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 2016  agosto 17 Mercoledì calendario

UNA NOTA PER AMICO

Impossibile compia 80 anni. Nessuno gli crederà, tantomeno Lucio Battisti da lassù. Giulio Rapetti, nome e cognome che per un gioco della Siae vennero bizzarramente ribattezzati in Mogol, prenderà atto oggi del suo 80esimo compleanno ma senza curarsene troppo: «Ho chiamato mio figlio Mario, così mi aiuterà a rispondere agli auguri al telefono. Però, fatemi spiegare una cosa: Mogol non è uno pseudonimo artistico, da qualche anno mi chiamo così all’anagrafe, Giulio Mogol Rapetti», ci spiega con una certa dose di orgoglio questo eterno ragazzino ottuagenario che si ostina ancora a correre e a fare ginnastica. Semmai, considerando il tempo che passa, Mogol maledirà oggi gli anni che corrono e gli impediscono di giocare bene a pallone. Ci ha provato, durante l’ultima partita di quella nazionale cantanti che fondò insieme a Gianni Morandi a fine anni ’70. Ma non è che le cose siano andate così bene: «Però a cavallo vado ancora», precisa con la sua vocina. Di una cosa siam felici: che in tutti questi anni questo straordinario poeta della nostra canzone - occhio a non chiamarlo «paroliere», si infuocherebbe di brutto - ci ha sempre accolti come fossimo adepti. Non giornalisti scocciatori. Ovunque lo abbiamo incontrato, in uno studio d’incisione o allo stadio, nella scuola di musica che ha creato, in Umbria, o semplicemente a cena, Mogol ci ha sempre divertito con aneddoti, citazioni, storielle e ricordi. I più gettonati, ovviamente, quelli su Battisti: «Ascoltavo una sua nuova melodia e buttavo giù i testi. Subito. Ovunque fossi. Una volta ero in auto verso Genova, guidando presi una matita e un foglio e in un quarto d’ora completai Emozioni. Per E penso a te ci misi dieci minuti, ma stavolta ero al volante nel comasco», ci ha raccontato una volta con un candore da ragazzino. Battisti, già, il compagno di una vita poi diventato l’altra metà del cielo per una querelle legata ai soldi da spartirsi al momento di incassare le dorate royalties delle canzoni nate da quella griffe inimitabile: Mogol-Battisti. «Una doppia firma diventata persino una canzone scritta da Andrea Mingardi e cantata da Mina», ricorda mister Rapetti. Dopo la rottura tra i due, per la quale la vedova Battisti soffiò parecchio sul fuoco, non è stato più come prima. I rispettivi pensieri presero strade diverse, le parole tra loro divennero sempre più rade. «Io però gli ho sempre voluto bene, sin dal nostro primo incontro in Ricordi, a Milano, nel 1965», sussurrò una volta Mogol. «Di Lucio amo ricordare due cose, una bella e l’altra un tantinello assurda. La prima: il meraviglioso viaggio Milano-Roma che abbiamo fatto a... cavallo attraversando mezza Italia. La fesseria: la diceria della sinistra che, nella copertina dell’album Il mio conto libero dove ci sono ragazzi con il braccio teso in alto, videro un riferimento al saluto romano. A Lucio, della politica, non è mai fregato nulla». Considerato, con Morricone e Gino Paoli, sul podio dei compensi Siae di ogni epoca, quindi ricco sfondato, Mogol viene tuttora preso in giro con affetto da Gianni Morandi: «Alla fine degli anni ’70 ero in crisi nera, non vendevo più un disco. Un giorno mi telefonò Mogol, era il 1980: Gianni, ma tu canti ancora? E io: ma, non so... E lui: sai avrei un progettino, vediamoci. Speranzoso ed emozionato, andai a casa sua pensando mi avrebbe offerto una canzone. E invece: sai, Morandi, so che giochi bene a calcio, e se fondassimo la nazionale cantanti? Rimasi di sasso... Però qualche mese dopo mi regalò il brano della mia rinascita: Canzoni stonate». Successi, il primo Sanremo vinto nel 1961 con Al di là («Che duetto quello, Luciano Tavoli e Betty Curtis!»), poi decine di testi leggendari prima e dopo Battisti, con quello che forse considera il suo capolavoro - «L’emozione non ha voce», musica di Gianni Bella e voce di Celentano - e persino qualche cover d’autore («Feci cantare a David Bowie, molto freddino all’idea, Ragazzo solo, ragazza sola, ovvero Space Oddity con testo in italiano»), hanno colorato la vita di questo genietto di 80 anni, nato a Milano e poco tenero con gli artisti di oggi: «Chi mi piace? Jovanotti, ma ha ormai 50 anni. E poi Arisa che canta benissimo. Tra i rapper? Fedez». Sulla torta degli 80 anni, la sorpresa delle sorprese: «Con Gianni Bella, un amico e un grande musicista, abbiamo scritto La Capinera, un melodramma che, purtroppo, non è stato finanziato in Italia a causa di una legge del 1976. Per fortuna Gustav Kuhn la metterà in scena nel 2017, ma in Svizzera». Happy birthday, Mogol. L’uomo che ha una nota per amico.