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 2016  agosto 17 Mercoledì calendario

DELITTI USCITI SUL FOGLIO DEI FOGLI DEL 15 AGOSTO 2016


Werner De Bianchi, 37 anni. Artista circense, da tempo era in lite, per vecchie ruggini, col collega Alex Orfei, 31 anni. Entrambi erano al lavoro, nei giorni scorsi, in circhi diversi, vicino Tropea. Venerdì mattina l’Orfei scrisse su Facebook delle oscenità sulle mogli del collega e di suo fratello, nel pomeriggio De Bianchi gli diede appuntamento, per un chiarimento, davanti a un supermercato ma lì nacque ben presto una lite, l’altro gli infilò un coltello nella pancia e subito dopo si vantò su Facebook: «E uno saccagnato. Ora tocca all’altro» (De Bianchi morì in ospedale, quella notte stessa, dopo un intervento chirurgico d’urgenza).
Dopo le 18 di venerdì 12 agosto a Santa Domenica di Ricadi, frazione di Tropea, nel Vibonese.

Andrea Caddori e suo fratello Roberto, 43 e 45 anni. Di Arzana (Nuoro), da diversi anni si prendevano cura, con la sorella Bruna, della novantunenne Maria Doa, da tempo costretta a letto, moglie di un loro defunto zio. La signora aveva deciso di lasciare ai tre nipoti acquisiti tutti i suoi beni: una casa e un podere nelle campagne dell’Ogliastra. Cosa che mandava in bestia il di lei fratello Giuseppe Doa, 83 anni, che di continuo litigava coi fratelli Caddori accusandoli di prendersi cura di sua sorella solo per l’eredità. L’altro pomeriggio il vecchio come una furia piombò in camera della sorella – accanto al letto stava seduta Bruna – e prese a frugare in tutti i cassetti in cerca di certi documenti. Non avendoli trovati, prese a insultare e minacciare le donne, poi sparò due colpi di pistola in aria. Andrea e Roberto, che abitavano lì vicino, corsero a vedere che succedeva. Sulle scale incrociarono il vecchio che a un certo punto, urlando «vi ammazzo», sparò due colpi addosso a entrambi (morti poco dopo il ricovero in ospedale). Quindi si chiuse il portone alle spalle e, la pistola ancora in pugno, scappò via. Dopo aver vagato per dodici ore fu trovato dai carabinieri davanti all’ospedale di Lanusei (malato di cuore, fu ricoverato nel reparto di cardiologia).
Verso le 16 di mercoledì 10 agosto in una casa di campagna ad Arzana, Nuoro.

Francesco Pagliuso, 43 anni. Di Lamezia Terme, avvocato penalista tra i più noti della Calabria, impegnato in numerosi processi di ’ndrangheta, difendeva boss e esponenti di primo piano delle cosche. Il suo studio era però frequentato anche da politici, amministratori pubblici e imprenditori. Socio di due noti locali del centro, I Giardini del Novecento e Il Novecento, separato, un figlio di sei anni, «carismatico, pieno di interessi, rampante», di recente aveva fatto installare un sistema di videosorveglianza nella sua villa e da qualche tempo se andava in giro con una 44 magnum con il colpo in canna di cui non faceva mistero. Però a detta di chi lo conosceva era sereno e non aveva mai manifestato alcun timore per la sua vita. Martedì sera, dopo aver salutato la fidanzata, montò sul suo fuoristrada, guidò fino alla sua villa, aprì il cancello automatico, entrò nel vialetto. In quel momento sbucò dal buio uno alto circa un metro e ottanta che s’avvicinò al finestrino e dopo avergli sparato due colpi di pistola alla testa e uno al collo raccolse i tre bossoli e scappò attraverso un buco nella recinzione che aveva preparato per la fuga. Il cadavere, accasciato sul sedile, trovato la mattina dopo dalla fidanzata.
Intorno alle 22.30 di martedì 9 agosto all’esterno di una villa nel cuore di Lamezia Terme (Catanzaro).

SUICIDI

Ben Saada Ouajidi, 34 anni. Tunisino, in Italia da diciotto anni, residente a Marsala, era solito comprare droga a Mazara del Vallo dai fidanzati Angelo Cannavò, 30 anni, e Rita Decina, 29. Venerdì 5 agosto andò a casa loro ma scoppiò una lite causata dai soldi che lui doveva alla coppia. Finì che il tunisino sgozzò entrambi, con un coltello con undici centrimetri di lama, nelle scale del palazzo, tra l’androne e il piano ammezzato. Subito dopo tornò a Marsala e nella casa dove viveva con la madre annodò una corda a una trave e si lasciò penzolare.
Giornata di venerdì 5 agosto nella provincia di Trapani, prima in via Armida Borelli a Mazara del Vallo, poi in contrada Ranna a Marsala.

Una donna di 36 anni. Infermiera all’ospedale di Rivoli (Torino), madre di due bambini, si stava separando dal marito. Sabato 6 agosto, durante il turno di notte nel reparto di nefrologia, si iniettò in vena una soluzione letale di potassio o di insulina.
Notte fra sabato 6 e domenica 7 agosto nell’ospedale di Rivoli, alle porte di Torino.

Salvatore Zacchia, 47 anni. Agente di polizia penitenziaria, originario di Santa Maria Capua Vetere, in servizio al carcere di Massa, in provincia di Massa Carrara, «gentile e cordiale con tutti». Sposato, due figli, si stava separando dalla moglie. Lunedì 8 agosto andò al lavoro all’apparenza sereno ma verso le 13 impugnò la mitraglietta d’ordinanza, se la puntò alla testa, e fece fuoco.
Verso le 13 di lunedì 8 agosto nel carcere di Massa, in provincia di Massa Carrara.