Silvia Nucini, Vanity Fair 17/8/2016, 17 agosto 2016
«LEI NON SA CHI SONO IO (SPERO)». INTERVISTA A FABIO ROVAZZI – Sembrava l’ennesima estate di egemonia di Álvaro Soler, l’estate in cui tutti avremmo intonato con le giuste pause Mira Sofi-a-a-a (l’unico pezzo della canzone comprensibile ai più), ma a un certo punto professionisti irreprensibili e in età hanno cominciato a dire cose come: «Mi raccomando, in riunione, vai a comandare» e signore – solitamente sobrie – a ballare agitando le spalle e buttandosi all’indietro
«LEI NON SA CHI SONO IO (SPERO)». INTERVISTA A FABIO ROVAZZI – Sembrava l’ennesima estate di egemonia di Álvaro Soler, l’estate in cui tutti avremmo intonato con le giuste pause Mira Sofi-a-a-a (l’unico pezzo della canzone comprensibile ai più), ma a un certo punto professionisti irreprensibili e in età hanno cominciato a dire cose come: «Mi raccomando, in riunione, vai a comandare» e signore – solitamente sobrie – a ballare agitando le spalle e buttandosi all’indietro. Se l’estate di Sofia è diventata quella del «trattore in tangenziale», il merito e la colpa sono di Fabio Rovazzi, che con Andiamo a comandare si è, contro ogni pronostico, portato a casa un disco di platino. Ventidue anni, cresciuto a Milano zona Lambrate, molla il liceo artistico al quarto anno per dedicarsi alla sua vera passione: i video. «Avrei potuto anche finirla la scuola, come sperava mia mamma, ma questi sono tempi veloci, se non prendi i treni quando passano, ti ritrovi poi a fare i caffè all’autogrill». Quindi era un bel treno quello che è passato? «Inizialmente no: ho cominciato facendo i video delle serate in discoteca, tenendo in mano il faretto fino al mattino. Però era quello che volevo fare. Poi sono passato a scrivere video musicali per gli altri, e a creare script per le aziende, gli unici che mi hanno fatto guadagnare qualcosa. Coi primi soldi sono andato a vivere da solo, col mio cane Marley (il barboncino marrone che si vede anche nel video della canzone, ndr). Sarebbe un coinquilino perfetto, se pagasse il suo pezzo d’affitto». Come è riuscito a passare dal dietro le quinte al davanti? «Un paio d’anni fa mi sono accorto che c’erano personaggi del Web non particolarmente brillanti, ma che funzionavano perché avevano delle buone idee. Siccome le buone idee le avevo anche io, le scrivevo per gli altri e un po’ rosicavo, mi sono detto: perché no? Ho cominciato a mettere i miei video su Facebook, ed eccomi qui». Che personaggio è sul Web? «In Rete funziona solo la spontaneità, se sei costruito si vede. Così io faccio quello che mi viene in mente, non ho mai un format preciso, in genere sono parodie, cose un po’ controcorrente». Comunque nel suo primo video di YouTube, messo online 5 mesi fa, aveva a disposizione un elicottero: non proprio una produzione casereccia. «La gente pensa che io sia ricco, ma non è vero. L’elicottero me l’ha prestato un mio fan di Facebook, che mi ha scritto: “Se una volta ti serve un elicottero...”». Qualcuno di questi 350 mila fan è diventato anche amico non virtuale? «Sì, perché le persone mi piace conoscerle nella vita vera. Coi miei fan ci diamo appuntamento nei parchi per giocare insieme a Pokémon Go». Nel video di Andiamo a comandare compaiono Fedez e J-Ax: collabora con loro? «Ci siamo conosciuti perché Fedez ha visto un mio video e, tramite un amico comune, mi ha fatto sapere che gli piaceva il mio lavoro. Così ci siamo incontrati, e poi lui mi ha presentato Ax. Non ho mai seguito la musica italiana e, pur avendo sentito i loro nomi, non conoscevo la loro musica. Io sono amico di Federico, non di Fedez: insieme cerchiamo di fare una vita normale, cosa per lui quasi impossibile perché tutti lo riconoscono. Ma questa settimana siamo andati un pomeriggio al bowling, non c’era nessuno, è stato bello». Ormai riconoscono anche lei? «Un po’, e mi fa piacere, ma per me davvero non è cambiato niente rispetto a prima. Non ho nemmeno guadagnato così tanti soldi come si può pensare». Com’è nata Andiamo a comandare? «La frase l’avevo letta in Rete