Paolo Morabini, La Gazzetta dello Sport 17/8/2016, 17 agosto 2016
ELIA, IL PREDESTINATO
È il 1998 e lui ha 9 anni quando sale per la prima volta su una bici da corsa. Gioca a calcio: ruolo portiere. Ma si dà pure al pattinaggio a rotelle e ha un pallino per il tennis. Poi arriva un compagno di scuola e lo porta con sé alla Luc Bovolone: lui lo segue, per curiosità. Ed è subito amore, a prima vista. Del resto, al debutto tra i Giovanissimi G3, Elia Viviani da Vallese di Oppeano — campagna veronese, risaie e mobilifici — è già secondo. E la gara dopo la vince lui. Continuare, e dare un calcio al calcio, è quasi scontato.
Comincia così la carriera del futuro campione olimpico. Una carriera da predestinato, 100 e passa vittorie nelle categorie minori, una doppietta d’oro al debutto con la maglia azzurra, a 16 anni: a Lignano Sabbiadoro si disputano le Giornate Olimpiche Europee della Gioventù, il c.t. è un certo Paolo Slongo, che diventerà più avanti anche il suo allenatore, e lui trionfa sia nella corsa a punti su pista sia nella gara in linea su strada. Giornate Olimpiche: il destino nel nome. Pista e strada: le due anime della sua bellissima storia sportiva, dalle quali non si separerà mai, perché una aiuta l’altra e viceversa. Elia va veloce. E ha lo spirito del vincente, del ragazzo che sa porsi obiettivi ambiziosi senza perdere di vista la realtà, senza essere arrogante, con il lavoro e con la testa «mentalizzata» sulla bici.
SEMPRE A SEGNO È così che in volata, tra i dilettanti, lascia il segno a ripetizione. È così che su pista fa man bassa di medaglie: Mondiali juniores, Europei juniores, Europei under 23, solo a contarle serve la calcolatrice, preludio alle tante altre che arriveranno nella massima categoria. È così che irrompe tra i pro’ a soli 21 anni: nella Liquigas di Roberto Amadio, la squadra italiana numero 1. È così che dopo soli sette giorni di corsa centra il primo successo, al Giro di Turchia. È così che l’anno dopo è argento iridato nello scratch, il punto di partenza del suo assalto all’oro olimpico, che passa dalla delusione di Londra 2012 e si concretizza quattro anni più tardi.
FAMIGLIA La biografia di Pantani come ispirazione, i successi di Cipollini e Bettini come strada da imitare, Elia ha nelle vene l’amore per lo sport: motori, Valentino Rossi e Juventus le grandi passioni. Del resto la sua è una famiglia di sportivi: papà Renato ex rallista, il fratello Luca calciatore nel Legnago, in serie D, l’altro fratello Attilio ciclista pure lui, dilettante nella Colpack, con mamma Elena — impegnata nel mobilificio di famiglia — che fa i salti mortali per stare appresso ai quattro uomini di casa. E poi c’è un’altra Elena, la fidanzata, che sarebbe Elena Cecchini, 24enne friulana tre volte campionessa italiana su strada nelle ultime tre stagioni, e a sua volta plurimedagliata in pista nelle categorie minori, che pure ha corso qui a Rio, artefice del bronzo della compagna Longo Borghini. Si sono fidanzati a Capodanno nel 2012, vivono insieme da due anni a Vallese, il matrimonio dietro l’angolo. E dio solo sa quanto le sue parole di conforto hanno aiutato Elia a superare i tanti momenti difficili di questo quadriennio. Peccato solo che si sia persa l’atto finale. Ma lei sapeva che sarebbe stato il giorno dell’apoteosi.
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[...] Come ha costruito la vittoria?
«Partendo dalle sconfitte. Dai momenti difficili. Dalle due delusioni di Londra. Quella dell’Olimpiade, con il sesto posto dopo che ero in testa prima della gara conclusiva. E poi quella del Mondiale di marzo, dall’oro in tasca al quarto posto nell’ultima volata per pochi centimetri. Ho sempre pensato che dalle sconfitte ci sia sempre da imparare. Ma è pure vero che né all’Olimpiade né all’ultimo Mondiale c’era l’Elia di Rio».
E questo Elia super come è nato?
«Ho dedicato più tempo alle specialità più deboli. Ho sacrificato la strada perché questa era la mia grande chance di vincere un oro olimpico su pista. Già quest’inverno ho lavorato sodo in palestra e ho investito tanto tempo nelle partenze da fermo. Tutto ciò ha inciso sul mio rendimento su strada: quando mi sono ritirato al Giro ero molto deluso, ma poi ho capito che non potevo avere quello che mi serviva per essere competitivo nella corsa rosa».
Si è fatto aiutare da qualcuno per superare i momenti bui?
«A un certo punto ho anche pensato a uno specialista, ma poi mi son detto che non era il caso di affidarmi a una persona che non mi conosce. E poi il mio punto forte è sempre stata la testa, io ho sempre trovato dentro di me la forza per reagire. Inoltre la persona giusta l’avevo già, ed era vicina a me. Elena (la fidanzata; ndr) è stata importantissima, in questo oro c’è molto di suo. Mi ha trasmesso serenità, tranquillità, ha saputo sempre usare le parole giuste. Mi ha fatto capire che dovevo essere io l’artefice del mio destino». [...]