esterno basso, operare a destra e a sinistra e piazzarsi anche da tre-quartista. E a ogni spostamento del numero 10 della Fiorentina corrisponde un atteggiamento tattico diverso di tutta la squadra. Sorprendere oggi è un valore. Con Bernardeschi ma anche con l’ultimo Totti-part time, con Nainggolan in versione tre-quartista, con il nuovo Hamsik a tutto campo da Sarri. Novità che i corsisti analizzano e rielaborano.
Coverciano accompagna i vari cicli calcistici. Uno degli ultimi passaggi storici è coinciso con la vittoria degli azzurri in Germania nel 2006. L’esaltazione di un dna che ci portiamo dentro da sempre: corti, stretti e contrattacco. «A quei tempi una statistica ci diceva che il maggior numero di gol arrivava entro cinque passaggi. Quindi il segreto era essere lunghi e colpire con rapidi contropiedi. Anche i tedeschi vennero a studiare la nostra scuola dopo le batoste ricevute».
Ma il pallone, come la vita, è movimento. E così nel 2010 dopo il disastro in Sudafrica il calcio italiano decide di mettersi in discussione. «Eravamo così legati a un certo tipo di calcio che invitarono un gruppo di nostri allenatori in Corea per spiegare il catenaccio. Dovevamo andare oltre questa fastidiosa etichetta». E ci siamo andati. Sui banchi di Coverciano ci si è aperti alle quattro grandi scuole di calcio europee: il tiki-taka spagnolo, il contropiede italiano, il calcia e corri inglese e pallone e muscoli tedesco. Per trovare un punto d’incontro. «Lo stesso Guardiola venne a parlare ai corsisti raccontando dell’importanza di saper interpretare più modi di giocare al calcio. Ricordò la finale di Champions contro il Manchester United. Per 10-12 minuti il Barcellona prese una bambola da paura. Durante l’incubo Pep si augurava di recuperare palla e di fare almeno 15 passaggi per prendere il ritmo. La regola era tesserne 30 per azione. Ma Guardiola era interessato ad arricchire il suo calcio con un contropiedista. Infatti prese Sanchez dall’Udinese».
Mourinho quando andò via dall’Italia disse: «Cosa mi mancherà di più della Serie A? La guerra tattica». Il nostro calcio forse non è allenante per i grandi calciatori, ma è sicuramente stimolante per gli allenatori. Nel Master in corso i futuri tecnici stanno studiando la nuova frontiera: cambiare modulo nel passaggio dalla fase offensiva a quella difensiva. E se in passato si diceva che la forza di una squadra era nella sua spina dorsale ora fanno la differenza gli esterni che saltano l’uomo e creano superiorità. L’ultima rivoluzione è la riscoperta del dribbling.
Noi, poi ci mettiamo quel pizzico di fantasia tutta italiana. A Coverciano hanno studiato le mosse di Ancelotti nella notte di Champions a Monaco contro il Bayern. Un 4-0 che ha fatto storia. L’abc del bravo mister pretende squadre corte e attaccanti che accompagnano la fase difensiva. Invece Carletto scelse «l’attacco ritardato». Tenne alti comunque Ronaldo e Benzema. Le due punte non rientravano, il Real si allungò volutamente e il contropiede fece la differenza perché CR7 e Benzema erano al posto giusto e gli avversari non recuperavano la posizione in tempo.
«Ogni allenatore ha il suo stile. Ancelotti ha vinto tutto diventando amico dei calciatori. Mourinho era un maestro nel saper coinvolgere anche i panchinari. Noi ai corsisti insegniamo 4 cose. Prima: essere sempre se stessi. Seconda: convincere la squadra che in panchina c’è una persona pulita. Terza: farsi apprezzare per la competenza. Quarta: con coraggio ogni tanto si può anche ammettere in spogliatoio di aver sbagliato una scelta. Ma una volta ogni morte di Papa altrimenti perdi credibilità». La comunicazione, invece, è un capitolo dolente. «Possiamo fare molto meglio. Mazzarri è mio figliolo, ma a volte esagera in antipatia». Da settembre all’Università del calcio si comincerà a studiare gli effetti del dopo Europeo. Magari con questo tema: «Il Portogallo campione d’Europa: il valore del gruppo».