Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  agosto 17 Mercoledì calendario

LACRIME AMARE PER LA FERRARI, ANCORA QUARTA

Quella maledetta ultima diagonale. Una carriera che ti passa davanti, l’adrenalina che scorre, pochi secondi che separano la gloria dall’inferno. Super Vany, fin lì, è stata eccellente con il suo carico di ricordi, di passioni, di pressioni, con quel tendine che urla da tempo e va tenuto calmo con la solita dose massiccia di antidolorifici. Sulla pedana del corpo libero, la Ferrari sta recitando la sua vita, un’emozione unica interrotta soltanto dai capricci di un corpo martoriato. Bene lo Tsukahara a 360° della prima diagonale, bene il doppio teso e l’altro Tsukahara della seconda diagonale, poi una piccola imprecisione a metà esercizio che non preclude affatto la corsa alle medaglie, mentre l’antica eleganza si accompagna al fascino del «Nessun dorma» che tiene inchiodate le tribune. Davanti, inafferrabili e perfette, ci sono la divina Biles e l’altra americana Raisman, mentre il terzo posto è della britannica Tinkler, una sorpresa.

DRAMMA È lei il riferimento ma Vanessa, l’ultima a gareggiare, sta distillando un condensato di talento e concentrazione che vale finalmente la luce di una perla olimpica. Manca solo il doppio carpiato di chiusura, e Super Vany non sbaglia mai i finali. E invece patatrac, l’atterraggio è a gambe piegate, l’ex campionessa del mondo deve fare due passi indietro per tenere l’equilibrio e non cadere, e intanto tre decimi nel giudizio per l’esecuzione si bruciano in un attimo. Lontano, nell’angolo dei coach, il tecnico Casella ha una smorfia di disappunto, si mette le mani nei capelli e la sua delusione va in mondovisione sul maxischermo, con il timore che possa influenzare la giuria. Preoccupazione vana, un errore del genere è una condanna di per sé. Infatti il totale non mente, ed è una mazzata: 6.300 per la componente artistica, atteso e anzi migliore rispetto alla qualifica, ma è l’8.466 dell’esecuzione a ripetere il risultato di Londra, a bissare un quarto posto di rabbia e amarezza che stavolta è beffardo non perché figlio di un verdetto sommamente ingiusto, quanto piuttosto perché maturato a un centimetro dal sogno, per un errore imprevisto e imprevedibile. I calcoli, del resto, sono impietosi: l’inglese è terza con 14.933, con i 3 decimi in più di una chiusura corretta la Ferrari, anziché 14.766, avrebbe realizzato un punteggio superiore ai 15, da bronzo.

FUTURO C’è di che piangere, e infatti Vanessa dapprima bagna di lacrime le spalle di Casella in un abbraccio commovente e poi trattiene a stento il magone quando deve spiegare cosa sia successo: «Non so che dire, nello sport si vince e si perde, a Londra mi rubarono la medaglia, qui non sono stata impeccabile nell’ultimo salto ma non so se bastasse a farmi arrivare ancora quarta. Sono molto delusa». Per una volta, non c’è la magia del tocco finale, quello che ha esaltato Campriani e la Cagnotto, stavolta il tempo non è galantuomo: «Voglio essere ricordata come un’atleta che ha sempre dato il massimo, che ha convissuto con infortuni gravi, senza i quali avrei ottenuto risultati migliori, che ha gareggiato anche su una gamba sola. Ho preparato l’Olimpiade senza poter saltare, eppure sono ancora tra le migliori. Il futuro? Non so, ho un po’ di ore d’aereo per pensarci». Sembrano parole d’addio, e Casella, coach e secondo padre, le avvalora: «Credo sia stata la sua ultima gara, e fa male aver perso la medaglia all’ultimo salto dell’ultima gara. La ginnastica italiana dovrà cominciare a fare a meno della Ferrari, anche se la Fasana (sesta, ndr) si è confermata al top della specialità. Pechino doveva essere la sua Olimpiade, l’hanno condizionata gli infortuni, ma è stata ancora protagonista otto anni dopo in una finale di altissimo livello». Nobilitata dalla stratosferica performance della Biles, al quarto oro in un’edizione sola come la Latynina, la Keleti, la Caslavska e la Szabo. Benvenuti nell’era meravigliosa di Simone.