già un paio d’anni fa, e mi piaceva. A inventarmi la canzone ci ho messo un anno, tanto non avevo fretta. L’ho lanciata a febbraio, è diventata virale a maggio, e adesso è un tormentone». Quando ha capito che stava esplodendo? «A un certo punto mi sono accorto che il video faceva un milione di visualizzazioni al giorno, e ho pensato: “Oh, qui sta succedendo qualcosa”. Ogni volta che facevo refresh il numero aumentava». Qual è secondo lei la ricetta di questo successo? «Non ne ho idea, diciamo che dentro ho sparato tante cartucce: la frase, il balletto, il trattore. Vedo dal mio Facebook che a qualcuno piace una cosa, a qualcuno un’altra. Analizzare a posteriori cosa ha funzionato non ha nemmeno senso, perché poi sei tentato di mettere lo stesso ingrediente nelle cose che farai in futuro, ma è una strategia fallimentare in partenza. Il Web è imprevedibile, e rischioso». Il testo è surreale ma contiene messaggi positivi: dice che non si droga, «sboccia» acqua minerale... «Non intendevo fare una canzone educativa o paracula, volevo solo raccontare l’esatto contrario della vita da rapper. Poi che sia stata riletta come una canzone positiva mi fa piacere». È davvero un così bravo ragazzo? «A differenza di quello che dico nel testo, non sono astemio, però è vero che bevo poco. La droga non mi interessa per niente: quando, come me, passi tante serate nei locali, poi tutta quella roba lì ti fa anche schifo. Non mi faccio nemmeno le canne, per capire perché basta guardarmi: non ho il fisico». Si sta discutendo della legalizzazione della cannabis. Lei che cosa ne pensa? «Da non consumatore posso dire una cosa di buon senso: che se proibisci una cosa, il desiderio aumenta». Le interessa la politica? «No, non ho mai votato. Capisco che sia una cosa sbagliata, ma per me la politica è una cosa troppo lenta, e se mi dici la parola “politica” mi vengono in mente i miei genitori e i miei nonni che discutono dei partiti. Quando avrò un po’ più di tempo mi informerò, così poi potrò votare, come è giusto che sia». Si sente rappresentativo della sua generazione? «Io? No, sono troppo vecchio. Sono sempre stato troppo vecchio e troppo diverso rispetto a quelli della mia età, anche per questo a vent’anni sono andato a vivere da solo. Ho tanti amici che nel frattempo si sono laureati e che adesso, aspettando di avere un lavoro, non fanno niente dalla mattina alla sera. Se non hai fame di fare qualcosa hai perso in partenza. Io fame l’ho sempre avuta, mi sono fatto un culo così, anche per questo mi porto in giro queste occhiaie fisse». Non ha mai ambito a un lavoro più sicuro? «No, mai: il posto fisso, gli orari d’ufficio non fanno per me. L’insicurezza del lavoro che c’è e non c’è, i mesi passati a mangiare solo pasta condita con l’olio perché non mi potevo permettere altro mi hanno dato la grinta per andare avanti e fare meglio». Ha qualche passione? «Scusi, in che senso passione?». Qualcosa che ama fare. «A parte i video, intende? No, niente». Neppure viaggiare? «Ho viaggiato tanto da bambino, con mio papà che adesso non c’è più. Faceva il medico e mi portava con lui ai congressi: abbiamo girato praticamente tutto il mondo». Che cosa direbbe del suo lavoro? «Sarebbe contento: lui era un grande fan di Elio e le Storie Tese, la mia canzone gli piacerebbe. Mia mamma, invece, all’inizio non capiva: l’ho portata al Coca-Cola Summer Festival, ha visto tutta quella gente che cantava con me, mi è sembrata contenta». Dove andrà in vacanza? «A Ibiza, con Fedez. Dormirò sempre, sono così stanco. E qualche volta faremo serata». Girare con Fedez ha effetti positivi sul fronte acchiappo? «L’acchiappo non mi interessa proprio, le storie di una sera non fanno per me. Se trovo una ragazza voglio vivere con lei, raccattare così è troppo facile e anche un po’ squallido. Spero di conoscere qualcuno che non sappia nemmeno chi sono. Perché, diciamo la verità, Andiamo a comandare non è un gran biglietto da visita». Dove sarà tra dieci anni? «Non ne ho idea, il mondo è così strano: basta vedere quel che è successo a me».