di Alessandro Cisilin, il Fatto Quotidiano 17/8/2016, 17 agosto 2016
RACHELE, CAPORAL MAGGIORE CON COMPAGNA AL SEGUITO
Potrebbe suscitare “clamore”, invece la notizia è che l’esternazione della nuotatrice Rachele Bruni circa la propria omosessualità non lo ha destato affatto, né nell’ambiente sportivo né apparentemente sul suo luogo di lavoro, l’Esercito italiano. Qualcosa è cambiato. Immediate lunedì le congratulazioni delle Forze Armate all’atleta, “il caporal maggiore Scelto Rachele Bruni” (coniugata al maschile) per la “meravigliosa medaglia d’argento nella 10 km di nuoto in acque libere di Fort Copacabana”. Poi i ringraziamenti della fiorentina, “alla mia famiglia, all’Esercito, al mio allenatore. E a Diletta”.
Una semplicità non “rivendicativa”, disarmante di qualsiasi possibile dialettica, frutto del resto di un vissuto personale condiviso da tempo, senza omertà, con tanto di casa acquistata insieme. Solo che adesso arrivano la gloria olimpica e le telecamere, e con esse il primato non cercato della “prima medagliata italiana a fare coming out”. Nulla di strano a Rio, che già qualcuno aveva giudicato come i “Giochi dell’affermazione LGBT”, per le immagini circolate sin dall’inaugurazione di abbracci e baci d’ogni orientamento sessuale. E poi alcuni gesti plateali, dalla foto diffusa su Instagram da Rafaela Silva assieme alla fidanzata subito dopo l’oro nel judo, o ancora la proposta di matrimonio ricevuta da un’altra carioca, la rugbista Izzy Cerullo, da parte della compagna, col tramite di un bacio.
Ma più ancora delle immagini, a essere eloquenti sono le cifre. Il sito specializzato “Outsports” nota che gli atleti che hanno dichiarato la propria omosessualità a Rio sono una cinquantina, più del doppio di quelli di quattro anni fa a Londra. Naturalmente il dato non riflette un aumento del fenomeno, ma una crescente libertà a esporsi, con ricadute sperate anche lontano dagli ambienti sportivi e dalle telecamere. Lo stesso paese ospitante, si noti, terra dei “gay pride” più affollati e colorati al mondo, è tutt’altro che avulso da discriminazioni e violenze. Il Grupo Gay de Bahia calcola che sono addirittura 1600 le persone uccise, gay o transgender, dall’inizio del 2012 (quasi una al giorno) in attacchi motivati dall’odio sessuale. Che gli eroi olimpici lancino messaggi agli antipodi è dunque ancora un gesto di vitale importanza.
Ma in tutto questo che cosa ne pensa realmente l’Esercito italiano, altra sede del “primato” rappresentato dal “coming-out” di Rachele? I vertici militari e politico-militari, ovviamente, evitano commenti ufficiali, al di fuori dei complimenti all’atleta, ma qualcosa fanno trapelare. Può sorprendere, ma le reazioni sono quelle di uno schietto sollievo e gratitudine nei confronti del caporal maggiore, per le sue parole e il modo in cui le ha pronunciate. I pregressi omofobici nell’Esercito non mancano, e trovavano sigillo perfino nella normativa italiana del settore, con riferimenti a “inversione sessuale”, divenuta poi “devianza”, quindi “disturbo della sessualità”, eccetera. Questo fino alla fine degli anni ’90. “La vera svolta è arrivata nel 2000”, spiegano dalla Difesa, guarda caso “in concomitanza con l’ingresso delle donne nelle forze armate. Da allora è cambiato tutto: siamo diventati un normale spaccato della società, dove l’omofobia persiste in qualche ignorante, ma difficilmente tra i capi e tra reclute sempre più scolarizzate”. La dedica di Rachele ha comunque il potenziale di incoraggiare i colleghi a superare l’auto-afflizione del silenzio. Anche qui, però qualcosa era già cambiato.
“In tante caserme ci sono militari che raccontano tranquillamente la loro omosessualità”, dicono, aggiungendo una stoccata: “Speriamo piuttosto che Rachele sia d’aiuto ai calciatori”. Stoccata pertinente, perché nello sport seguito più visceralmente al mondo, ossia il calcio maschile, il tabù persiste inviolato, scatenando la morbosità delle indiscrezioni. Il nome più “chiacchierato” al mondo è ora quello del più forte, Cristiano Ronaldo. Che suscita parecchie simpatie nell’universo gay, non solo per il talento e l’estetica, ma anche per come reagisce. Col silenzio, certo, ma anche con qualche ammiccamento “social”, tra abbracci e smalti alle unghie. Per molti, è il massimo coming-out possibile nel mondo che gli ha dato fama e denari. Senza però la libertà di Rachele.
di Alessandro Cisilin, il Fatto Quotidiano 17/8/2016