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 2016  agosto 17 Mercoledì calendario

OSPIZIO SPA: SONO ANZIANI E SUPER PAGATI I CAPI DELLE AZIENDE ITALIANE

La più anziana è Wanda Ferragamo Miletti che a 94 anni regge ancora le redini della prestigiosa azienda calzaturiera, prese in mano alla morte del marito Salvatore nel 1960. Seguono Giampiero Pesenti, presidente di Italmobiliare, e Carlo Carlevaris, vicepresidente Cementir, con rispettivamente 85 e 84 anni. Il più giovane è invece Michele Colaninno, 39 anni, amministratore delegato e direttore generale della holding Immsi e consigliere della Piaggio. In mezzo, prospera la classe dirigente più irremovibile, vecchia e tra le meglio pagate d’Europa. La media è di 60,5 anni. I dati li ha messi in fila una rassegna sull’età dei manager di vertice contenuta nell’annuale rapporto di Mediobanca sui 50 principali gruppi industriali e finanziari italiani quotati nel 2015. Il profilo-tipo di un presidente, di un direttore finanziario (Chief financial officer, Ceo) e di un direttore generale, in Italia è maschio, sopra i sessant’anni e con una retribuzione annua superiore ai 5 milioni di euro. E l’età media continua a crescere, insieme alla schiera di nonni, padri e nipoti che presidiano i board dei maggiori gruppi italiani.
I cognomi che ricorrono nello scorrere l’elenco dei componenti dei Cda nel rapporto Mediobanca ci riportano alle solite dinastie industriali che dominano il panorama economico e politico da decenni. E qui il requisito dell’età anagrafica c’entra poco. Tra i dieci titolari più anziani e saldamente al comando troviamo Giuseppe De’Longhi, 77 anni, a capo dell’omonima industria di elettrodomestici; Enrico Buzzi, della Buzzi Unicem, 78 anni; Leonardo Del Vecchio (Luxottica Group) 81 anni; Carlo De Benedetti (gruppo editoriale l’Espresso) 81 anni. Per completezza l’ufficio studi di Mediobanca inserisce tra i gruppi industriali e bancari censiti anche la Fininvest, controllata con quattro holding per il 60% dal patron Silvio Berlusconi, che farà 80 anni a settembre, ma non compare nella classifica degli arzilli manager, perché nella Finivest di cariche ufficiali non ne ha.
Come età media dei consigli di amminstrazione, i tre gruppi più anziani sono Ferragamo (66,5, ma chiaro che qui pesa l’età della presidente), Edizone, la holding dei Benetton (64,9 anni) e Cir dei De Benedetti (63,4 anni).
Nella classifica dei manager più giovani alla guida dei grandi gruppi, troviamo ben noti quarantenni delle seconde e terze generazioni. Al già citato Michele Colaninno seguono John Elkann, presidente e consigliere delegato di Exor, 40 anni, e Azzurra Caltagirone, vicepresidente del omonimo gruppo di famiglia, 43 anni.
I board non ringiovaniscono però sono più rosa, osserva con una buona dose di ottimismo il report di Mediobanca, che segnala come nei Cda la presenza delle donne sia passata dal 26% al 30%. Anche se, a ben guardare, nelle posizioni apicali la “quota rosa” si ferma al 12%.
La crisi economica che ha drasticamente tagliato i fatturati dell’industria, portandola in recessione, non ha influito molto su carriere e retribuzioni di amministratori e manager, che siano boiardi pubblici o figli di buona famiglia. Il compenso medio per le funzioni apicali, ammontava nel 2015 a 5,8 milioni di euro l’anno per un Ceo, 2,91 milioni per un consigliere delegato che somma anche la funzione di direttore generale e a un milione di euro per un presidente. A questi livelli retributivi a un lavoratore “medio” , calcolano i ricercatori di Mediobanca, occorrono 31 anni per guadagnare come il suo amministratore delegato in un anno, ma se questo cumula altre cariche (direttore generale, presidente, vicepresidente ) si può arrivare a dover sommare 43 anni di stipendi.
La società quotata che ha fatturato di più nel 2015 è stata la Exor. La holding della famiglia Agnelli che si appresta a trasferire la sede in Olanda, ha cumulato 136 miliardi e 360 milioni di euro. Nel 2015 John Elkann ha incassato una retribuzione personale di 4,1 milioni. La seconda in classifica per fatturato nelle quotate di Piazza Affari è l’Enel (73, 9 miliardi) della quale il ministero dell’Economia è il principale azionista. Amministratore delegato è Francesco Starace, che somma anche la carica di direttore generale. Lo stipendio fisso di Starace è di 1,155 milioni l’anno, più variabili di breve e lungo termine che possono portare la sua retribuzione a 4,2 milioni lordi l’anno. Nel 2015 si è dovuto accontentare di 2,7 milioni. Il predecessore di Starace, Fulvio Conti, è stato liquidato nel 2014 con una buonuscita di 4,5 milioni. Al terzo posto si è piazzata l’anno scorso un’altra partecipata pubblica, l’Eni, con 67,7 miliardi di fatturato. L’ad Claudio Descalzi ha chiuso il bilancio del 2015 con 3 milioni e 257mila euro di compensi. Segue Poste italiane, partecipata dal Tesoro e dalla Cassa depositi e prestiti al 64,7%. Francesco Caio (amministratore delegato e direttore generale) dichiara uno stipendio di 1,2 milioni l’anno. L’ex ad di Telecom Italia, quinta in classifica con 19 miliardi e 376 milioni fatturati, Marco Patuano, ha chiuso l’anno con una busta paga da 2,4 milioni.
Un 2015 dorato anche per i soci di controllo delle aziende di famiglia, che si sono assegnati stipendi milionari per il loro prezioso apporto nei Cda. Pietro Salini, dell’omonima azienda di costruzioni, ha guadagnato 8,8 milioni di cui 6,7 di bonus, Alberto Bombassei (Brembo) si è premiato con un assegno da 5,2 milioni, Francesco Caltagirone (Cementir) si è limitato a 3,5 milioni. Roberto Colaninno dalla sua Piaggio ha incassato 2 milioni e 180mila euro.
LU. CER., il Fatto Quotidiano 17/8/2016