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 2016  agosto 17 Mercoledì calendario

ADDIO MR FIFA

Simbolo del calcio moderno e della sua corruzione. Uomo di grande potere e grandi scandali. Un passato da sportivo, una laurea in legge, una presidenza Fifa da record. E tanti misteri, alcuni ben chiusi in archivi di tribunali e di memorie blindate, altri portati alla luce dalle inchieste del Fifagate. Se il calcio è entrato nell’epoca moderna, televisiva e affaristica, con tutto ciò che di positivo e negativo questo racchiude, è stato anche per lui, Joao Havelange, brasiliano potente, discusso, oltraggiato dalle ultime vicende e di fatto rifiutato dal sistema che lui stesso aveva creato. «Cosa mi piace del calcio? La disciplina», rispose al Times che gli chiedeva se per lui il pallone fosse «gloria, bellezza o poesia». L’ex grande capo, per alcuni il grande manovratore, è morto ieri a 100 anni nell’ospedale di Rio dove era ricoverato da oltre un mese, per una polmonite. La federcalcio brasiliana ha annunciato sette giorni di lutto, al villaggio olimpico le bandiere sono state tenute a mezz’asta.

CALCIO MODERNO Originario del Belgio (da dove era arrivato il padre, mercante d’armi, ai primi del Novecento), nato a Rio de Janeiro, Jean-Marie Faustin Goedefroid de Havelange – per tutti Joao – è un grande sportivo. Partecipa ai Giochi del 1936 a Berlino, nuotatore, e a quelli del 1952, Helsinki, con la nazionale di pallanuoto. Laureato in legge, avvocato a 24 anni, proprietario della Cometa, azienda che si occupa di trasporti, e di altre imprese impegnate in speculazioni finanziarie e vendita di armi. Amico di boss e mafiosi sudamericani. E sedotto dalla politica sportiva: nel 1958 è presidente del Coni brasiliano, nel 1963 è membro del Cio e, infine, presidente Fifa. Trova un calcio non ancora business, senza sponsorizzazioni miliardarie, poco televisivo. Lo modella a immagine del business: una trasformazione quasi antropologica che investe anche gli appassionati.

ELEZIONI TEDESCHE Havelange succede all’inglese Stanley Rous prima di Germania 74, a Francoforte, diventando il primo presidente Fifa non europeo, con l’appoggio dei grandi sponsor che fiutano l’affare. Firma subito un contratto venticinquennale con la Coca Cola. Punta su calcio professionistico, commercializzazione sfrenata, diritti tv, grandi tornei internazionali. Comincia quel «terzomondismo» che sarà poi la forza elettorale del successore Blatter. Quando compie 80 anni, nel 1996, dice alla Gazzetta: «Ho trasformato la Fifa da azienda artigianale a prima multinazionale del mondo. Nel 1974 i nostri dirigenti non avevano nemmeno 10 dollari di diaria. Oggi la Fifa ha un giro d’affari annuale di 225 miliardi di dollari. L’industria mondiale del turismo ci segue con 200 miliardi, mentre al terzo posto c’è la General Motors con un fatturato di 163 miliardi di dollari». Quelle cifre si sono moltiplicate anche se, purtroppo, non sempre sono finite nelle casse del calcio.

MONDIALI, GENERI E AMANTI Il merito, naturalmente, è del Mondiale e dei suoi enormi diritti tv. Argentina 78 (dove viene decorato dal dittatore Videla) è l’ultimo torneo a 16 finaliste: da Spagna 82 la fase finale diventa a 24 squadre, per ampliarsi ancora, nel 1998, con 32 nazionali. Prima del fischio d’inizio, a Parigi, Havelange cederà la carica al suo discusso erede, il segretario Fifa Blatter. La presidenza Fifa di Havelange dura 24 anni, rieletto cinque volte all’unanimità, senza oppositori. Un potere assoluto che da Zurigo si estendeva al mondo, con retroscena «rosa» come la cosiddetta «miss Meraviglia», brasiliana bella, alta e bruna, amante che Havelange scoprì un giorno di condividere con un dirigente Fifa. Lei mandata via, lui «salvato» all’ultimo. La figlia Lucia invece sposa Ricardo Terra-Teixeira che diventa presidente della federcalcio brasiliana e poi entra nella Fifa. Divorzieranno, ma la figura dell’ex genero avido e senza scrupoli sarà al centro degli intrighi di potere in cui Havelange è coinvolto.

GLI ACCUSATORI Le accuse di scandali e corruzione sono ogni giorno più forti. L’Uefa lo considera anti-europeo e chiede più volte «trasparenza». Ma il nemico numero uno di Havelange è Andrew Jennings, giornalista d’assalto inglese, autore de «I padroni del calcio» e di «Omertà», due libri inchiesta che raccontano lo scandalo Isl, l’origine dei guai giudiziari della Fifa moderna: la società fallita nel 2001 (per 300 milioni di dollari), accusata di aver pagato fondi neri a dirigenti Fifa e di aver fatto sparire 50 milioni di sterline che Rede Globo aveva pagato alla Fifa per i diritti dei Mondiali 2002 e 2006. Jennings ha sempre affermato che questi soldi sono andati ad Havelange e Teixeira (e non solo): dopo tanti anni, le sue accuse hanno trovato conferma.

TRISTE EPILOGO I due avevano raggiunto un accordo stragiudiziale con il tribunale di Zug per secretare le carte compromettenti, ma gli eventi sono precipitati con la crisi della Fifa, finita al centro delle indagini di pm svizzeri e americani. Teixeira ha abbandonato federcalcio, Fifa e Brasile, fuggendo in Miami dove vive un esilio dorato e vergognoso. Ancora peggio per il vecchio Havelange, malato, da anni obbligato a ricoveri d’urgenza: costretto a rinunciare alla presidenza onoraria Fifa, prima che gliela togliessero a forza, e a dimettersi dal Cio pochi giorni prima che la commissione etica esaminasse le accuse per il caso Isl. «Ragioni di salute». Il gesto ha portato all’archiviazione interna del caso, non alla fine delle indagini naturalmente: ma la condanna morale è rimasta. Un viale del tramonto che s’è colorato di grottesco quando, pochi anni fa, l’Accademia brasiliana di filosofia lo aveva proposto per il Nobel della pace. Sarebbe stato troppo.